La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17038 del 23 aprile 2024, ha chiarito che il reato di furto in abitazione non può essere attenuato se commesso nelle pertinenze della stessa.
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Indice
1. I fatti
La decisione della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno che aveva confermato la pronuncia di primo grado di condanna dell’imputato per il reato di furto in abitazione.
Il ricorso era affidato a due motivi: con il primo, il ricorrente lamentava violazione dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953 in relazione alla dedotta questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis cod. pen. con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Nello specifico, l’imputato evidenzia che la Corte territoriale, stante l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sulla questione, avrebbe erroneamente ritenuto non rilevante la questione per la necessità di applicazione allo stesso dell’aumento di pena derivante dalla recidiva che non avrebbe potuto, comunque, stante il divieto di cui all’art. 69, comma 4, cod. pen., far sì che la previsione di un’eventuale circostanza attenuante specifica del delitto di cui all’art. 624-bis cod. pen. perché posto in essere su beni di modico valore e nelle pertinenze dell’abitazione, prevalesse su tale aggravante; con il secondo, invece, il ricorrente assume violazione dell’art. 624-bis cod. pen. e correlato vizio di motivazione poiché non ricorrerebbero nella fattispecie in esame i presupposti della norma incriminatrice, in quanto il luogo dove si è verificato il fatto non potrebbe considerarsi privata dimora, in quanto la proprietaria aveva dichiarato nel corso del dibattimento di essere residente altrove e di recarsi nella “seconda casa” quando ne aveva voglia.
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Formulario Annotato del Processo Penale
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2. Furto in abitazione commesso nelle pertinenze della stessa: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, analizzando il ricorso, rileva che, con riferimento all’evocata quesitone di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis cod. pen., nella parte in cui non prevede una circostanza attenuante per l’ipotesi in cui il furto si sia realizzato su beni di modico valore, la questione appare priva della necessaria rilevanza, non potendosi considerare la sottrazione di beni aventi un valore di 500 euro di modico valore.
La Suprema Corte si sofferma sull’introduzione e sulle modifiche che si sono susseguite in relazione all’art. 624-bis, le quali rappresentano una conseguenza dell’allarme sociale generato dalla percepita diffusione dei furti in abitazione.
Si tratta di un reato plurioffensivo, volto a tutelare non solo l’interesse patrimoniale leso dalla condotta altrui di sottrazione, ma anche alla sicurezza individuale ed alla sfera personale di inviolabilità e riservatezza.
Con riferimento alla dosimetria sanzionatoria, secondo costante giurisprudenza costituzionale, “il legislatore ordinario gode di ampia discrezionalità, che incontra il proprio limite nella manifesta sproporzione della singola scelta sanzionatoria, sia in relazione alle pene previste per altre figure di reato, sia rispetto alla intrinseca gravità delle condotte abbracciate da una singola figura di reato“.
Ad avviso della Corte, non può ritenersi che questi limiti siano stati superati nell’ipotesi di furto commesso nelle pertinenze e non già all’interno di un’abitazione, poiché “le esigenze di tutela della sicurezza individuale che il legislatore ha voluto tutelare unitamente a quelle patrimoniali ben ricorrono anche nelle ipotesi di beni pertinenziali all’abitazione o ad una privata dimora poiché le pertinenze, anche avendo riguardo alla disposizione espressa dall’art. 817 cod. civ., sono luoghi strumentali del bene principale volte a soddisfare anch’esse esigenze di vita domestica del proprietario“.
Per ciò che concerne il secondo motivo, invece, la Corte lo ha ritenuto infondato poiché, “ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 24-bis cod. pen., integra la nozione di privata dimora l’immobile che, seppur non abitato, non debba ritenersi abbandonato“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha osservato che la questione dedotta dal ricorrente è quella di prevedere un’ipotesi di furto in abitazione “minore” per l’potesi nella quale l’azione del reo si sia diretta su beni pertinenziali all’abitazione o ad altro luogo di privata dimora.
Tuttavia, la Corte ha sottolineato che “l’esigenza di punire con maggiore severità la particolare pericolosità manifestata da chi, al fine di commettere un furto, non esita ad introdursi in un luogo di abitazione, con la concreta possibilità di trovarsi innanzi al soggetto passivo, sussiste anche quando il reato sia commesso in una immediata pertinenza dell’abitazione, come tale destinata allo svolgimento di attività strettamente complementari e strumentalmente connesse a quelle abitative“.
Del resto, il furto in abitazione è fattispecie criminosa descritta dall’art. 624-bis cod. pen. in termini piuttosto definiti, sicché va escluso che il legislatore abbia l’obbligo costituzionale di introdurre una fattispecie attenuata all’interno della pertinente norma incriminatrice.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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