Il presunto obbligo di deposito del fascicolo di primo grado nel giudizio di appello, non trova alcun riscontro nelle norme processuali, tanto è vero che l’art. 347 Cpc, che rimanda agli artt. 165 e 166 Cpc, prevede come la costituzione in appello debba essere effettuata mediante deposito del fascicolo di parte, contenente l’atto di appello e la sentenza appellata, e non anche il fascicolo di parte del precedente grado di giudizio.
Obbligo che, al contrario, chiaramente sussiste per il fascicolo d’ufficio, atteso che il cancelliere del giudice d’appello, ai sensi del terzo comma dell’art. 347 Cpc, deve richiedere la trasmissione del fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice di primo grado.
Questo il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, III sezione civile, Relatore dott. Stefano Olivieri, nell’ordinanza n. 23658, pubblicata in data 9.10.2017.
La vicenda giudiziaria sottoposta al vaglio della Suprema Corte, trae origini dalle decisioni del Tribunale di Roma prima, e della Corte di Appello poi, aventi ad oggetto il risarcimento dei danni da sinistro stradale, con veicolo non identificato.
La domanda veniva accolta in primo grado e, sull’appello proposto dalla compagnia di assicurazioni designata per la liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, la Corte d’Appello di Roma, rigettava il gravame.
Tanto anche sulla scorta del fatto che, la dedotta eccezione di inattendibilità dei testimoni escussi in primo grado – rinvenibile, a dire della compagnia di assicurazioni appellante, dal verbale di sopralluogo dei VV.UU. che avevano rilevato come nessuno dei testi sentiti risultava presente sul luogo – doveva ritenersi abbandonata, in considerazione del fatto che tale documento non risultava depositato nel fascicolo di parte appellante, bensì in quello dell’originario attore il quale, tuttavia, non avete provveduto al ri-deposito in appello.
Che, nondimeno, al Giudice di appello non fosse consentito sopperire all’inerzia della parte, ciò in quanto l’esercizio dei poteri di acquisizione d’ufficio risultava previsto esclusivamente nelle ipotesi di cui agli artt. 347, III co., Cpc (fascicolo d’ufficio di primo grado) e 123 bis disp. att. Cpc (avviso d’impugnazione alla cancelleria), entrambi inapplicabili al caso di specie.
Con ricorso per cassazione la compagnia di assicurazioni deduceva, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 165, 166, 359, 115 e 166, 347 comma 1 ed 88 Cpc, la violazione dell’art. 2697 Cc, nonché violazione dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost., in quanto, la Corte d’Appello, <<avrebbe dovuto ordinare all’appellato l’esibizione di eventuale documentazione ritenuta rilevante e da questi non riprodotta>>, in considerazione del fatto che questi aveva deliberatamente omesso il deposito del fascicolo di primo grado.
La Corte di Cassazione non condivide affatto gli assunti di parte ricorrente e rigetta l’impugnazione, condannando la stessa al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.
Nello specifico, il Supremo Collegio, nel confutare le affermazioni della ricorrente, evidenzia come <<l’assunto difensivo, volto ad ipotizzare la esistenza di un obbligo, posto a carico della controparte, di deposito in grado di appello del proprio fascicolo di primo grado, non trova riscontro nelle norme processuali (è appena il caso di rilevare come la costituzione in grado di appello, ex art. 347 comma 1 c.p.c. che rinvia agli artt. 165 e 166 c.p.c. mediante deposito del proprio fascicolo di parte attiene al fascicolo contenente l’atto di appello e la sentenza appellata ovvero la comparsa di risposta, dunque soltanto gli atti predisposti per quel grado di giudizio, e non anche il fascicolo di parte del precedente grado di giudizio), e si pone in evidente contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte che ha enunciato il principio di diritto -al quale il Collegio intende dare seguito- secondo cui l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso che l’appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all’altro esame della causa, ma una “revisio” fondata sulla denunzia di specifici “vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata: ne consegue che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà , ex art. 76 disp. att. cod. proc. civ., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perché questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell’altra parte, quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 28498 del 23/12/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 18205 del 28/08/2007; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6018 del 15/03/2011; id. Sez. L, Sentenza n. 1462 del 22/01/2013; id. Sez. U, Sentenza n. 3033 del 08/02/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 11797 del 09/06/2016)>>.
In altri termini, sostiene la Corte, <<nel caso in cui la critica mossa all’accertamento compiuto nella sentenza impugnata, venga ad essere fondata sulla prova documentale di un fatto, omesso od erroneamente apprezzato dal primo Giudice, ne segue che l’appellante che impugna la decisione, facendo valere quel fatto, è tenuto ad assicurare -nel materiale sottoposto al riesame del Giudice del gravame- anche il mezzo di prova di quel fatto, non venendo pertanto in questione alcuna inversione probatoria>>.
Ciò posto, è buona norma per l’appellante che intenda utilizzare nel giudizio di secondo grado un documento depositato nel fascicolo di controparte, e che ritenga evidentemente rilevante ai fini della decisione in appello, ai sensi dell’art. 76 disp. att. Cc, si faccia rilasciare dal cancelliere i documenti inseriti nel fascicolo d’ufficio e in quelli delle altre parti.
Ed invero, la possibilità per il convenuto in primo grado o dell’appellato di partecipare al giudizio, con la costituzione mediante il deposito del fascicolo di parte, <<è un diritto incondizionato attribuito dall’ordinamento alla parte, dal quale non è possibile derivare alcuna “sanzione” sul piano della regola del riparto dell’onere della prova>>.
Né può utilmente farsi riferimento dovere di lealtà e probità processuale, sancito dall’art. 88 Cpcc.p.c., non esistendo, come detto, alcun obbligo della controparte di costituirsi nel giudizio.
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