La riforma Cartabia è intervenuta anche in materia di riti speciali e, tra questi, anche quello abbreviato, alla luce di quanto preveduto dall’art. 24 del d.lgs. n. 150 del 2022.
Orbene, scopo del presente scritto è quello di vedere in cosa è consistito siffatto intervento.
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Indice
1. Le modifiche apportate all’art. 438 c.p.p.
In riferimento a quanto statuito dall’art. 438 cod. proc. pen. che, come è noto, regola i presupposti del giudizio abbreviato, l’art. 24, co. 1, lett. a), n. 1, d.lgs., 10/10/2022, n. 150 ha previsto quanto segue: “a) all’articolo 438: 1) al comma 3, le parole: «nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore»; 2) al comma 5, secondo periodo, dopo le parole: «il giudizio abbreviato se» sono inserite le seguenti: «, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili,» e le parole: «compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili» sono sostituite dalle seguenti: «il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale»; 3) al comma 6-ter, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «In ogni altro caso in cui la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l’imputato può riproporre la richiesta prima dell’apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammissibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato.»;”.
Dunque, incominciato ad esaminare la modifica apportata al comma terzo di questo articolo, per effetto della riforma Cartabia, stante l’abrogazione dell’art. 583 cod. proc. pen. disposta dall’art. 98, co. 1, lett. a), d.gls., 10/10/2022, n. 150 (il cui comma terzo era richiamato dalla norma qui in commento), è adesso espressamente stabilito che la volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata, non più richiamandosi le forme previste dall’art. 583, comma 3, cod. proc. pen. (come previsto prima) ma, ora, “da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore”.
Si è trattato quindi di una riformulazione di siffatto comma dovuto per mere esigenze di coordinamento normativo.
In altri termini, siffatta innovazione è stata “solo apparentemente tale ed assolve alla funzione di coordinare la disciplina relativa alle forme della richiesta di giudizio abbreviato con le abrogazioni di una parte delle disposizioni interessate dalla riforma” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023, 5/01/2023, p. 105).
Ciò posto, l’altra novità, che riguarda sempre l’art. 438 cod. proc. pen., riguarda il comma quinto posto che l’art. 24, co. 1, lett. a), n. 2, d.lgs, 10/10/2022, n. 150 dispone che, “al comma 5, secondo periodo, dopo le parole: «il giudizio abbreviato se» sono inserite le seguenti: «, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili,» e le parole: «compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili» sono sostituite dalle seguenti: «il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale»”.
Dunque, se prima era enunciato, da questo stesso comma, che il giudice dispone il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, adesso, è invece contemplato quanto segue: “Il giudice dispone il giudizio abbreviato se, tenuto conto degli atti già acquisiti e utilizzabili, l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale”.
Orbene, con tale modificazione, si “impone di mettere in rapporto il supplemento probatorio richiesto in abbreviato con l’istruzione dibattimentale da svolgersi in dibattimento” (così: la relazione illustrativa), nel senso che tale “riforma è intervenuta, in sostanza, modificando il testo della norma preesistente e individuando un nuovo parametro al quale il giudice deve ancorare la valutazione di ammissibilità del rito alternativo subordinato all’integrazione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 105).
Di conseguenza, la riformulazione di codesto parametro comporta che esso “non sarà più quello della semplice «compatibilità con le finalità di economia processuale», quanto, piuttosto, quello della effettiva e concreta realizzazione di una forma di economia processuale” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 105).
Precisato ciò, un altro comma dell’art. 438 cod. proc. pen., interessato da questa riforma, è il comma 6-ter, essendo stabilito che, “dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «In ogni altro caso in cui la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l’imputato può riproporre la richiesta prima dell’apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammissibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato.»” (art. 24, co. 1, lett. a), n. 3, d.lgs., 10/10/2022, n. 150).
Pertanto, siffatto “nuovo” periodo “disciplina in modo esplicito la possibilità di rinnovo, in limine al dibattimento, della richiesta di abbreviato illegittimamente rigettata o dichiarata inammissibile (salvo che si tratti di inammissibilità dichiarata ai sensi del comma 1-bis dell’art. 438 c.p.p., nel caso di delitti puniti con l’ergastolo, per cui il rimedio specifico è dettato dal comma 6-ter), in modo da consentire la massima deflazione” (così: la relazione illustrativa).
Ebbene, per l’Ufficio del Massimario della Cassazione, non “pare dubitabile che, in questo caso, permangono validi i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di giudizio abbreviato richiesto in sede di atti preliminari al dibattimento” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 107).
“In particolare, s’intende fare riferimento all’arresto secondo cui «qualora l’imputato, a seguito del rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad una integrazione probatoria, non riproponga tale richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 169 del 2003, dichiarativa della parziale incostituzionalità dell’art. 438, comma 6, cod. proc. pen.), ma chieda, invece, di definire il processo con giudizio abbreviato non condizionato, la mancata ammissione della prova cui era subordinata l’iniziale richiesta non può essere dedotta come motivo di gravame, ferma restando la facoltà di sollecitare l’esercizio dei poteri di integrazione istruttoria “ex officio” ai sensi dell’art. 603, comma 3,
cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 12818 del 14/02/2020, omissis, Rv. 279324, conforme Sez., 3, n. 7012 del 05/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 272579)” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 107).
Oltre a ciò, va però rilevato, come fatto presente in sede scientifica (GIALUZ), che “tale innovazione non sembra avere uno specifico referente normativo nella legge delega, risultando, dunque, discutibile la sua introduzione da parte del Governo” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistemapenale.it, p. 53).
Potrebbero quindi emergere profili di criticità costituzionale, in ordine a tale precetto normativo, per eccesso di delega.
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2. La modifica apportata all’art. 441 c.p.p.
Un’altra disposizione legislativa, sempre riguardante il rito abbreviato, che è stata soggetta a delle modifiche da parte della riforma Cartabia, è l’art. 441 cod. proc. pen., atteso che l’art. 24, co. 1, lett. b), d.lgs., 10/10/2022, n. 150 dispone che “all’articolo 441, al comma 6, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Le prove dichiarative sono documentate nelle forme previste dall’articolo 510.»”.
“Il legislatore ha dunque ravvisato le medesime esigenze poste a fondamento della previsione della documentazione, anche con mezzi di riproduzione audiovisiva, delle prove indicate nella predetta norma ove la riforma ha introdotto, altresì, la precisazione che la trascrizione della riproduzione audiovisiva è disposta solo se richiesta dalle parti (norma, anch’essa, applicabile alla fattispecie del
giudizio abbreviato)” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 107).
3. Il “nuovo” art. 442, co. 2-bis, c.p.p.
Infine, l’art. 24, co. 1, lett. c), d.lgs., 10/10/2022, n. 150 dispone che, “all’articolo 442, dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2-bis. Quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione.»”.
Orbene, fermo restando che “il riferimento contenuto nella legge delega alla mancata impugnazione “da parte dell’imputato” viene ovviamente inteso come mancata impugnazione tanto dell’imputato, quanto del suo difensore” (così: la relazione illustrativa), posto che, per “effetto della modifica introdotta all’art. 676, comma 1, cod. proc. pen. dall’art. 39, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 150 del 2022, la procedura da seguire da parte del giudice dell’esecuzione è quella “de plano” ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. cui può seguire l’eventuale opposizione davanti allo stesso giudice che procede nelle forme dell’art. 127 cod. proc. pen.” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 107), è necessario, “ai fini della riduzione della pena in esame, l’instaurazione di un sub procedimento esecutivo che, in base ai principi generali ed in assenza di previsioni in senso contrario, potrà essere introdotto anche dal pubblico ministero riguardando l’applicazione dello schema legale del trattamento sanzionatorio” Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 107).
È evidente, quindi, che il presupposto, per l’applicazione dell’ulteriore sconto di pena, è l’irrevocabilità della decisione di primo grado per mancata proposizione dell’impugnazione da parte dell’imputato (quando è ammessa l’impugnazione personale) e del difensore” (Cass. pen., sez. I, 10/03/2023, n. 16054) poiché la “riforma introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2022 ha (…) lo scopo di ridurre la durata del procedimento penale, favorendo la definizione della causa dopo la decisione di primo grado, così da non dare luogo alla fase delle impugnazioni (appello, ove previsto, o giudizio di legittimità) quando esse, alla luce della valutazione rimessa all’imputato e al difensore, non siano giustificate da un concreto interesse: a fronte della mancata impugnazione della sentenza di primo grado l’imputato otterrà, in sede esecutiva, una ulteriore riduzione di un sesto della pena irrogata” (ibidem).
Ad ogni modo, e in conclusione, va infine rilevato che la “diminuente di un sesto della pena inflitta nel caso di mancata impugnazione della sentenza resa all’esito del giudizio abbreviato, introdotto dalla riforma Cartabia, non si applica retroattivamente e non può essere chiesta nessuna restituzione nel termine per rinunciare al gravame posto che l’atto che impedisce l’accesso alla riduzione di pena è già stato compiuto e ha incardinato la fase dell’impugnazione, segmento che la norma premiale vuole evitare” (Cass. pen., sez. I, 10/03/2023, n. 16054).
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