Ti potrebbe interessare il seguente corso accreditato per Avvocati:
Il nuovo contenzioso in materia di appalti e contratti pubblici
Bologna, 11 luglio 2017
Roma, 21 luglio 2017
Il fatto.
Un avvocato ricorreva in Cassazione contro una sentenza di appello del Tribunale che aveva liquidato i suoi compensi al di sotto dei minimi.
La decisione
Il Collegio premette che i nuovi parametri devono applicarsi ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di “compenso” (principio già affermato con arresti Civ. Sez. III 21 giugno 2016 n. 12741; Cass. Civ. Sez. Unite 12 ottobre 2012 n. 17405 e 17406).
Ribadisce ulteriore principio risalente, secondo il quale il giudice non può liquidare compensi in misura inferiore a quelli indicati dalla legge, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe.
D’altro canto, l’onere dell’appellante è quello di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando specificamente importi e singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, che può essere assolto anche con nota spese ( n. 21791/2015 e Cass. n. 2339/2017).
Riassumendo, ed in estrema sintesi, anche tenendo conto i precedenti arresti giurisprudenziali, il giudice ha l’onere di indicare dettagliatamente le singole voci che riduce, perché chieste in misura eccessiva, o elimina, perché non dovute ( Civ. Sez. VI 6 giugno 2017 n. 14038; Cass. Civ. Sez. 10 novembre 2015 n. 22883; Cass. Civ. Sez. I 17 settembre 2015 n. 18238, Cass. Civ. Sez. Lav. 24 febbraio 2009 n. 4404; Cass. Civ. Sez. III 08 febbraio 2007 n. 2748), al contrario, per i parametri medi, il giudice non incontra particolari obblighi di motivazione (Cass. Civ. Sez. II 30 giugno 2015 n. 13400; Cass. Civ. Sez. Lav. 23 giugno 1997 n. 5607; Cass. Civ. Sez. I 19 ottobre 1993 n. 10350) che invece sussistono allorquando liquida parametri diversi (Cass. Civ. Sez. 10 novembre 2015 n. 22883; Cass. Civ. Sez. I 17 settembre 2015 n. 18238; Cass. Pen. Sez. V 8 luglio 2014 n. 29934).
Comune denominatore per l’interprete è quello di attenersi ai criteri medi: non sarà un caso che il legislatore abbia ripetuto nel dm 55/2014 ben venticinque volte il termine “di regola” nel dm 55/2014: 2, comma II; art. 4 comma I (tre volte); art. 4 comma II; art. 4 comma III; art. 4 comma IV; art. 4 comma VI; art. 5 comma I (viene usato il termine “di norma”); art. 5 comma VI; art. 6 comma I; art. 8 comma II; art. 9 comma I; art. 10 comma I; art. 10 comma II; art. 11 comma I; art. 12 comma I, art. 12 comma II, art. 15 comma I; art. 17 comma I; art. 19 comma I; art. 21 comma VII; art. 22 comma I; art. 24 comma I; art. 26 comma I.
Volume consigliato:
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento