Lilla Laperuta
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10560 del 7 maggio 2013, ha chiarito che se la causale indicata nel contratto di fornitura di lavoro temporaneo è del tipo “casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice il contratto”, si utilizza una formula più generica del testo legislativo.
La norma di riferimento è l’art. 1, secondo comma, della legge 196 del 1997, che consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo nelle seguenti ipotesi:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi;
b) nei casi di temporanea utilizzazione di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali;
c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4″ (che prevede le situazioni in cui è vietata la fornitura di lavoro temporaneo).
Nella causale, dunque, sostiene il Supremo Collegio, devono indicarsi i contratti collettivi di riferimento e specificare a quali delle ipotesi previste da tali contratti si riferimento. Parimenti del tutto generico è il termine “sostituzione”. L’effetto finale è la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l’utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore.
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