Foto dei minori sui social: interviene il Garante della privacy

Garante è recentemente intervenuto in un caso che ha messo in evidenza l’importanza di una gestione responsabile dei dati personali dei minori.

Il Garante per la protezione dei dati personali è recentemente intervenuto in un caso che ha messo in evidenza l’importanza di una gestione responsabile dei dati personali dei minori, soprattutto in ambito social media. Un padre è stato ammonito per aver pubblicato sul proprio profilo Facebook una foto del figlio, minore di 14 anni, senza il consenso dell’ex compagna, madre del bambino.
L’immagine ritraeva il figlio in compagnia del fratello, anch’egli minorenne, ed era accompagnata da un commento del padre che faceva riferimento alla somiglianza tra i due, sottolineando che i ragazzi erano nati da madri diverse. La madre, preoccupata per la possibile lesione della riservatezza e della reputazione del figlio, aveva richiesto la rimozione della foto, senza però ottenere alcun risultato. Di fronte al rifiuto, la donna ha deciso di rivolgersi al Garante, che ha confermato l’illiceità della pubblicazione e ha ammonito il padre.
Nel suo provvedimento, l’Autorità ha ribadito che per la pubblicazione di immagini di minori di 14 anni è necessario il consenso preventivo di entrambi i genitori, indipendentemente dall’eventuale affidamento condiviso. Inoltre, il Garante ha disposto il divieto di pubblicare ulteriori immagini del minore senza il consenso congiunto e ha richiesto al padre di comunicare, entro 30 giorni, le misure adottate per adempiere alle prescrizioni. Per approfondire il tema, ti consigliamo il volume “Educazione ai Social Media – Dai Boomer alla generazione Alfa”.

Indice

1. Un caso che fa riflettere sui rischi della condivisione online


Questo episodio solleva diverse questioni cruciali sul rapporto tra genitori, minori e social media. I social network, come ha sottolineato il Garante, rappresentano una “piazza virtuale” dove tutto ciò che viene condiviso può essere visto, copiato, archiviato e, in alcuni casi, distorto. Una foto apparentemente innocua può avere conseguenze imprevedibili: può essere utilizzata da terzi in modo improprio, diffusa senza controllo o finire in contesti lesivi per la dignità della persona ritratta.
In questo caso specifico, la pubblicazione della foto non solo ha esposto il bambino a potenziali rischi legati alla diffusione incontrollata, ma ha anche reso pubbliche informazioni familiari sensibili, come la diversa provenienza materna dei fratelli. Questi dettagli, benché non necessariamente dannosi di per sé, possono alimentare malintesi, pregiudizi o persino episodi di cyberbullismo, soprattutto nel contesto di una comunità online. Per approfondire il tema, ti consigliamo il volume “Educazione ai Social Media – Dai Boomer alla generazione Alfa”.

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Educazione ai Social Media – Dai Boomer alla generazione Alfa

Ricordate quando i nostri genitori ci dicevano di non parlare con gli sconosciuti? Il concetto non è cambiato, si è “trasferito” anche in rete. Gli “sconosciuti” possono avere le facce più amichevoli del mondo, nascondendosi dietro uno schermo. Ecco perché dobbiamo imparare a navigare queste acque digitali con la stessa attenzione che usiamo per attraversare la strada. Ho avuto l’idea di scrivere questo libro molto tempo fa, per offrire una guida pratica a genitori che si trovano, come me, tutti i giorni ad affrontare il problema di dare ai figli alternative valide al magico potere esercitato su di loro – e su tutti noi – dallo smartphone. Essere genitori, oggi, e per gli anni a venire sempre di più, vuol dire anche questo: scontrarsi con le tematiche proprie dei nativi digitali, diventare un po’ esperti di informatica e di sicurezza, di internet e di tecnologia e provare a trasformarci da quei boomer che saremmo per diritto di nascita, a hacker in erba. Si tratta di una nuova competenza educativa da acquisire: quanto è sicuro il web, quali sono i rischi legati alla navigazione, le tematiche della privacy, che cosa si può postare e che cosa no, e poi ancora il cyberbullismo, il revenge porn, e così via in un universo parallelo in cui la nostra prole galleggia tra like, condivisioni e hashtag. Luisa Di GiacomoAvvocato, Data Protection Officer e consulente Data Protection e AI in numerose società nel nord Italia. Portavoce nazionale del Centro Nazionale Anti Cyberbullismo. È nel pool di consulenti esperti di Cyber Law istituito presso l’European Data Protection Board e ha conseguito il Master “Artificial Intelligence, implications for business strategy” presso il MIT. Autrice e docente di corsi di formazione, è presidente e co-founder di CyberAcademy.

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2. I principi della condivisione consapevole


L’episodio sottolinea l’importanza di un principio cardine nella gestione dei dati personali, soprattutto quelli dei minori: la condivisione consapevole. Questo concetto implica che ogni genitore, prima di pubblicare una foto o un contenuto che riguarda il proprio figlio, dovrebbe porsi alcune domande fondamentali:

  • È davvero necessario condividere questa immagine?
  • Che tipo di impatto potrebbe avere sul minore, oggi o in futuro?
  • Ho considerato il contesto di diffusione e il pubblico potenziale che potrebbe accedere al contenuto?
  • Ho ottenuto il consenso dell’altro genitore, come richiesto dalla legge?

La consapevolezza digitale è un elemento essenziale per proteggere i diritti dei minori e garantire che il loro futuro digitale non sia compromesso da scelte superficiali fatte dai genitori.

3. Educare alla digitalizzazione: una responsabilità generazionale


Un altro aspetto cruciale emerso da questo caso è l’importanza di un’adeguata educazione digitale. I genitori, spesso nati e cresciuti in un’epoca pre-internet, si trovano a dover educare figli che invece sono veri e propri nativi digitali. Tuttavia, per insegnare ai ragazzi come navigare in sicurezza il mondo dei social media, i genitori stessi devono acquisire consapevolezza dei rischi e delle regole.
Un genitore che pubblica foto di un minore senza riflettere sui potenziali rischi non solo viola il diritto alla riservatezza del figlio, ma invia anche un messaggio ambiguo: come si può chiedere ai propri figli di utilizzare i social in modo responsabile se non si dà il buon esempio? L’educazione digitale deve partire dagli adulti, che devono comprendere:

  • Le implicazioni legali della condivisione di immagini e dati personali.
  • I rischi di esposizione online, come il cyberbullismo o l’uso improprio delle immagini da parte di terzi.
  • L’importanza di tutelare la privacy del minore, non solo per proteggerlo oggi, ma anche per garantire che abbia il controllo della propria identità digitale in futuro.

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4. Conclusione: proteggere i minori nel mondo digitale


Il fatto che il Garante debba intervenire su questioni squisitamente familiari come questa la dice lunga, non solo sulla nuova società connessa che si sta via via costruendo in maniera sempre più incisiva, ma soprattutto sul bisogno crescente di educazione di adulti e ragazzi in questo settore.
I social media, con la loro capacità di amplificare e disseminare contenuti in pochi secondi, hanno trasformato le dinamiche della privacy personale e familiare, rendendo indispensabile un approccio consapevole alla gestione dei dati.
Proteggere i minori nel mondo digitale significa, innanzitutto, garantire che abbiano il diritto di crescere in un ambiente online sicuro, dove la loro identità non venga compromessa da scelte avventate degli adulti. La pubblicazione di immagini sui social non è un gesto innocuo: ogni contenuto postato diventa parte di un archivio potenzialmente permanente, accessibile a sconosciuti, aziende e piattaforme tecnologiche. Questo implica che un’immagine condivisa oggi potrebbe influenzare il futuro del minore, ad esempio in ambito scolastico, sociale o professionale.
Il ruolo dei genitori, quindi, è duplice. Da un lato, essi devono essere i custodi della privacy dei propri figli, proteggendoli da esposizioni indebite o dannose. Dall’altro, devono educare i figli a sviluppare una consapevolezza critica riguardo al mondo digitale. Ma per farlo, è essenziale che prima acquisiscano loro stessi le competenze necessarie.

5. La responsabilità di educare i figli alla cultura digitale


Insegnare ai propri figli come navigare in sicurezza online è oggi una competenza genitoriale imprescindibile, al pari dell’educazione stradale o alimentare. Questo include il fornire strumenti per:

  • Riconoscere e affrontare i rischi online, come il cyberbullismo, il furto d’identità o l’adescamento.
  • Comprendere che una volta pubblicato qualcosa sui social, si perde il controllo su di esso.
  • Gestire i propri dati personali e le impostazioni di privacy, per limitare l’accesso indesiderato.

I genitori devono essere modelli di comportamento digitale, mostrando ai figli che la condivisione non è obbligatoria e che il valore di un momento non risiede nella sua pubblicazione, ma nell’esperienza vissuta.

6. Il rischio dell’ipercondivisione: costruire una “digital footprint” involontaria


Un aspetto spesso trascurato è che i genitori, pubblicando immagini o informazioni dei propri figli, contribuiscono alla costruzione di una digital footprint (impronta digitale) che il minore non ha scelto. Questa impronta, una volta creata, è difficile da cancellare. Può contenere dettagli personali, immagini e commenti che un giorno potrebbero essere recuperati e utilizzati in contesti inappropriati.
Ad esempio, un’immagine innocente condivisa sui social potrebbe essere estrapolata dal contesto, alterata o finire in mani sbagliate, causando danni sia emotivi che reputazionali. Anche informazioni apparentemente neutre, come il nome del bambino o il luogo in cui frequenta la scuola, possono rappresentare rischi in termini di sicurezza.

7. La necessità di una strategia educativa istituzionale


Questo caso solleva anche la questione di un intervento educativo più ampio. Non possiamo demandare solo ai genitori il compito di educare alla cultura digitale: è necessario che istituzioni scolastiche e pubbliche si impegnino a sviluppare programmi strutturati di educazione digitale. Questi programmi dovrebbero includere:

  • Corsi per genitori, per insegnare loro i principi base della sicurezza online e della protezione dei dati personali.
  • Percorsi per i bambini e gli adolescenti, per aiutarli a riconoscere i rischi e adottare comportamenti responsabili.
  • Campagne pubbliche di sensibilizzazione, per creare una maggiore consapevolezza collettiva sull’importanza della privacy e sui pericoli della condivisione non controllata.

8. Verso una nuova consapevolezza digitale


Infine, è necessario promuovere una riflessione culturale che ponga al centro i diritti del minore anche nel mondo digitale. Il diritto alla privacy è un diritto fondamentale che deve essere rispettato in ogni contesto, compreso quello online. Questo richiede una trasformazione del modo in cui concepiamo e utilizziamo i social media: non più come vetrine personali, ma come strumenti da utilizzare con rispetto e responsabilità.
Proteggere i minori nel mondo digitale significa non solo evitare comportamenti che possano esporli a rischi, ma anche creare una cultura che metta al centro la loro dignità e il loro futuro.
È un impegno che richiede collaborazione tra genitori, educatori, istituzioni e autorità, ma che può portare a una generazione più consapevole, sicura e rispettosa dei diritti di tutti. La vera sfida non è solo quella di regolamentare il mondo digitale, ma di educare chi lo abita.
E il cambiamento parte soprattutto da noi.

Avv. Luisa Di Giacomo

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