Il Garante della Privacy si è espresso in merito all’installazione di impianti di videosorveglianza privata, stabilendo un principio importante che sarà molto utile a tutti i privati cittadini che desiderano proteggere le proprie abitazioni con videocamere, ma vogliono farlo nel rispetto di quanto disposto dal GDPR.
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Indice
1. La videosorveglianza privata in aree pubbliche
A seguito di una segnalazione presso la stazione dei Carabinieri, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha verificato l’impianto che un cittadino aveva installato sul muro esterno di casa propria per ragioni di sicurezza, comprendente telecamere che inquadravano l’area pubblica antistante, compresi un parco giochi ed una piazza.
Dagli accertamenti attuati dai Carabinieri e poi riportati al Garante, risultava che l’impianto di videosorveglianza era composto da due telecamere:
- La prima, posizionata sulla porta di accesso dell’abitazione, in grado di riprendere zone non di diretta pertinenza, di registrare le conversazioni di chi passava nelle vicinanze e di intervenire parlando attraverso il microfono.
- la seconda, non attiva, posizionata alla fine di un vialetto che collegava l’entrata con uno spazio interno all’edificio.
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2. Le regole del GDPR
Occorre preliminarmente precisare che il Regolamento europeo per la protezione dei dati personali (GDPR 679/2016) non si applica nei rapporti tra privati. Questo significa che i trattamenti effettuati mediante sistemi di videosorveglianza installati per attività domestiche sono da ritenersi, in linea di massima, esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina privacy e dunque che è consentito installare sistemi di controllo a distanza delle proprie abitazioni.
Tuttavia, nel caso in cui le telecamere siano installate in modo da offrire all’angolo di visuale delle telecamere la ripresa di aree pubbliche o di proprietà altrui, ecco che l’esclusione decade e che pertanto anche l’impianto privato è soggetto agli obblighi del Regolamento.
3. La decisione del Garante
Nel caso analizzato prima dai Carabinieri e poi dal Garante, è stato accertato che l’impianto realizzava riprese di aree pubbliche e registrazioni, non solo di immagini, ma anche di conversazioni, in aperta violazione dei principi di liceità e di minimizzazione dei dati della normativa privacy.
L’istruttoria ha infatti rilevato che la ripresa delle aree pubbliche era avvenuta in assenza di idonei presupposti di liceità (che normalmente non servirebbero per gli impianti privati, essendo sufficiente il legittimo interesse del proprietario a difendere casa propria, ma in questo caso sì, stante la ripresa di aree pubbliche), dal momento che il cittadino che ha installato le telecamere non ha dimostrato la sussistenza di un legittimo interesse riferito a una situazione di rischio effettivo che avrebbe potuto giustificare tale trattamento ulteriore, ossia la ripresa di aree pubbliche. A maggior ragione ciò si è ritenuto valido per la registrazione delle conversazioni che avvenivano nei pressi della telecamera numero uno, a cui addirittura si poteva rispondere tramite microfono.
Il Garante ha affermato che: “Soltanto in presenza di situazioni di pericolo concreto si può estendere la ripresa delle videocamere anche ad aree comuni, luoghi aperti al pubblico o di pertinenza di terzi, purché ciò sia adeguatamente motivato e suffragato da idonea documentazione (es. denunce, minacce, furti)”.
In considerazione del fatto che la condotta censurata si è esaurita immediatamente, poiché il soggetto sottoposto all’accertamento ha provveduto, immediatamente dopo l’apertura dell’istruttoria, a rimuovere la telecamera “incriminata” sostituendola con un’altra che puntava esclusivamente l’ingresso di casa propria, il Garante ha ritenuto sufficiente limitare il proprio intervento al solo ammonimento, pur avendo statuito un principio che dovrà essere tenuto in considerazione per quanti, da qui in avanti, decideranno di installare a casa propria telecamere di video sorveglianza.
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