Furto in albergo: responsabilità dell’albergatore

Allegati

Con la sentenza numero 4132 del 14/02/2024 la III sezione della suprema Corte (Pres. Travaglino – relatore Gorgoni) delinea i confini della responsabilità dell’albergatore ex. art. 1783 e ss. Cc.

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Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sent. n. 4132 del 14/02/2024

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Indice

1. I fatti di causa e i giudizi di merito

Tizia si recava nella hall di un albergo, e riponeva la propria pelliccia di visone in un appendiabiti posto vicino alla reception. Dopo aver consumato la cena, tornava all’appendiabiti e non rinveniva la pelliccia. Per tale motivo agiva in giudizio in danno dell’Hotel invocando la responsabilità ex. art. 1783 cc, chiedendo il risarcimento del danno patrimoniale subito in seguito al furto del visone, stimato in euro 4.000,00.
La domanda veniva accolta sia dal Giudice di pace di Bisceglie che dal Tribunale di Trani, e la società proprietaria dell’Hotel veniva condannata a pagare l’importo chiesto dall’attore, oltre alle spese legali di entrambi i gradi di giudizio.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:

FORMATO CARTACEO

La Riforma Cartabia della giustizia civile

Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.

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2. Furto in albergo e responsabilità dell’albergatore: giudizio di legittimità

Avverso la sentenza interponeva ricorso per cassazione l’originaria convenuta, proponendo diversi motivi, dei quali uno di particolare interesse per il tema trattato.
Con il primo motivo la direzione dell’Hotel lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1783 cc, in relazione agli artt. 1785, 1° comma, 1227, 1° comma, cod. civ. 115 e 116 cpc, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cpc.
Premette il ricorrente che l’art. 1785 I comma cc prevede una clausola di esonero della responsabilità dell’albergatore laddove il cliente adotti una condotta che favorisca la sottrazione del bene, così interrompendo il nesso di causalità materiale. In subordine l’albergatore censurava il Tribunale laddove non accoglieva la sollevata concorsualità di Tizia ex. art. 1227 I comma cc. In particolare evidenziava l’albergatore che i Giudici di merito non avevano considerato la circostanza che la pelliccia non era stata consegnata al servizio di custodia, pur presente in Hotel, e che per tale ragione si poteva invocare, appunto, o l’esimente di cui all’art. 1785 I comma cc, o la concorsualità ex. art. 1227 I comma cc, atteso che l’attrice aveva preferito riporre il capo nell’appendiabito incustodito invece di utilizzare il servizio di custodia. Secondo la difesa dell’albergatore Tizia non aveva osservato le più elementari regole di prudenza e di ordinaria diligenza, secondo il noto principio dell’imputet sibi (vi era un servizio di custodia dei beni di valore predisposto dall’albergo che la cliente non aveva utilizzato, la pelliccia era stata lasciata incustodita per un’ora, appesa ad un attaccapanni molto distante dal banco della reception, collocato in un corridoio che portava alla toilette, in un giorno – il 3 gennaio 2013 – connotato da un via via particolarmente intenso di clienti).
La Corte di legittimità, tuttavia, rigetta il ricorso sulla scorta del seguente ragionamento.
Il Tribunale aveva correttamente considerato che l’albergatore risponde non solo delle cose che gli sono affidate per essere custodite, ex art. 1784 cc, ma anche del deterioramento, della distruzione o della sottrazione delle cose “portate in albergo”, ex art. 1783 cc.
Per cose portate in albergo s’intendono “le cose che rispondono all’uso normale e comune, immesse nei locali che l’albergatore lascia a disposizione dei clienti (la camera per l’uso esclusivo del cliente, i locali di uso comune, le pertinenze, come giardini, piscine, rimesse, tratti di spiaggia riservati ai clienti dell’albergo, ecc.), per il tempo nel quale il cliente usufruisce dell’alloggio, in forza del contratto (cfr. art. 1783, n. 1, cc); per le cose portate in albergo, e di cui il cliente mantiene il possesso, la responsabilità dell’albergatore è indipendente da qualsiasi consegna, essendo essa collegata al solo fatto dell’introduzione degli effetti personali del cliente nei locali dell’impresa, per il tempo in cui si dispone dell’alloggio.
Secondo la Corte, proprio il fatto che l’albergatore non può rifiutare di ricevere in custodia gli oggetti di valore, tranne i casi espressamente previsti dall’art. 1784 cod. civ., dimostra che non vi è l’obbligo per il cliente di affidarli in custodia, mancando una specifica previsione normativa in tal senso; il cliente che non si avvale della possibilità di consegnare detti oggetti in custodia corre solo il rischio di non poter ottenere, in caso di sottrazione, l’integrale risarcimento del danno, attesa la limitazione prevista dall’art. art. 1783 cc e quindi a cento volte il presso giornaliero della camera, a meno che non provi la colpa dell’albergatore ai sensi dell’art. 1785-bis cod. civ. (cfr. Cass. 28812/2008); Quindi, afferma la Corte che “la responsabilità limitata costituisce, dunque, il punto di equilibrio tra l’esigenza del cliente di non portare con sé le cose introdotte in albergo e l’esigenza di non gravare eccessivamente sull’albergatore con una responsabilità illimitata.”
Nel caso che occupa il Tribunale, con accertamento di fatto non più censurabile in sede di legittimità, ha riconosciuto la colpa dell’albergatore per il fatto di avere predisposto una rastrelliera in prossimità della sala da pranzo, in posizione tale da non consentire al personale dell’albergo la visuale; pertanto, non ricorre nella specie l’esonero di responsabilità dell’albergatore, previsto invece dall’art. 1785 cc. nei casi in cui il deterioramento, la distruzione o la sottrazione siano dovuti al cliente, alle persone che l’accompagnano, che sono al suo servizio o che gli rendono visita, ovvero dipendano da forza maggiore o dalla natura della cosa (cfr. Cass. n. 1684/1994) ne tantomeno la concorsualità ex. art. 1227 I comma cc.
Il ricorso viene quindi rigettato.

Michele Allamprese

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