Giudicato cautelare: la Cassazione definisce l’ambito di applicazione

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  Indice

  1. La massima
  2. Il fatto
  3. Il c.d. “giudicato cautelare” e la decisione della Corte

1. La massima 

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione è intervenuta, nuovamente, a definire l’ambito di applicazione del c.d. “giudicato cautelare”, precisando che lo stesso opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell’imputazione provvisoria, non potendo, invece, essere evocato nel caso di decisioni che definiscano l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali.

2. Il fatto 

La vicenda trae origine dal ricorso per Cassazione presentato dal proprietario di un ristorante, indagato del reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b) per somministrazione di alimenti in cattivo stato di conservazione, avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Taranto, adito in sede di riesame, aveva confermato il sequestro preventivo disposto dal Gip, in sede di convalida del provvedimento di urgenza adottato dal PM, del locale adibito ad attività ristorazione. 

Con il primo motivo, che qui interessa, il ricorrente lamentava la violazione del ne bis in idem cautelare per essere il provvedimento cautelare emesso nei suoi confronti la mera riproposizione di un precedente decreto di sequestro disposto in data 7.10.2021 ed annullato il successivo 26.10 dal Tribunale del riesame. Il ricorrente censurava la motivazione resa sul punto dal Tribunale, secondo cui non ricorreva una violazione del giudicato, stante la considerazione che il precedente sequestro era stato annullato per motivi meramente formali, ovvero la mancanza di motivazione in ordine alle esigenze probatorie. 


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3. Il c.d. “giudicato cautelare” e la decisione della Corte 

Come è noto, il termine giudicato indica nel diritto processuale quel provvedimento divenuto irrevocabile, ovvero non più soggetto a impugnazione ordinaria, che si realizza quando siano decorsi inutilmente i termini per l’impugnazione o, al contrario, quando siano già stati esperiti tutti i mezzi di impugnazioni previsti dall’ordinamento a favore dei soggetti legittimati. L’istituto, che trova la sua ratio nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, nonché nel divieto del ne bis in idem, è disciplinato, per il diritto processual penalistico, dall’art. 649 c.p.p., secondo cui “l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo” 

In ambito cautelare, tuttavia, manca una normativa ad hoc. L’istituto del “giudicato cautelare” è figlio, per così dire, dell’attività pretoria, realizzatasi per mezzo di plurime sentenze dei Tribunali di merito e di quello di legittimità, anche a Sezioni Unite.  

In una prima fase, la giurisprudenza diede all’istituto un’interpretazione di carattere estensivo, ritenendo che l’effetto preclusivo del giudicato potesse operare anche nel caso di mancata impugnazione delle ordinanze emesse dal giudice di primo grado, che dovevano considerarsi definitive e irrevocabili rispetto a tutte le questioni che sarebbero state deducibili con l’impugnazione. La suddetta impostazione, tuttavia, è stata messa in discussione già con la prima pronuncia a S.U. sul tema , con la quale la Suprema Corte, chiamata a verificare quali decisioni potessero dirsi irrevocabili al fine di avanzare la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, ha ritenuto che tale carattere potesse essere riconosciuto solo alle ordinanze divenute definite a seguito di impugnazione dell’incidente cautelare. 

L’istituto ha trovato una compiuta definizione con la nota sentenza Buffa , con cui le Sezioni Unite hanno espressamente chiarito che la mancata impugnazione dell’ordinanza cautelare non comporta alcuna preclusione, per il Giudice chiamato a pronunciarsi sulla revoca della misura, in merito alla verifica della carenza di indizi o esigenze cautelari. Il giudicato cautelare ha, quindi, una portata meno ampia di quello ordinario, sia perché opera rebus sic stantibus, sia perché non copre anche le questioni deducibili, ma soltanto le questioni dedotte nei procedimenti di impugnazione. Si è, quindi, successivamente chiarito che il giudicato cautelare non preclude la richiesta 299 c.p.p., in quanto il Giudice è sempre tenuto a valutare se sussistano ragioni che dimostrino l’assenza di esigenze cautelari. 

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione torna sul tema del giudicato cautelare in materia di sequestro preventivo, sulla quale si è già recentemente pronunciata , dando risposta negativa al quesito se, una volta decorsi i termini per formulare una richiesta di riesame ex art 321 c.p.p., l’interessato possa proporre un’istanza di revoca contestando le ragioni originarie dell’applicazione della misura, senza dedurre fatti nuovi. Nel caso di specie, la Corte si sofferma a chiarire un diverso aspetto, ovvero la formazione del giudicato cautelare nel caso di decisioni che definiscano l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente formali. I Supremi Giudici – dopo aver specificato che nel caso in cui venga dedotto un vizio di contraddittorietà della motivazione del provvedimento grava sul deducente l’onere di curare l’allegazione al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità – chiariscono che, dato che il giudicato cautelare, a differenza di quello ordinario, è volta “a presidiare la congruenza tra la situazione di fatto esistente in un dato momento del procedimento e le misure cautelari in atto”, la sua estensione deve essere limitata negli spazi strettamente necessari ad evitare un contrasto con altri procedimenti cautelari aventi il medesimo contenuto in assenza di un mutamento del quadro di riferimento. Conseguentemente, il cd. “giudicato cautelare” opera “solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell’imputazione provvisoria, non conseguendo tale effetto, invece, alle decisioni che definiscano l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali”.

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui l’annullamento del provvedimento di sequestro preventivo si era realizzato esclusivamente per ragioni processuali, senza alcuna valutazione nel merito in ordine al fumus del reato o alle esigenze probatorie. Il ricorso è stato dichiarato, pertanto, inammissibile. 

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Note:

1)Cass. pen., sez. un., 1 luglio 1992, n. 11, Grazioso, in C.E.D. Cass., n. 191183; Cass. pen., sez. un., 18 giugno 1993, n. 14, Dell’Omo, ivi, n. 194312; Cass. pen., sez. un., 12 ottobre 1993, n. 20, Durante, ivi, n. 195354; Cass. pen., sez. un., 12 novembre 1993, n. 26, Galluccio, ivi, n. 195806; Cass. pen., sez. un., 8 luglio 1994, n. 11, Buffa, ivi, nn. 198211-213; Cass. pen., sez. un., 15 gennaio 1999, n. 2, Liddi, ivi, n. 212807; Cass. pen., sez. un., 31 maggio 2000, n. 14, Piscopo, ivi, n. 216261; Cass. pen., sez. un., 31 marzo 2004, n. 18339, Donelli, ivi, nn. 227357 – 227359; Cass. pen., sez. un., 24 maggio 2004, n. 29952, Romagnoli, ivi, n. 228117; Cass. pen., sez. un., 19 dicembre 2006, n. 14535, Librato, ivi, n. 235908

2)  Cass. pen., sez. un., 12 ottobre 1993, n. 20, Durante cit.

3)  Cass pen sez un. 8 luglio 1994, n. 11

4)  Sezioni unite, con la sentenza n. 14 del 2000

5)  Cass., Sez. un., 31 maggio 2018 (dep. 11 ottobre 2018), n. 46201

Sentenza collegata

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giordano maddaloni

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