Furto al supermercato: definitivamente esclusa l’aggravante del mezzo fraudolento

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Corte di Cassazione – Sezioni Unite Penali – IV, sent.18 luglio-30 settembre 2013, n.40354

 

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Premessa

E’noto come nel tempo si siano stratificate una serie di pronunce della giurisprudenza dirette a riconoscere l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento di cui all’art.625 comma 1, n.2) del codice penale, in ipotesi di impossessamento e occultamento di merce presso esercizi di vendita con sistema self-service, rappresentando tale condotta una particolare modalità o utilizzo di peculiari strumenti, che consentono oltre all’occultamento, anche l’elusione dei controlli sui prodotti esposti in commercio.

Si è così riconosciuta l’aggravante in parola nei casi di occultamento dei beni sulla persona (Cass.pen.sez.V, 10997/2006, Rada), ovvero sotto l’abbigliamento (Cass.pen.sez.IV, 13871/09, Tundo; sez.V, 15265/2005, Lamberti e sez.V, 11143/05, Battisti), essendo tale atteggiamento improntato a scaltrezza e astuzia, nonché finalizzato a sfuggire, ovvero annientare, le cautele e i consueti accorgimenti preposti a difesa della merce posta in vendita.

In tali circostanze, il riconoscimento dell’aggravante ha trovato giustificazione nella manifestazione di una maggiore criminosità, da ricavarsi nella capacità di valicare tramite frode i presidi posti dal soggetto passivo a tutela dei propri beni e quindi tale da imporre un trattamento sanzionatorio maggiormente rigoroso (così, ad esempio, nei casi in cui il reo preordini modalità o strumenti particolari per occultare la merce ed eludere i controlli quali una borsa con doppio fondo, indumenti particolari, attrezzature per rimuovere le placchette antitaccheggio, ovvero per rendere maggiormente difficile la constatazione del furto).

Non sono tuttavia mancate nel tempo anche decisioni di segno contrario (tra le più recenti: Cass.pen.sez.VI, 40283/2012, Diajl; Cass.pen.sez.IV, 10134/2006, Baratto e sez.IV, 24232/06, Giordano), laddove si è invece esclusa l’aggravante in parola facendo leva sulla distinzione tra mero occultamento e adozione invece di misure maggiormente ingannevoli, tali da poter sopraffare le ordinarie cautele predisposte dall’avente diritto.

Solamente nel secondo caso si sarebbe in presenza di una condotta aggravata dall’uso del mezzo fraudolento, atteso che l’esclusione dell’aggravante riposa sulla considerazione che se il cliente non celasse subito la merce in qualche modo derubata, diverrebbe impossibile la stessa consumazione del furto, dato che il personale vigilante potrebbe immediatamente e senza difficoltà accorgersi della sottrazione. L’occultamente dei beni costituisce dunque il “mezzo necessario” e non può di certo configurare quel quid pluris che ammette l’utilizzo del mezzo fraudolento.

Nei casi di vendita con sistema di prelevamento self-service pertanto, l’impossessamento si concretizza nel momento stesso dell’occultamento e tale dissimulazione, che nulla aggiunge alla fattispecie base del reato di furto, non realizza un mezzo fraudolento, ovvero un’accortezza particolarmente ingannatrice, ma solamente la modalità più semplice per la consumazione del reato di furto semplice.

Sulla scorta di tali contrapposti orientamenti della risalente giurisprudenza, il recente intervento delle Sezioni Unite ha potuto finalmente dirimere la questione in maniera definitiva, andando ad enunciare la massima che qui si commenta, secondo cui: “Ricorre l’ipotesi del furto semplice nel caso in cui l’agente occulti sulla sua persona, ovvero in una borsa, la merce prelevata dagli scaffali di un esercizio commerciale nel quale si pratichi la vendita self service e superi la cassa senza pagare, escludendosi la sussistenza dell’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento”.

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La vicenda

La Corte di Appello dell’Aquila ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Sulmona per il reato di furto aggravato ex artt.624, 625 co.1 n.2 C.p., commesso dall’imputata (X), per avere la stessa sottratto dagli scaffali di un supermercato abiti per bambini sprovvisti delle placche antitaccheggio, che poi nascondeva all’interno della propria borsa per attraversare le casse senza pagare la merce.

La Corte ha ritenuto che una simile condotta, proprio perché ispirata ad astuzia e scaltrezza, possa realizzare un valido stratagemma per sfuggire i controlli del personale di vigilanza, per poi oltrepassare le casse senza subire contestazioni.

Corretta pertanto doveva ritenersi la sentenza di condanna in primo grado, che aveva riconosciuto piena integrazione del reato di furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento, di cui agli artt.624 e 625 comma 1, n.2) del codice penale.

L’imputata ricorreva per Cassazione avverso detta sentenza confermativa di condanna, ipotizzando tre ordini di motivi.

Con il primo motivo di doglianza difensiva, si lamenta la mancata, contraddittoria, manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, dato che la predetta circostanza aggravante richiederebbe un contegno particolarmente industrioso, ovvero un espediente o una peculiare accortezza tali da permettere al soggetto attivo del reato di eludere, ovvero evitare, le barriere materiali o personali predisposte al fine di ostacolare la sottrazione della merce esposta in vendita.

Ciò perché nel caso in esame l’imputata non aveva rimosso alcuna placca antitaccheggio, dato che gli abiti ne erano sprovvisti ed era facilmente approdata all’uscita del supermercato. Il solo occultamente dei beni pertanto, non costituiva elemento ulteriore rispetto a quanto necessario per sottrarre la merce e dunque non poteva ritenersi configurata l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento.

Con il secondo e terzo motivo, l’imputata prospettava invece l’irritualità della querela e la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Il ricorso veniva assegnato alla Quarta sezione penale della Corte, che lo rimetteva a sua volta alle Sezioni Unite essendo in atto un forte contrasto giurisprudenziale in ordine al primo, ed anche al secondo, dei motivi prospettati.

Tralasciando le argomentazioni spese dalle Sezioni Unite in ordine al secondo e terzo motivo di doglianza, peraltro ritenuti infondati, interessa in questa sede analizzare le enunciazioni della Suprema Corte per quanto attiene al primo motivo di ricorso sulla mancata integrazione dell’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento.

La decisione

Dopo avere dato atto dei molteplici e contrapposti orientamenti manifestati nelle svariate decisioni emanate nel tempo dalle diverse sezioni della S.C., i giudici delle Sezioni Unite, non prima di avere a lungo disquisito in merito al corretto significato del termine “mezzo fraudolento”, hanno inteso conformarsi a quel filone giurisprudenziale che, anche in ossequio al principio di offensività di cui all’art.49 c.p., appare maggiormente improntato al favor rei e tende dunque ad escludere l’aggravante in parola nei casi come quello sottoposto alla propria attenzione.

Da quanto si evince dalle argomentazioni in diritto della decisione in commento, traspare che con riferimento alla fattispecie di furto “l’interpretazione dell’idea di frode deve tendere ad individuare condotte che concretino l’aggressione del bene con marcata efficienza offensiva, proporzionata allo speciale rigore sanzionatorio…atteso che la frode stessa si riferisce non a qualunque banale, ingenuo, ordinario accorgimento, ma richiede qualcosa in più: un’astuta, ingegnosa e magari sofisticata predisposizione.

Entro questo ordine di idee, traspare che il mero nascondimento nelle tasche, in borsa, sulla persona di merce prelevata dai banchi di vendita, costituisce un mero accorgimento, banale ed ordinario in tale genere di illeciti…(è sufficiente richiamare i casi del doppio fondo o della panciera per occultare abilmente la merce o di accorgimenti per schermare le placche antitaccheggio)”.

Nell’enunciare le predette argomentazioni, le Sezioni Unite tendono quindi a conformarsi a quella partizione giurisprudenziale che identifica nella condotta mediante frode un elemento “specializzante rispetto alle modalità ordinarie”, rappresentato appunto da una sintomatica e più intensa pericolosità, determinata proprio dalle specifiche modalità con cui vengono elusi i presidi posti a protezione dei beni posti in vendita.

Secondo la S.C. deve pertanto giocoforza discendere il seguente principio di diritto: “L’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento di cui all’art.625, comma 1, n.2) c.p., delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza; volta a sorprendere la contraria volontà del detentore ed a vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa della cosa. Tale insidiosa, rimarcata efficienza offensiva non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self service, trattandosi di banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene”.

La condotta posta in essere dall’imputata, essendo costituita esclusivamente dall’occultamento degli abiti in una borsa, non integra pertanto la frode tipica e l’aggravante in contestazione deve ritenersi non configurabile.

Avv. Buzzoni Alessandro

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