Con la sentenza numero 31330 del 10/11/2023 la III sezione della suprema Corte (Pres. Travaglino – relatore Rossetti) chiarisce l’applicazione del principio iura novit curia in ordine alla qualificazione giuridica della domanda ex. art. 2043 cc o 2052 cc.
Nello specifico, non si forma il giudicato interno sulla qualificazione giuridica della domanda ex art. 2043 c.c., potendo la parte invocare la responsabilità ex art. 2052 c.c. anche in sede di legittimità o potendolo rilevare il giudice d’ufficio.
Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizio, conducendo il proprio veicolo in autostrada, si imbatteva in un capriolo, che andava ad urtare con conseguenti danni al veicolo di sua proprietà.
Tizio, pertanto, agiva in giudizio in danno della Regione nella quale rientrava il tratto di strada ove era accaduto il sinistro, per mancata custodia degli animali selvatici, onere questo posto, come noto, a carico dell’ente territoriale suddetto.
Il giudice di pace, in primo grado, accoglieva la domanda ai sensi dell’art. 2043 c.c., senza nulla dire in merito all’applicabilità dell’art. 2052 c.c., invero non invocata dal danneggiato.
La sentenza veniva impugnata dalla Regione, peraltro contumace nel giudizio di primo grado, e il Tribunale accoglieva l’appello ravvisando l’assenza dei presupposti per la responsabilità aquiliana in punto di mancato soddisfacimento dell’onere della prova. Il danneggiato, costituendosi in appello chiedeva il rigetto del gravame senza esprimersi in ordine all’applicabilità dell’art. 2052 cc.
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2. Formazione giudicato interno sulla qualificazione della domanda ex art. 2043 c.c.: giudizio in Cassazione
La particolarità del caso sta nel fatto che Tizio richiama la responsabilità ex. art. 2052 cc per la prima volta in cassazione, ritenendo appunto che il Tribunale avesse errato nel qualificare la domanda ex. art. 2043 cc e che, invece, applicando la prima norma l’onere probatorio era stato assolto.
In particolare affermava Tizio, nel motivo di ricorso che ci interessa, che applicando l’art. 2052 cc non aveva l’onere di provare la colpa della Regione, ma quest’ultima aveva l’onere di provare il caso fortuito.
La Regione ha eccepito nel controricorso l’avvenuta formazione del giudicato interno sulla “natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c. dell’invocata responsabilità“, invocando a sostegno dell’eccezione il precedente della Corte rappresentato dall’ordinanza 11.11.2020 n. 25280, pronunciata in fattispecie analoga.
La Corte rigetta l’eccezione e accoglie il ricorso con rinvio, sulla scorta del seguente ragionamento.
Con numerosi propri precedenti la Corte ha statuito che la “qualificazione giuridica” sia suscettibile di passare in giudicato, sia che si tratti di qualificazione d’un fatto, d’un negozio, dell’azione o dell’eccezione.
Logica conseguenza di ciò è che quando il giudice di primo grado abbia qualificato la domanda in un certo modo, e non vi sia stata impugnazione sul punto, è precluso in sede di legittimità invocare una diversa qualificazione.
In applicazione di questo principio si è ritenuta avvenuta la formazione del giudicato interno, ad esempio, nei seguenti casi:
-) quando il giudice di primo grado abbia qualificato la responsabilità del convenuto come contrattuale, e tale statuizione non sia stata censurata in appello; (Sez. 3 -, Sentenza n. 13037 del 12/05/2023, Rv. 667589 – 02; Sez. 3, Sentenza n. 19938 del 18/07/2008, Rv. 604563 – 01);
-) quando il giudice di primo grado abbia qualificato un’opposizione esecutiva come “opposizione agli atti esecutivi”; la parte soccombente abbia proposto appello senza contestare tale qualificazione (Sez. L -, Ordinanza n. 29763 del 12/10/2022, Rv. 665820 – 01);
-) quando il giudice di merito abbia qualificato un’obbligazione come “obbligazione di valuta” e tale statuizione non sia stata è impugnata; (Sez. 1, Sentenza n. 19212 del 30/09/2005, Rv. 583570 – 01).
La regola appena esposta, tuttavia, incontra tre limiti, e, pertanto, il giudicato sulla qualificazione giuridica non si forma quando:
a) la qualificazione giuridica data dal giudice di merito alla domanda “non ha condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito” (Sez. U, Sentenza n. 16084 del 9.6.2021, p. 46 dei “Motivi della decisione”; Sez. 2, Ordinanza n. 10745 del 17.4.2019; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14077 del 01/06/2018, Rv. 649336 – 01);
b) l’appellante, pur non censurando la qualificazione giuridica adottata dal primo giudice, abbia formulato motivi di censura incompatibili con essa (Sez. U, Sentenza n. 16084 del 9.6.2021, in motivazione; Sez. 2, Sentenza n. 2612 del 4.2.2021; Sez. 3, Sentenza n. 9048 del 12.4.2018);
c) la qualificazione giuridica d’un rapporto non abbia formato oggetto di contestazione tra le parti (Sez. L, Sentenza n. 4455 del 21.2.2017; Sez. 3 -, Ordinanza n. 12159 del 08/05/2023, Rv. 667585 – 01, con riferimento proprio ad una fattispecie identica a quella oggi in esame);
d) infine, quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta. In questa ipotesi, in virtù del principio jura novit curia, è sempre consentito al giudice – anche in sede di legittimità – “valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione” della norma applicabile (ex multis, Sez. L, Sentenza n. 6341 del 5.3.2019). Ad esempio si è statuito che una volta proposta l’impugnazione sulla questione della sospensione della prescrizione, la Corte di cassazione possa rilevare d’ufficio la norma applicabile all’individuazione del dies a quo (Sez. L -, Sentenza n. 28565 del 03/10/2022, Rv. 665765 – 01; per una diversa fattispecie, ma in senso analogo, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 4272 del 18/02/2021, Rv. 660590 – 01).
2.4. In applicazione di tali principi la Corte ha già più volte ammesso che possa prospettarsi per la prima volta in appello (Sez. 3, Sentenza n. 9294 del 08/05/2015, Rv. 635285 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 1920 del 06/07/1973, Rv. 364997 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1103 del 09/05/1964, Rv. 301572 – 01) od in Cassazione la questione di quale sia la norma che debba essere applicata per stabilire le conseguenze di un determinato fatto illecito, ad esempio:
-) Sez. 3 -, Ordinanza n. 12159 del 08/05/2023, Rv. 667585 – 01, con riferimento al danno da fauna selvatica;
-) Sez. 3, Sentenza n. 15724 del 18/07/2011, Rv. 619488 – 01, e Sez. 3, Sentenza n. 17764 del 05/09/2005, Rv. 584901 – 01 con riferimento al danno da cose in custodia.
Applicando i suddetti principi al caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto non formato il giudicato invocato dalla Regione, e tanto per le seguenti ragioni:
In primo luogo, lo stabilire se la domanda proposta dall’attrice debba decidersi applicando l’art. 2043 c.c. o l’art. 2052 c.c. non è una questione di qualificazione giuridica della domanda.
La qualificazione giuridica della domanda, infatti, resta invariata nell’uno come nell’altro caso: il risarcimento del danno da fatto illecito.
In secondo luogo, la questione posta dalla ricorrente è una questione di riparto dell’onere della prova: se cioè tale riparto debba avvenire ai sensi dell’art. 2043 c.c., che addossa l’onere all’attrice; o ai sensi dell’art. 2052 c.c., che addossa l’onere alla Regione.
Tale questione sorse tuttavia solo in appello, giacchè in primo grado il Giudice di pace accolse la domanda attorea ritenendola provata nei suoi elementi costitutivi, sicchè l’attrice non aveva interesse a dolersi della violazione del criterio di riparto dell’onere della prova.
Se dunque si ammette che la scelta tra l’applicazione dell’art. 2043 c.c. e l’applicazione dell’art. 2052 c.c. sia questione non di qualificazione della domanda, ma di riparto dell’onere della prova, deve negarsi la formazione del giudicato interno, posto che il giudicato sostanziale non si forma sugli errores in procedendo.
In terzo luogo, le SS.UU. con la nota sentenza Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015, nello stabilire cosa debba intendersi per “domanda nuova”, “domanda precisata” e “domanda modificata”, a p. 21 della motivazione hanno rilevato che non si pone mai una questione di “novità della domanda” dinanzi ad una “mera diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, per la quale neppure sarebbe necessaria un’apposita previsione e addirittura la concessione di termini e controtermini”.
Chiarito ciò, hanno aggiunto che la modifica della domanda è sempre ammissibile quando riguarda “la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo o comunque essere a questa collegata (…) quanto meno per alternatività”.
E questo è il caso che ricorre nella vicenda oggi in esame: la parte attrice., infatti, invocando l’applicazione dell’art. 2052 c.c.:
a) ha invocato in sostanza un errore nell’applicazione del criterio di riparto dell’onere della prova;
b) non ha modificato i fatti oggetto della domanda;
c) ha formulato una domanda che comunque sarebbe alternativa, e non cumulativa, rispetto a quella originaria.
Il ricorso viene, quindi, accolto.
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