Per i furbetti del cartellino non sarà vita facile dopo che la sentenza della Corte di Cassazione ha legittimato il licenziamento per quei dipendenti pubblici accusati di manipolare i cartellini personali segnatempo.
Con la Sentenza 17637 depositata il 6 settembre dalla Corte di Cassazione a seguito del ricorso di un medico dell’Asl Roma C, è giunta la conferma del principio stabilito dalla Corte sulla legittimità al licenziamento per quei lavoratori dipendenti pubblici colpevoli di assenza non in precedenza comunicata – qualunque sia la motivazione.
Nessuna giustificazione valida, quindi, per i furbetti del cartellino: timbrare il badge in entrata e uscita, ma assentandosi dal posto di lavoro, è una motivazione che legittima il licenziamento.
Il caso del dipendente dell’Asl Roma C
Il caso riguarda un dipendente dell’Asl Roma C che, dopo la timbratura in entrata del cartellino marcatempo, si allontanava dal posto di lavoro, per poi timbrarlo anche all’orario d’uscita dal turno presso la struttura ospedaliera di servizio.
Il comportamento di tale dipendente pubblico, secondo i giudici, costituisce falsa attestazione della propria presenza in servizio.
Le motivazioni addotte dinanzi alla Corte di Cassazione dall’accusato risultano discutibili, se non del tutto false. Si sarebbe trattato di un periodo di forte stress causato dall’assistenza da fornire agli anziani genitori, tale da compromettere la propria capacità di intendere e di volere, seguito da un forte esaurimento nervoso.
Secondo le parole dell’ormai ex dipendente pubblico, questo sarebbe stato il motivo della fuga dal lavoro. Tal esaurimento, però, non avrebbe coinvolto la sua abilità e puntualità nel presentarsi presso il posto di lavoro al termine del proprio turno.
Il ragionamento della Suprema Corte
Le ragioni apportate dal medico «furbetto» per giustificare il proprio comportamento sono state quindi trovate irrilevanti dalla Corte di Cassazione, che si è espressa circa la legittimità del licenziamento, perché il dottore, non solo non aveva richiesto il permesso ad assentarsi dal luogo di servizio, ma avesse falsificato la sua presenza sia in entrata sia in uscita.
Secondo l’art.55ter del decreto legislativo 1652001, ossia il Testo unico sul pubblico impiego, un caso come questo ricade nella falsa attestazione della presenza in servizio, per mezzo dell’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con modalità fraudolenta, che ammette il licenziamento dei dipendenti pubblici colpevoli.
La Corte di Cassazione non si è però limitata solo a confermare il licenziamento del medico assenteista, ma ha osservato come la falsa attestazione possa anche essere considerata come un caso di truffa aggravata. La falsificazione dei sistemi segnatempo, infatti, se perpetuata per periodi considerati economicamente apprezzabili, potrebbe provocare un danno economico alla pubblica amministrazione.
Perciò, tale osservazione potrebbe comportare nuove sanzioni e condanne per i furbetti del cartellino.
Dopo i recenti scandali all’interno della pubblica amministrazione, con diversi dipendenti statali sorpresi a timbrare il cartellino, per poi allontanarsi dal posto di lavoro e dedicarsi ad attività personali, la Sentenza è un’altra conferma alle modifiche recentemente apportate al processo disciplinare diretto previsto dalla Riforma Madia per quei dipendenti pubblici accusati di uso fraudolento dei badge marcatempo.
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