A differenza del processo civile, i ricorsi amministrativi, prima che fondati nel merito, devono essere proposti da chi è realmente “legittimato” e “interessato” a presentarne la domanda giurisdizionale.
L’articolo 7 del codice del processo amministrativo, letto in combinato disposto con l’articolo 100 del codice di procedura civile, consente di individuare i presupposti([1]) della domanda nella giurisdizione amministrativa: ovvero legittimazione e interesse ad agire.
1. La recente giurisprudenza
Tornare a ragionare sull’argomento risulta attuale in quanto il Consiglio di Stato([2]), con una sua recente sentenza in materia di Demanio marittimo e il connesso rilascio di concessioni demaniali, ha proposto una interessante ricostruzione utile ad identificare natura giuridica e ratio della legittimazione ad agire dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
In concreto, il giudizio sottoposto al vaglio della Giustizia amministrativa era inerente la mancata conformazione delle decisioni assunte da un Ente locale a seguito di un parere emesso dall’Autorità Garante con riguardo al tema della concorrenza e dell’adeguamento alle norme euro-unitarie delle decisioni assunte. Infatti, con deliberazione del novembre 2020, l’Ente, preso atto di quanto disposto dall’articolo 1, commi 682, 683 e 684, della Legge 30.12.2018, n. 45 e dall’articolo 182, comma 2, del Decreto Legge 19.5.2020, n. 34, dava indicazioni al Responsabile del competente servizio, per la predisposizione degli atti finalizzati all’estensione, sino al 31.12.2033, del termine di durata delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative. Tali concessioni venivano concretamente prorogate con apposite annotazioni apposte in calce ai relativi titoli.
L’AGCM, ritenendo gli atti assunti in contrasto con gli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, in generale, con la normativa unione contenuta nella direttiva 12.12.2006, n. 2006.123.CE (c.d. direttiva Bolkestein), notificava all’Ente il parere motivato di cui all’art. 21 bis della Legge 10.10.1990, n. 287, evidenziando l’esigenza del previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica al fine di assicurare il rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento.
In ragione dell’inerzia dell’Ente, l’Autorità impugnava le deliberazioni assunte al Tribunale Amministrativo territorialmente competente.
In tal senso il Consiglio di Stato, in appello, è intervenuto per chiarire la ratio legislativa della legittimazione ad agire in capo all’Autorità: “(…) La disposizione, lungi dall’introdurre un’ipotesi eccezionale di giurisdizione amministrativa di diritto oggettivo, in cui l’azione giurisdizionale mira alla tutela di un interesse generale, che potrebbe porre problemi di compatibilità con l’art 103 Cost., delinea piuttosto un ordinario potere di azione, riconducibile alla giurisdizione di tipo soggettivo, benché riferito ad un’Autorità pubblica.
La norma, invero, non introduce un generalizzato controllo di legittimità, bensì un potere di iniziativa che, integrando quelli conoscitivi e consultivi già attribuiti all’Autorità garante dagli artt. 21 e seguenti della L. n. 287 del 1990, risulta finalizzato a contribuire a una più completa tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato (Corte Cost. 14.02.2013, n. 20).
La particolare legittimazione ad agire di cui si discute non può dirsi generalizzata, perché operante soltanto in ordine agli atti amministrativi che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato.
L’interesse sostanziale, a tutela del quale l’AGCM può ricorrere, ex art. 21-bis della citata L. n. 287.1990, assume i connotati dell’interesse a un bene della vita, nella specie quello al corretto funzionamento del mercato, che trova tutela a livello comunitario e costituzionale, e del quale l’AGCM, secondo la L. n. 287.1990, è, istituzionalmente, portatrice.
L’Autorità, quindi, in base alla menzionata normativa, è preposta alla salvaguardia di un interesse che si soggettivizza in capo ad essa come posizione qualificata e differenziata rispetto a quella degli altri attori del libero mercato, circostanza questa idonea a fondare la legittimazione processuale di cui all’art. 21-bis citato. (…)”
Secondo il Consiglio di Stato è, quindi, evidente che la scelta del legislatore di attribuire all’Autorità un potere di agire a tutela di tale interesse, costituisca un’opzione che si inserisce nell’ambito degli strumenti di garanzia di effettività del corrispondente valore costituzionale, garantendone una tutela completa.
Infatti, l’ordinamento sembra offrire frequenti esempi di legittimazione ad agire, in qualche modo scissi rispetto ai criteri di individuazione della situazione di interesse legittimo sostanziale e processuale([3]).
Quindi, l’art. 21 bis della Legge nr. 287 del 1990 assegna all’Autorità una legittimazione straordinaria, che si inserisce in un sistema nel quale rileva il principio di certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico.
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2. Conclusioni
La legittimazione ad agire può esistere – o sussistere – per disposto normativo o per la dimostrazione di una posizione, prima sostanziale e poi processuale, qualificata e differenziata.
Ciò che conferma la pronuncia del massimo consesso della Giustizia amministrativa è che, anche nei casi in cui fosse, per legge, riconosciuta la legittimazione ad agire, ciò non identifica una giurisdizione oggettiva – in realtà una facoltà di attivazione del potere giurisdizionale in senso oggettivo – ma delinea, benché riferito ad un’Autorità pubblica, un ordinario potere di azione riconducibile alla giurisdizione, sempre, di tipo soggettivo.
L’azione giurisdizionale non mira alla semplice tutela di un interesse generale quale mero controllo generalizzato delle legittimità dell’agire amministrativo ma la legittimazione deve esser accertata dal giudice, caso per caso, per il vaglio della la sua esistenza. Ciò deve avvenire secondo i normali criteri di rispetto e di cura degli interessi cui l’Autorità stessa, che propone la domanda, è preposta.
Nel caso concreto, l’AGCM, “lamentando” un uso provvedimentale distorto rispetto alla corretta realizzazione del potere amministrativo contrario al diritto alla concorrenza, ha sicuramente legittimazione ad agire e ne può domandare l’annullamento in sede giurisdizionale secondo le comuni regole del processo amministrativo.
>>>Per approfondire<<<
Il sistema di giustizia amministrativa evolve nella conformazione al principio del “giusto processo” di cui all’art. 111 Cost., presentando un modello teso a perseguire la massima effettività e pregnanza della tutela nei confronti degli atti e comportamenti delle amministrazioni pubbliche.
- [1]
ovvero le condizioni nel processo civile.
- [2]
Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2023, n. 2192, Pres. De Felice, Est. Maggio
- [3]
cfr. art. 4 della L. 11.11.2011, n. 180 (legittimazione delle associazioni rappresentate in almeno cinque camere di commercio e delle loro articolazioni territoriali e di categoria ad agire in giudizio sia a tutela di interessi relativi alla generalità dei soggetti appartenenti alla categoria professionale, sia a tutela di interessi omogenei relativi solo ad alcuni soggetti; legittimazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, regionale e provinciale ad impugnare gli atti amministrativi lesivi degli interessi diffusi);
cfr. D. Lgs. 20.12.2009, n. 198, che, in attuazione dell’art. 4 della L. 4.3.2009, n. 15, ha riconosciuto ai “titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori” il potere di agire al fine di “ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio”;
cfr. art. 52, comma 4, del D.Lgs. 15.12.1997, n. 446, in materia di “Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni”, secondo il quale “Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa”.
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