Si focalizzi, tuttavia, l’attenzione sulla prima forma di responsabilità sopra richiamata; essa si configura esattamente come responsabilità per danno, quand’anche dotata – per le ragioni che seguono – di sue proprie caratteristiche certamente riconducibili alla natura pubblicistiche che le è genuinamente tipica.
In altri termini, quella amministrativa – cui ci si riferisce e che rientra nell’ambito giurisdizionale della Corte dei Conti – è la responsabilità conseguente alla produzione – dolosa ovvero colposa – di un danno, quale derivante dalla commissione di un fatto illecito da parte di un soggetto che, rispetto alla pubblica amministrazione, si trovi in un rapporto c.d. di servizio.
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Caratteristiche tipiche della responsabilità amministrativa
Ciò premesso in termini generali, si prosegua con il dire che la caratteristica tipica della responsabilità amministrativa in esame – con riferimento all’elemento oggettivo della stessa – si sostanzia nel danno di natura squisitamente erariale, consistente nel danneggiamento ovvero nella perdita dei beni e/o di denaro, patito dall’amministrazione di appartenenza del soggetto agente ovvero da altra amministrazione; laddove, peraltro, quel medesimo danno erariale, può riguardare, oltre che – come detto – l’amministrazione in forma diretta, anche – indirettamente – un soggetto terzo rispetto al quale, in forza di accordi transattivi ovvero sentenza di condanna, l’amministrazione di riferimento sia tenuta comunque al risarcimento.
In altri termini, dunque, la responsabilità amministrativa in esame si configura sia quando l’amministrazione abbia direttamente subito il danno, certamente imputabile ad un comportamento – dolosamente o colposamente – tenuto dal suo dipendente, sia quando lo stesso comportamento abbia prodotto i suoi effetti lesivi in forma indiretta e, cioè, quando l’amministrazione abbia – a causa di quel fatto e dell’evento che ne è conseguito – dovuto risarcire un soggetto terzo così danneggiato dal suo stesso dipendente.
Al verificarsi del sopra descritto danno erariale indiretto, infatti, il terzo privato – e, cioè, estraneo alla pubblica amministrazione – che abbia subito la lesione di un proprio diritto a causa di un fatto doloso ovvero colposo commesso da un pubblico dipendete è tutelato nella misura in cui egli è legittimato ad agire – innanzi al giudice ordinario ovvero al giudice amministrativo – al fine di ottenere il risarcimento del danno così subito.
La tipicità del giudizio
La peculiarità del giudizio eventualmente e ragionevolmente intrapreso dal privato danneggiato consiste nel fatto che quest’ultimo, oltre a poter convenire colui che materialmente ha cagionato il danno – il pubblico dipendente –, può fare lo stesso con riferimento proprio all’amministrazione che al pubblico dipendete agente sia legata dal sopra richiamato rapporto di servizio.
È esattamente questo rapporto organico che lega il pubblico dipendente all’amministrazione a giustificare il fatto che – nella stragrande maggioranza dei casi concreti – sia proprio quest’ultima ad essere condannata al risarcimento del danno commesso dal medesimo suo dipendente; e ciò in quanto è sempre la pubblica amministrazione a figurare quale soggetto maggiormente solvibile.
Ne deriva – come sopra anticipato – che alla sentenza di condanna eventualmente emessa dal giudice adito segue l’obbligo della pubblica amministrazione di riferimento di procedere alla liquidazione del danno a favore del terzo giudizialmente vittorioso.
Riferimento normativo: Art. 28 della Cost.
Orbene, nei termini con i quali sopra si è proceduto a descriverla, la responsabilità amministrativa per danno erariale indiretto ha quale parametro normativo fondamentale di riferimento l’articolo 28 della Costituzione in forza del quale – testualmente – i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti i violazione di diritti.
In tali caso la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
È vero anche che, stando ad un interpretazione meramente letterale della sopra enunciata diposizione costituzionale, si debba concludere con l’affermazione dell’esistenza di una responsabilità primaria del pubblico dipendente danneggiante e di una responsabilità unicamente sussidiaria dell’amministrazione pubblica cui esso è legato; e ciò con la conseguenza che il terzo danneggiato sia propriamente obbligato ad agire – in via preventiva – contro il pubblico dipendente e poi – in via secondaria – contro l’amministrazione.
Ad ogni buon conto, la realtà pratica giudiziaria ha favorito il consolidamento di una diversa interpretazione dell’articolo 28 della Costituzione in esame, onde evitare che sul dipendente pubblico si concentri il peso eccessivamente oneroso consistente nella mancata accettazione del rischio di adottare iniziative così da non incorrere in qualsivoglia forma di responsabilità.
Può allora dirsi che dal fatto dannoso del dipendente nascano automaticamente due forme di responsabilità dirette: quella del dipendente medesimo e quella dell’amministrazione; l’unico fondamentale presupposto essenziale ai fini della sussistenza di questa che impropriamente potremmo chiamare doppia responsabilità è l’esistenza del rapporto organico di servizio che lega i due soggetti.
La competenza della Corte dei Conti
Il medesimo rapporto di servizio si configura, altresì, come il parametro identificativo ed il criterio inconfutabile dal quale dedurre la competenza giurisdizionale della Corte dei Conti, con riferimento all’azione esperibile dall’amministrazione che – liquidato, in forza di una sentenza di condanna ottenuta in sede di giudizio civile, il danno a favore del terzo danneggiato dal suo dipendente – decida di instaurare un giudizio nuovo ed autonomo rispetto a quello civile di cui sopra – e con il quale non va in alcun modo confuso – onde procedere con l’accertamento della responsabilità amministrativa del suo medesimo dipendente.
È pur vero, tuttavia, che – anche in sede di giudizio promosso, stavolta, dall’amministrazione e svolto innanzi alla Corte dei Conti – il pubblico dipendente è chiamato a rispondere dei medesimi fatti sui quali è stata già accertata la sua responsabilità nella diversa sede civile; da qui deriva, allora, la disciplina di cui agli articoli 7 e 9 della legge n. 24 del 2017 che, sul punto, è illuminate e fondamentale.
La medesima disciplina, sebbene posta riferimento ad una specifica responsabilità – quella civile del sanitario e della struttura di appartenenza verso i pazienti – si applica analogicamente alla fattispecie generale e generica riconducibile al rapporto organico pubblico dipendente-amministrazione.
In conclusione
Si dica, quindi, alla luce della sopra richiamata disciplina – e così da avere un quadro puntuale del giudizio di responsabilità amministrativa svolto, per le ragioni e nei termini sopra descritti, innanzi alla Corte dei Conti –, che, in tale nuovo giudizio il giudice contabile possa legittimamente desumere gli argomenti di prove proprio da quelle assunte nell’ambito del giudizio civile promosso dal danneggiato nei confronti del pubblico dipendente e dell’amministrazione; ciò, tuttavia, solo se e nella misura in cui il medesimo pubblico dipendente danneggiante abbia preso parte al relativo giudizio.
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