Fusione tra società residenti in Israele e trasferimento del patrimonio a società italiana

Allegati

L’Agenzia delle Entrate, Divisione Contribuenti/Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale, con la risposta n. 294/2023, ha fornito chiarimenti circa un’operazione di fusione tra società residenti in Israele, con trasferimento del patrimonio del dante causa all’avente causa di una partecipazione in una società con residenza in Italia.

Volume consigliato: Codice tributario 2023

Agenzia delle Entrate – Risposta n. 294/2023

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Indice

1. La normativa di riferimento: art. 172 TUIR

La normativa di riferimento è da ricondurre all’art. 172 del TUIR [1]. Detta norma, rubricata Fusione di società, testualmente, dispone che: 1. La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento.
2. Nella determinazione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante non si tiene conto dell’avanzo o disavanzo iscritto in bilancio per effetto del rapporto di cambio delle azioni o quote o dell’annullamento delle azioni o quote di alcuna delle società fuse possedute da altre. I maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’eventuale imputazione del disavanzo derivante dall’annullamento o dal concambio di una partecipazione, con riferimento ad elementi patrimoniali della società incorporata o fusa, non sono imponibili nei confronti dell’incorporante o della società risultante dalla fusione. Tuttavia i beni ricevuti sono valutati fiscalmente in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio ed i valori fiscalmente riconosciuti.
3. Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società incorporata o fusa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’articolo 47, comma 7 e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87.
4. Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7.
5. Le riserve in sospensione di imposta, iscritte nell’ultimo bilancio delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura in cui non siano state ricostituite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l’eventuale avanzo da fusione. Questa disposizione non si applica per le riserve tassabili solo in caso di distribuzione le quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell’avanzo o di distribuzione del capitale ai soci; quelle che anteriormente alla fusione sono state imputate al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferite nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza.
6. All’aumento di capitale, all’avanzo da annullamento o da concambio che eccedono la ricostituzione e l’attribuzione delle riserve di cui al comma 5 si applica il regime fiscale del capitale e delle riserve della società incorporata o fusa, diverse da quelle già attribuite o ricostituite ai sensi del comma 5 che hanno proporzionalmente concorso alla sua formazione. Si considerano non concorrenti alla formazione dell’avanzo da annullamento il capitale e le riserve di capitale fino a concorrenza del valore della partecipazione annullata.
7. Le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Tra i predetti versamenti non si comprendono i contributi erogati a norma di legge dallo Stato a da altri enti pubblici. Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell’ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall’impresa che le ha ad essa cedute dopo l’esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell’atto di fusione. In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni del presente comma si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l’inizio del periodo d’imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione. Le disposizioni del presente comma si applicano anche agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti (di cui al comma 5 dell’articolo 96) del presente testo unico, nonché all’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Al fine di disapplicare le disposizioni del presente comma il contribuente interpella l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente.
8. Il reddito delle società fuse o incorporate relativo al periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data in cui ha effetto la fusione è determinato, secondo le disposizioni applicabili in relazione al tipo di società, in base alle risultanze di apposito conto economico.
9. L’atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante.
10. Nelle operazioni di fusione, gli obblighi di versamento, inclusi quelli relativi agli acconti d’imposta ed alle ritenute operate su redditi altrui, dei soggetti che si estinguono per effetto delle operazioni medesime, sono adempiuti dagli stessi soggetti fino alla data di efficacia della fusione ai sensi dell’articolo 2504-bis, comma 2, del codice civile; successivamente a tale data, i predetti obblighi si intendono a tutti gli effetti trasferiti alla società incorporante o comunque risultante dalla fusione.
10-bis. Il regime dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2-ter dell’articolo 176 può essere applicato, con le modalità, le condizioni e i termini ivi stabiliti, anche dalla società incorporante o risultante dalla fusione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni”.
Per avere un quadro completo della normativa tributaria, si consiglia il Codice tributario 2023, che raccoglie tutta la disciplina nazionale e sovranazionale.

2. Fusione tra società residenti in Israele e trasferimento del patrimonio a società italiana: caso di specie

L’istante, società di diritto israeliano espone di essere priva di stabile organizzazione in Italia. Il capitale sociale di ALFA è inglobato per intero nella società BETA, società di diritto israeliano, priva anch’essa di stabile organizzazione in Italia.
Entrambe le società fanno parte del Gruppo OMEGA a cui afferisce anche GAMMA s.r.l., società di diritto italiano. Alfa possiede una partecipazione societaria pari al 95 % del capitale di GAMMA s.r.l. Il 5 %  del capitale residuo di GAMMA è detenuto dalla società DELTA, società priva di stabile organizzazione in Italia e controllata per intero da BETA.
Essendo controllate al 100 % da BETA, ALFA e BETA sono qualificabili come società c.d. “sorelle”.
Al fine di semplificare e alleggerire l’intera struttura partecipativa il Gruppo OMEGA, intende provvedere alla fusione tra ALFA (nella qualità di società incorporata) e DELTA (società incorporante o società superstite). L’operazione di fusione seguirà la normativa civilistica e fiscale israeliana. Sicché, in virtù del perfezionamento dell’operazione di fusione tra ALFA e DELTA, GAMMA verrà inglobata (come società superstite) nel patrimonio di DELTA, che deterrà il 100 % del capitale sociale di GAMMA.

3. Il chiarimento chiesto dall’istante

Il ricorrente l’Amministrazione Finanziaria chiede alla medesima se la suddetta operazione possa giovare del regime di neutralità fiscale, per le fusioni societarie, disciplinato dall’art. 172 del D.P.R n. 917/1986 (TUIR), con la conseguenza che il plusvalore insito nella partecipazione GAMMA (detenuta da ALFA), non verrà sottoposto a tassazione in Italia,  (in virtù del combinato disposto di cui all’art. 23, co. 1, lettera f) [2] del TUIR e dell’art. 13, paragrafo 5 [3], della Convenzione [4] italo-israeliana) a seguito della fusione e dell’annesso trasferimento della partecipazione del patrimonio di ALFA a quello di DELTA.

4. La soluzione proposta dall’istante

Il ricorrente sottolinea nel proprio interpello al Fisco che, sulla scorta dell’ordinamento giuridico israeliano, la fusione è un’operazione attraverso la quale i rapporti giuridici, patrimoniali ed economici delle società partecipanti alla fusione (due o più che siano) confluiscono in un’unica società già esistente o di nuova costituzione (società generata dalla fusione), subentrando nella continuità di ogni genere di rapporto giuridico e delle partecipazioni dei soci delle società originarie al capitale sociale della società che nasce a seguito della fusione.
Il ricorrente espone che l’operazione della fusione intercorsa tra ALFA e DELTA determina delle conseguenze fiscali in Italia con riferimento ai soggetti coinvolti, dato che la partecipazione GAMMA, sulla quale l’Italia conserva potestà impositiva sulla scorta del Trattato italo-israeliano, verrà trasferita per successione a titolo universale dal patrimonio di ALFA (società incorporata) a quello di DELTA (società incorporante). La società ricorrente ritiene applicabile il principio della “simmetria fiscale” dato che a seguito della fusione il valore di ALFA verrà inglobato da DELTA. Detto valore sarà rilevante con riferimento alla plusvalenza imponibile ove si pervenga ad una successiva cessione onerosa.
Dati i motivi suesposti, il contribuente ritiene applicabile all’operazione di fusione il regime di neutralità di cui all’art. 172 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), con impossibilità di tassare in Italia, a seguito della fusione, il plusvalore insito nella partecipazione GAMMA.

5. Il ragionamento normativo e la soluzione prospettata dall’Amministrazione Finanziaria

Ad avviso dell’Amministrazione Finanziaria, è necessario appurare se, sotto il profilo dell’ordinamento interno, l’operazione straordinaria in scrutinio debba essere considerata o meno come fiscalmente neutrale ai fini delle imposte sui redditi.
La neutralità fiscale della fusione determina l’applicazione del c.d. “tax deferral” o differimento dell’imposizione, per cui la tassazione del plusvalore sulle partecipazioni nelle società italiane è rinviata ad una eventuale cessione futura delle quote da parte della società incorporante.
Contrariamente, considerare la fusione tra ALFA e DELTA realizzativa sul piano fiscale comporta la tassazione immediata della plusvalenza in Italia, sulla scorta dell’articolo 23, comma 1, lettera f), del TUIR.
L’operazione non rientra nel novero della disciplina europea di cui alla direttiva 2009/133/CE [5] del Consiglio UE trattandosi, evidentemente, di società residenti in uno Stato extra ­UE.
Invero, detta evenienza non pregiudica l’applicazione alla fusione del regime di fiscalità di cui all’art. 172 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR). La disciplina interna in materia di fusioni prevede l’applicazione della suddetta norma TUIR anche nel caso in cui l’operazione non sia disciplinata dalla direttiva dell’Unione Europea su fusioni/scissioni.
Detto della normativa italiana, la disciplina israeliana identifica come fusione “il trasferimento di tutte le attività e passività, inclusi i debiti, esistenti, futuri e soggetti a condizioni, di una società “’target” nei confronti della società risultante dalla fusione”.
Secondo le disposizioni israeliane, la fusione determina per le società interessate gli effetti seguenti:
–       Tutte le attività e le passività delle società che concorrono alla fusione (società target) vengono trasferite a titolo universale alla società risultante dalla fusione;
–       La società derivante dalla fusione subentra alle società incorporate in tutti i rapporti giuridici, compresi quelli processuali;
–       Le società target (incorporate) vengono espunte dal registro delle imprese e cessano di esistere.
Vagliate le disposizioni normative israeliane che disciplinano l’operazione di fusione tra ALFA e DELTA applicabili alla vicenda de qua e gli effetti che si produrranno sui soggetti partecipanti, il Fisco ritiene che l’operazione sia ascrivibile alla fusione secondo le disposizioni civilistiche degli art. 2501 c.c. [6] italiano e ss.
Sicché, nella fattispecie in scrutinio, con riferimento agli aspetti civilistici dell’operazione di fusione non è preclusa l’applicazione del regime di neutralità fiscale di cui all’art. 172 D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).

  1. [1]

    DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 dicembre 1986, n. 917 – Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi -.

  2. [2]

    Ai sensi dell’art. 23, rubricato “Applicazione dell’imposta ai non residenti”, co. 1, lettera f) del DPR n. 917/1986 (TUIR), ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato “… i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione: 1) delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell’articolo 67, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute; 2) delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di Titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; 3) dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l’intervento d’intermediari, in mercati regolamentati…”.

  3. [3]

    Il paragrafo 5, dell’art 13, rubricato “Utili di Capitale”, della l.n. 371/1997, testualmente, dispone che: “Gli utili che un residente di uno Stato contraente deriva dall’alienazione di azioni o diritti, diversi dai casi previsti al paragrafo 4, in una società o altra persona giuridica dell’altro Stato contraente, sono imponibili in detto altro Stato, solo a condizione che il residente del primo Stato contraente abbia posseduto direttamente o indirettamente nel periodo di 24 mesi precedente tale alienazione di azioni o diritti con il 10% o più del potere di voto della società o altra persona giuridica. La percentuale di imposta di cui alla frase precedente applicata dall’altro Stato non può superare il 20% dell’ammontare dell’utile”.

  4. [4]

    Legge 9 ottobre 1997, n. 371 -Ratifica ed esecuzione della convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatta a Roma l’8 settembre 1995 -.

  5. [5]

    DIRETTIVA 2009/133/CE DEL CONSIGLIO del 19 ottobre 2009 relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri.

  6. [6]

    L’art. 2501 c.c., rubricato “Forme di fusione”, testualmente, dispone che: “La fusione di più società può eseguirsi mediante la costituzione di una nuova società, o mediante l’incorporazione in una società di una o più altre.
    La partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”.

Avvocato Rosario Bello

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