Precedenti giurisprudenziali: Cass. S.U 30174/2011; Cass. 20107/2015
Fatto
A seguito delle gravissime lesioni riportate dal minore al momento della nascita i genitori del bambino chiamavano dinnanzi al Giudice di primo grado la struttura sanitaria per vederla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti a causa dei gravi danni riportati dal bambino, ridotto ad una vita vegetativa.
Si presentava così davanti al giudice la clinica che chiamava in causa anche il ginecologo della donna che la aveva assistita nelle fasi del parto.
Il Giudice valutati gli atti, e tenuto conto dell’accordo transattivo raggiunto tra la clinica ed i genitori nelle more del giudizio, si pronunciava riconoscendo la responsabilità concorrente del ginecologo condannandolo al risarcimento dei danni patiti dai genitori in proprio e in qualità di esercenti la potestà sul figlio.
Soccombente nel giudizio di primo grado, il ginecologo decideva di proporre appello alla sentenza emessa dal Tribunale, che veniva riformata dalla Corte di Appello sul convincimento per cui l’accordo transattivo intercorso tra la clinica e i genitori si riferiva all’intera obbligazione risarcitoria e non soltanto al pregiudizio ascritto alla clinica.
I genitori del bambino decidevo, dunque, di ricorrere alla Corte di Cassazione, esponendo – per quanto qui di interesse – due motivi di ricorso. Con il primo motivo i ricorrenti lamentavano che la Corte d’Appello avesse formato erroneamente il suo convincimento sulla base del rifiuto della parte attrice di produrre l’accordo transattivo sottoscritto con la clinica. Sul punto i genitori avevano sostenuto che i Giudici di Appello avevano tratto le loro conclusioni da circostanze inesistenti, in quanto il ginecologo non aveva mai dichiarato di voler profittare dell’accordo transattivo, il cui contenuto, ovverosia la volontà di stralciare il contenzioso limitatamente alla richiesta avanzata nei confronti della clinica, era desumibile da tutti gli atti prodotti e dai verbali di udienza. Con il secondo motivo la parte ricorrente aveva criticato la sentenza di secondo grado che aveva riconosciuto, sull’errato convincimento che l’accordo transattivo riguardava l’intera obbligazione solidale, che il ginecologo aveva il diritto di profittare dell’accordo ex art 1304 del cod. civ.
La decisione del Corte di Cassazione
I Giudici di Cassazione, esaminando congiuntamente i primi due motivi di gravame, hanno accolto il ricorso e hanno rinviato la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame sulla base del principio secondo cui, la norma del codice civile per cui la transazione produce effetti nei confronti di altri solo se questi hanno dichiarato di volerne profittare, si riferisce alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito e non la sola quota del debitore con cui è stata stipulata, chiedendo altresì al Giudice d’Appello di verificare l’effettivo contenuto dell’accordo nonché di valutare in modo coerente e logico tutte le emergenze processuali che concorrono a delineare la volontà del debitore di voler profittare dell’accordo transattivo.
In particolare gli Ermellini hanno rilevato che la Corte D’appello ha reso una motivazione non congrua in ordine alla decisione presa, giungendo ad individuare il contenuto e, soprattutto, l’ampiezza della transazione attraverso circostanze ad essa estranee, articolando il ragionamento in relazione solo alla manifestazione di volontà del ginecologo, non dando rilievo, invece, alla tardività con cui lo stesso aveva espresso tale volontà, avendo dichiarato l’intenzione di profittare dell’accordo transattivo solo in fase di appello. I giudici d’appello hanno errato ritenendo che l’interesse del ginecologo ad avvalersi della transazione, espresso dai difensori attraverso la richiesta di esibizione dell’accordo, rigettata dal giudice di primo grado, fosse sufficiente a soddisfare i presupposti dell’art. 1304 c.c., che, ha ricordato la Corte richiamando una precedente pronuncia, si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito e non la sola quota del debitore con cui si è stipulata (giacché è la comunanza dell’oggetto della transazione stessa a far sì che possa avvalersene il condebitore solidale pur non avendo partecipato alla sua stipulazione, e quindi in deroga al principio per cui il contratto produce effetti soltanto tra le parti).
Sulla base di queste argomentazioni la Corte di Cassazione ha sollevato, rispetto al caso concreto, la questione della logicità delle conseguenze alle quali i giudici di appello erano giunti, assegnando alla mancata produzione da parte ricorrente della transazione il significato che la controparte vi aveva aderito, omettendo di valutare che gli attori nel giudizio di primo grado avevano dato atto che l’accordo transattivo era intervenuto solo con la clinica, e che il ginecologo in quella sede aveva dichiarato espressamente di non considerarsi coobligato solidale, dichiarando soltanto che l’accordo lo poteva interessare, e chiedendo in quell’occasione al giudice l’esibizione dello stesso. Tale richiesta non veniva accolta.
La Corte di Cassazione ha concluso la sua disamina criticando l’operato della Corte d’Appello resa di non aver compiutamente esaminato le emergenze processuali, ma avendole parzialmente utilizzate senza alcun coerente collegamento, per dare sostegno alla tardiva manifestazione di volontà espressa nell’atto di appello, articolando con ciò un ragionamento illogico e perplesso che ha viziato l’intera motivazione.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento