Impianto fotovoltaico su aree a destinazione industriale: riconducibilità alla manutenzione ordinaria ex art. 22-bis d.lgs. n. 199/2021.
La transizione energetica verso fonti rinnovabili e a minor impatto risulta oggi – anche a fronte degli obbiettivi perseguiti a livello europeo – materia di crescente conflitto, stante l’ampia gamma di interessi pubblici e privati toccati dalle più recenti modifiche normative e programmatiche.
In particolare, la predisposizione, avvio e gestione degli impianti fotovoltaici assume una importanza strategica nella realizzazione delle finalità energetiche auspicate, venendosi a scontrare in modo evidente con le complesse e non facilmente intellegibili procedure amministrative legate alla loro autorizzazione.
Recentemente, si è inserita nel dibattito attinente alla realizzazione di un impianto fotovoltaico (e al relativo regime autorizzatorio) una pronuncia del TAR Sardegna che, con apprezzabile risultato chiarificatorio, offre una analisi della disciplina prevista dal d.lgs. n. 199/2021 con riferimento al concetto di “manutenzione ordinaria” relativo alla installazione degli impianti fotovoltaici, con importanti ricadute sul ruolo di controllo e autorizzazione delle autorità locali.
Indice
1. Il caso di specie: impianto fotovoltaico su area a destinazione industriale
La sentenza n. 790/2024 in analisi ha origine dal ricorso promosso da una società preposta alla realizzazione di un impianto fotovoltaico presso la zona industriale di Macchiareddu, in Sardegna, avverso il diniego di autorizzazione unica emanato dalla Regione Autonoma della Sardegna.
Il provvedimento escludente l’autorizzazione alla realizzazione si sarebbe fondato – nelle prospettazioni dell’amministrazione regionale – essenzialmente sul difetto dei prescritti requisiti normativi e procedurali ai fini dell’installazione dell’impianto fotovoltaico, consequenziale ai pareri ostativi dei soggetti intervenienti nel relativo procedimento valutativo e autorizzatorio[1].
A fronte di tale preclusione, la società interessata ha pertanto presentato relativo ricorso, adducendo essenzialmente quali ragioni a sostegno della illegittimità del diniego la ricomprensione progettuale dell’impianto fotovoltaico in area industriale e l’assoggettamento del progetto a procedura di screening ambientale[2].
2. Semplificazione procedurale: l’art. 22-bis del d.lgs. 199/2021
Il d.lgs. n. 199/2021, in quanto applicazione della direttiva 2018/2001 sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, assume posizione fondamentale nella disciplina della transizione energetica, con particolare attenzione all’art. 22-bis del provvedimento citato. Tale disposizione, entrata in vigore il 24 febbraio 2023[3], prevede che l’installazione di impianti fotovoltaici anche su terreni ad uso industriale non sia più soggetta all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o assensi da parte di amministrazioni competenti in quanto da considerarsi attività di manutenzione ordinaria[4].
Partendo quindi da un obbiettivo di semplificazione burocratica, economica e amministrativa, la ratio dell’intervento legislativo si avrebbe nel considerare come semplice attività manutentiva l’installazione di strutture atte all’immagazzinamento e produzione di energia solare in terreni, come quelli industriali, artigianali/commerciali o di cave non ulteriormente sfruttabili, i quali già di per sé avrebbero una connotazione “industriale”.
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3. La dimensione temporale e autorizzatoria
La vicenda in analisi, partendo dalla richiesta autorizzatoria della società interessata ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003[5], interessa però maggiormente il citato art. 22-bis, con una importante riflessione in relazione all’ambito temporale di applicazione.
Nello specifico, a fronte della contestazione sulla applicabilità della norma al caso di specie, il TAR Sardegna propende invece per la piena operatività temporale della stessa, nonostante la presentazione dell’istanza di autorizzazione unica fosse avvenuta precedentemente all’entrata in vigore dell’art. 22-bis d.lgs. n. 199/2021.
Le ragioni si fondano sulla applicazione del principio tempus regit actum che, con riguardo alla dimensione del procedimento amministrativo, va valutato in riferimento alla normativa esistente al momento dell’adozione del provvedimento finale e non anche in relazione ai provvedimenti di avvio o consequenziali determinazioni all’interno del procedimento medesimo[6].
Come conseguenza della riconduzione all’ambito temporale anzidetto, ne deriva logicamente l’esclusione di alcun regime autorizzatorio, compreso quello c.d. “unico” previsto dall’art. 12 d.lgs. n. 387/2003, qualificando quindi la realizzazione dell’impianto fotovoltaico su area industriale come edilizia libera, a nulla rilevando l’eventuale previsione a livello urbanistico della realizzazione su parte dell’area considerata di strade ed infrastrutture (acquedotti e fognature).
4. Compatibilità con la disciplina unionale
Il regime di edilizia libera tracciato dal legislatore (e qui confermato dalla riportata pronuncia del TAR Sardegna) non si deve però intendere come riconoscimento di una totale liberalizzazione edilizia per le attività e le aree considerate[7].
Infatti, precisa il giudice amministrativo, la liberalizzazione autorizzatoria non solo rimane confinata ai casi di impianti fotovoltaici, ubicati in specifiche zone con destinazione “industriale, artigianale e commerciale”, ma, altresì, la norma fa salve “le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste”.
Tali esigenze ambientali, pienamente compatibili con la disciplina di diritto europeo, possono ben essere rispettate – come nel caso di specie – attraverso lo screening a cui è sottoponibile il progetto dell’impianto fotovoltaico, escludente il ricorso a valutazioni di impatto ambientale. Parimenti salve sono le relative prerogative della competente soprintendenza in caso di vincolo paesaggistico.
5. Conclusioni
Il riconoscimento delle ragioni della ricorrente, con conseguente rigetto delle prospettazioni della amministrazione regionale, assicura una importante interpretazione della normativa vigente in materia di impianti fotovoltaici, confermando gli obbiettivi del legislatore in termini di semplificazione e accelerazione della transizione energetica.
Corollario dell’applicazione dell’art. 22-bis d.lgs. n. 199/2021 nella sua più ampia latitudine, risulta quindi nell’evidenziare una netta distinzione tra autorizzazioni amministrative e conformazione urbanistica, permettendo – anche in settori assai delicati – di poter contemplare ipotesi di edilizia libera, rispondenti solamente a valutazioni ambientali e vincoli paesaggistici[8].
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Note
[1] Nello specifico trattasi del Consorzio industriale competente per territorio e della Terna Rete Elettrica Nazionale s.p.a., per i rispettivi ambiti in materia di energia e connettività.
[2] Nel caso sottoposto all’attenzione del giudice amministrativo, la conclusione della procedura di screening ambientale ha determinato il non assoggettamento del progetto ad ulteriore procedura di VIA, rispettandosi così le norme sulle “valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
[3] Diposizione introdotta in forza dell’art. 47 d.l. n. 13/2023 (conv. in l. n. 41/2023).
[4] V. art. 22-bis rubricato “Procedure semplificate per l’installazione di impianti fotovoltaici” che al comma 1 prevede che “L’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste”.
[5] Secondo la citata disposizione, tra l’altro, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico.
[6] In tal senso, la legittimità del provvedimento amministrativo andrebbe apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione (v. C.d.S. n. 11159/2022). Nei procedimenti amministrativi quindi la corretta applicazione del principio temporale comporterebbe che la PA debba considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo ritenere l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio (V. C.d.S. n. 9045/2022 e TAR Veneto, Sez. IV, n. 1922/2024).
[7] Al contempo, il TAR Sardegna nella pronuncia de quo ricorda come il controllo sull’attività a edilizia libera non sia di competenza delle Regioni.
[8] Per questa ulteriore fattispecie, secondo il giudice amministrativo, il controllo di legittimità sulla realizzazione in concreto di un impianto fotovoltaico rispetto alle opere di urbanizzazione esistenti o alla pianificazione urbanistica è rimesso al controllo e alla valutazione delle amministrazioni competenti.
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