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Premessa
L’ordinanza n. 5055 del 24 febbraio 2021 affronta la questione della richiesta dell’assegno divorzile nell’ambito del giudizio di revisione e della conseguente disamina dei presupposti ai fini del riconoscimento di detto assegno.
La pronuncia in commento rammenta che l’autorità competente a giudicare se la domanda ex art. 9 l. 898/1970 possa trovare accoglimento definendo il contributo deve tener conto del tempo in cui si sia verificato il peggioramento economico, escludendo pertanto le richieste formulate sulla scorta delle condizioni sussistenti già al momento della sentenza di divorzio.
Accanto a dette considerazioni occorre richiamare i principi dettati in materia di assegno divorzile e, nella specie, l’effettivo contributo personale ed economico fornito dal coniuge alla conduzione della vita familiare, nonché alla formazione del patrimonio di ciascun coniuge e di quello comune, anche in rapporto alla durata del matrimonio.
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La vicenda
Il Tribunale di Bari con decreto del 9 dicembre 2014, pronunciandosi sul ricorso presentato ai sensi dell’art. 9 l.898/1970, rigettava le domande formulate dall’ex moglie aventi ad oggetto l’attribuzione dell’assegno divorzile, l’aumento del contributo paterno per il mantenimento dei figli minori e il pagamento delle spese condominiali relative alla casa familiare, e rigettava le domande riconvenzionali proposte dal marito il quale a sua volta chiedeva la riduzione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli e la revoca dell’assegnazione della casa coniugale all’ex moglie.
Successivamente la Corte d’Appello di Bari, con decreto n. 832/2016, accoglieva parzialmente il reclamo principale proposto dalla moglie e disponeva a carico dell’ex marito l’onere di corrispondere alla reclamante € 600,00 oltre rivalutazione annuale ISTAT quale assegno divorzile, nonché la contribuzione alle spese straordinarie nella misura del 70%.
La decisione della Corte d’Appello di Bari si fondava sull’individuazione di una situazione di notevole difficoltà economica della moglie rispetto a quella sussistente al tempo della separazione e del divorzio, di converso accertava la capacità reddituale ed economico- patrimoniale del marito oggettivamente più elevata. Avverso tale decreto il marito soccombente proponeva ricorso per Cassazione.
Il ragionamento della Corte
Il ragionamento promosso dalla Corte parte dall’assunto che la richiesta di assegno divorzile formulata dalla moglie trova giustificazione proprio nella finalità perseguita dal giudizio di revisione ex art. 9 l.n. 898/1970 che direttamente e immediatamente incide sulle precedenti statuizioni inter partes di ordine economico e determina conseguentemente la modifica ove sussistano giustificati motivi sopravvenuti.
L’orientamento del supremo consesso intende dare continuità alla linea già tratteggiata da Cass. N. 108/2014 e Cass. 25327/2017, con la quale si stabiliva che l’assegno divorzile non richiesto in sede di divorzio possa essere oggetto di richiesta mediante ricorso ex art. 9 l. n. 898/1970 qualora venga provato per la prima volta il diritto dell’ex coniuge a godere dell’assegno divorzile.
I presupposti sottesi all’applicazione di detto assegno sono quelli enucleati dalle Sezioni Unite con sent. n.18287/2018.
Ratio di ciò è la funzione assistenziale, compensativa e perequativa dell’assegno divorzile, che discende direttamente dalla declinazione del principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, e che sopperisce allo status in cui versa l’ex coniuge, di inadeguatezza di mezzi e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive ed impone una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti.
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