SOMMARIO 1. Premesse sui pubblici concorsi 2. La graduatoria come atto conclusione della scansione procedimentale 3. La modifica della graduatoria 4. La natura del provvedimento di revisione della graduatoria 5. Interesse contrario alla revisione della graduatoria e garanzie partecipative 6. Segue: in particolare, la comunicazione di avvio del procedimento 7. Il caso particolare del provvedimento che corregga un errore materiale 8. Conclusioni: la dequotazione dei vizi procedimentali ai sensi dell’art. 21 octies della l. 7 agosto 1990, n. 241
Nel prisma del vastissimo contenzioso generato dai concorsi per l’accesso al pubblico impiego[1], la giurisprudenza ha di volta in volta valorizzato una molteplicità di aspetti diversi della morfologia dei procedimenti di pubblica selezione.
Da una rilevazione della produzione pretoria, appare evidente come una considerevole parte del contenzioso attenga allo svolgimento della procedura concorsuale, alle sue scansioni e – particolarmente – ai suoi esiti.
Un recentissimo pronunciamento del Consiglio di Stato (4 giugno 2020, n. 3537), reso dalla seconda sezione in ordine a un concorso nell’Agenzia delle Entrate, ha però lumeggiato un tema che è rimasto talvolta ai margini dell’attenzione giurisprudenziale, ma che si presenta di notevole interesse: natura e lesività del provvedimento di rettificazione della graduatoria emesso dopo la sua pubblicazione e approvazione.
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Premesse sui pubblici concorsi
È dato acquisito che la procedura concorsuale nel pubblico impiego – indifferentemente da quale sia quantità, natura e struttura delle sue scansioni interne – si conclude pur sempre con la formazione della graduatoria di merito, dalla cui approvazione scaturisce la proclamazione dei vincitori per l’immissione in servizio o il conferimento dell’incarico ambito.
In effetti, il senso stesso della procedura concorsuale, considerata come procedimento strumentale al reclutamento di persone nell’interesse dell’Amministrazione pubblica, è proprio quello di determinare il merito individuale di ciascun partecipante al fine di graduarne le rispettive qualità e poter selezionare i meritevoli.
La selezione dei meritevoli, infatti, rappresenta prima di ogni altra cosa (e ontologicamente) un interesse dell’Amministrazione, che – attraverso la procedura concorsuale – seleziona le risorse idonee per lo svolgimento delle proprie funzioni e la realizzazione dei propri compiti.
A tale interesse pubblico corrisponde specularmente l’interesse legittimo dei partecipanti a vedersi selezionati esclusivamente per merito, da cui deriva poi l’interesse al ricorso. Proprio su questo assunto le scansioni procedimentali dei pubblici concorsi e i relativi esiti, quindi le stesse graduatorie, proiettano sugli aspiranti situazioni di interesse legittimo nella cognizione del giudice amministrativo.
La graduatoria come atto conclusione della scansione procedimentale
La graduatoria[2] più nello specifico rappresenta la conclusione fisiologica di ciascuna selezione concorsuale per l’accesso al pubblico impiego d assolve alla funzione di dare compiutamente e conclusivamente conto delle risultanze delle valutazioni espresse in ordine al merito dei candidati, al fine di “graduarne” – appunto – il merito e, dunque, di individuare le risorse più idonee per il reclutamento.
Con la graduatoria termina la vicenda procedimentale del pubblico concorso. Ne fanno prova le riflessioni giurisprudenziali relative al riparto di giurisdizione nel pubblico impiego privatizzato, in particolare quelle sulle distinzioni tra fase concorsuale, caratterizzata dall’interesse legittimo e successive vicende dell’assunzione, tarate sulla diversa misura ontologica del diritto soggettivo.
La Corte Suprema di Cassazione, a sezioni unite civili, ha da tempo chiarito che le vicende relative all’assunzione dei vincitori dopo l’approvazione della graduatoria sono infatti riservate al giudice ordinario, in quanto attinenti a diritti soggettivi ormai del tutto maturi e comunque collegati al rapporto di pubblico impiego privatizzato[3].
La modifica della graduatoria
Si potrebbe quindi essere indotti a ritenere che le vicende successive all’approvazione della graduatoria impingano ormai nei diritti soggettivi e concernano sempre il rapporto di lavoro. Ciò è vero solo in parte, essendo ben possibile una riapertura del procedimento amministrativo con revisione della graduatoria.
Esiste infatti la possibilità che la graduatoria, dopo la sua approvazione, sia assoggettata a correzioni, rettifiche, rimaneggiamenti. In effetti la graduatoria è pur sempre un provvedimento amministrativo e, come tale, può averne i vizi tipici ed essere assoggettato alle forme tipiche di revisione anche spontanea da parte dell’Amministrazione.
Sono queste vicende che, pur collocandosi temporalmente dopo l’approvazione della graduatoria, ne riguardano il contenuto dispositivo e quindi attingono situazioni di interesse legittimo.
La natura del provvedimento di revisione della graduatoria
La recente pronuncia del Consiglio di Stato (II, 4 giugno 2020, n. 3537), qui in sintetico commento, chiarisce la natura del provvedimento “di rettifica della graduatoria”.
Anzitutto, si ribadisce l’idea che trattasi di provvedimento di secondo grado, in quanto esso agisce, modificandolo, su un provvedimento preesistente dell’Amministrazione pubblica già avente effetti esterni. Una tale lettura, condivisa dal Consiglio di Stato nella pronuncia in rassegna trovava già conferma nella giurisprudenza di merito recente e meno recente[4].
Pur vero che l’esatta qualificazione di un tale provvedimento di rettifica debba essere valutata alla luce del contenuto, è evidente come – ridefinendo la parte dispositiva del provvedimento – esso possa essere consuetamente ricondotto nella categoria degli atti di autotutela.
Pertanto, premesso che le situazioni giuridiche coinvolte assumono la consistenza dell’interesse legittimo, trattandosi di un provvedimento di secondo grado che evidentemente interferisce con gli effetti di uno preesistente, coloro che hanno interesse al mantenimento dello status quo assumono la veste di controinteressati, sia nel procedimento che nel processo.
Interesse contrario alla revisione della graduatoria e garanzie partecipative
Ciò premesso, in questa sede particolarmente rileva il patrimonio di garanzie partecipative che debba essere riservato agli altri candidati che, anche potenzialmente, vengano lesi dal provvedimento di rettifica.
È principio pacifico che, nel procedimento di secondo grado, debba essere garantita la partecipazione procedimentale di coloro che abbiano interesse alla conservazione del provvedimento originario e dunque interesse contrario alla revisione del suo contenuto dispositivo.
Nel caso della graduatoria di concorso pubblico, la giurisprudenza anche meno recente ha chiarito che il procedimento di secondo grado per la sua revisione postula la partecipazione procedimentale dei controinteressati e dunque l’obbligo per l’Amministrazione di trasmettere loro tempestivamente la comunicazione di avvio del procedimento[5]. La mancata partecipazione si traduce dunque in un vizio procedimentale che affligge il provvedimento di rettifica e ne determina l’invalidità.
Segue: in particolare, la comunicazione di avvio del procedimento
Come noto l’attivazione delle garanzie partecipative e dunque l’istaurazione del contraddittorio procedimentale è cristallizzata dall’art. 7 della legge sul procedimento amministrativo (7 agosto 1990, n. 241) nell’avviso di avvio del procedimento.
Tale atto ha proprio la funzione di notiziare gli interessati dell’esistenza del procedimento e dunque di consentire loro la partecipazione attiva. L’omissione dell’avviso[6] rappresenta quindi di norma una menomazione del contraddittorio procedimentale che, ove rilevante, determina l’invalidità del provvedimento per violazione delle garanzie partecipative.
È dunque chiaro quindi che il procedimento di revisione debba essere proceduto dall’avviso a tutti i candidati utilmente collocati che subiscano un pregiudizio dalla rettifica e abbiano pertanto interesse alla conservazione della graduatoria esistente.
Il caso particolare del provvedimento che corregga un errore materiale
Si deve però precisare che la correzione di una graduatoria può essere necessitata da una molteplicità eterogenea di ragioni e che possono darsi ipotesi particolari in cui la rettifica sia la conseguenza di un’attività non connotata dall’esercizio di discrezionalità effettiva.
È il caso di una graduatoria la cui correzione sia occasionata dalla necessità di sanare un errore materiale evidente[7] o di rettificare l’inesatta attribuzione di un punteggio in presenza di criteri obiettivi e non soggetti a valutazioni discrezionali[8].
Questa particolar eventualità assume rilievo proprio in ordine proprio alle garanzie procedimentali da riconoscere ai potenziali controinteressati.
È infatti noto che l’art. 21 octies della l. 7 agosto 1990, n. 241 introdotto dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15[9] ha dequotato i vizi formali del procedimento, escludendo l’annullabilità quando “dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”[10].
Conclusioni: la dequotazione dei vizi procedimentali ai sensi dell’art. 21 octies della l. 7 agosto 1990, n. 241
È evidente che il caso della rettifica della graduatoria affetta da mero errore materiale sembrerebbe da ricondursi proprio a questa ipotesi. In effetti, a prescindere da ogni apporto conseguente alla partecipazione dei controinteressati, un siffatto provvedimento di correzione non potrà comunque avere contenuto diverso. Ove la correzione consegua infatti al piano e indubitabile accertamento di un palese errore materiale, questa sarà necessitata e si rivela in ogni caso insensibile a ogni partecipazione procedimentale.
La correzione non consegue infatti all’esercizio di discrezionalità ma all’accertamento di un dato obiettivo, incontrovertibile.
Su questa premessa, le garanzie procedimentali si rivelano non determinanti e sarà persino defettibile la comunicazione di avvio del procedimento, proprio ai sensi del secondo capoverso dell’art. 21 octies, in cui è chiarita espressamente l’irrilevanza dell’omessa comunicazione[11] ove non sia in concreto possibile che l’apporto procedimentale determini un contenuto dispositivo diverso del provvedimento.
In conclusione, in questa particolare ipotesi, la violazione delle garanzie procedimentali perde quindi consistenza e non assume rilievo determinante purché sia provato che il contenuto del provvedimento di rettifica non avrebbe comunque potuto essere diverso.
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Note
[1] Per una cui disamina, C. Puzzo, Ricorsi su concorso nella P.A., Milano, Giuffrè, 2012, p. 33.
[2] Sulla giurisprudenza in ordine alle graduatorie dei pubblici concorsi si veda anche Graduatoria concorsuale: disciplina e giurisprudenza, in questa rivista, 22 novembre 2019.
[3] Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 11 gennaio 2007, n. 307, ma anche 16 aprile 2007, n. 8951.
[4] T.A.R. Lazio, Roma, 13 dicembre 2010, n. 36323.
[5] Cons. St. sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1036, ma anche T.A.R. Lazio, Roma, 13 dicembre 2010, n. 36323 cit.
[6] Sulla quale si rinvia a F. SAITTA, L’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento: profili sostanziali e processuali, in Diritto amministrativo, fasc. 3-4, 2000. Recentemente, si veda anche S. Cicalese, La comunicazione di avvio del procedimento tra eccezioni e deroghe, in questa rivista, 25 luglio 2019.
[7] Ne può essere un esempio l’inesatta trascrizione di un punteggio in capo a un candidato, determinata da un errore di mera percezione.
[8] Si pensi all’inesatta attribuzione di un punteggio per un certo titolo, in presenza di una predeterminazione dei criteri di determinazione dei punti che esauriscano la discrezionalità della commissione. Ad esempio, ove i criteri predeterminati stabiliscano l’assegnazione di un certo punteggio per la laurea, l’inesatta attribuzione a un candidato in possesso di tale titolo di punti in esubero o in riduzione rappresenta frutto di un evidente errore materiale.
[9] Per di più recentissimamente modificato dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76 con un periodo finale eccettuativo del caso di violazione dell’art. 10 bis.
[10] Si veda La sanatoria dell’atto amministrativo invalido, in riferimento all’art. 21-octies comma 2 della legge 241/1990, in questa rivista, 25 settembre 2018.
[11] “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
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