Giudizio immediato; richiesta di giudizio abbreviato; decorrenza dei termini di custodia cautelare

Premessa

Il giudizio immediato è un rito alternativo del procedimento penale che si pone in una zona intermedia tra il rito direttissimo e quello ordinario.

La struttura del rito immediato è tale da incidere sull’udienza preliminare, nel senso che si connota per la richiesta diretta, da parte del pubblico ministero, dell’emissione del decreto di citazione a giudizio senza dare luogo all’udienza preliminare.

In tale evenienza viene meno il contraddittorio delle parti sulla richiesta di rinvio a giudizio, atteso che detta richiesta si basa su prove evidenti (Artt.453 e segg. Cpp), tali da non dare luogo alla discussione.[1]

Quale corollario di una simile impostazione accusatoria si è tuttavia previsto nell’art.456 del codice di rito, a garanzia dell’imputato, che il decreto di giudizio immediato deve contenere l’avviso che quest’ultimo può chiedere il giudizio abbreviato, nelle forme e nei termini di cui al successivo art.458, ovvero l’applicazione della pena a norma dell’art.444 del Cpp.

Ci si è chiesti da più parti, peraltro, quando debbano decorrere i termini di fase della custodia cautelare nell’ipotesi di richiesta di giudizio abbreviato c.d. semplice – cioè non condizionato ad alcuna forma di integrazione probatoria – avanzata a seguito del decreto di giudizio immediato[2].

Sul punto si è pronunciata di recente la Suprema Corte con la sentenza in epigrafe che, nel tentativo di fornire precisazioni a riguardo, ha finito per devolvere la risoluzione della questione alle Sezioni Unite.

 

La vicenda

A seguito del decreto di giudizio immediato emesso dal giudice per le indagini preliminari, l’imputato in vinculis presentava nei termini richiesta “semplice” di giudizio abbreviato.

Veniva pertanto disposto un nuovo decreto di fissazione della relativa udienza ex art.458, co.2 Cpp, dove il giudice, con ordinanza, disponeva la celebrazione del rito speciale prescelto.

In un secondo momento, l’imputato presentava istanza di scarcerazione essendo, a suo dire, decorsi i termini massimi di custodia cautelare di cui all’art.303, comma 1, lett.b-bis) del Cpp.[3]

Le argomentazioni spese dall’imputato ristretto in custodia cautelare, facevano leva sulla circostanza che, nella fattispecie, il termine di fase dovesse corrispondere alla data del decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio di cui all’art.458, co.2 Cpp, sostanziandosi in un atto essenzialmente equivalente alla formale ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, resa dal giudice ai sensi dell’art.438, comma 4, Cpp.[4]

Il giudice nondimeno, rigettava l’istanza avanzata dall’imputato sul presupposto che il termine di fase avesse cominciato a decorrere dal momento dell’emissione dell’ordinanza di cui all’art.438, co.4 e non già da quello dell’emissione del decreto di fissazione dell’udienza ex art.458 co.2 Cpp.

Con atto di appello ex art.310 Cpp l’imputato si rivolgeva pertanto al Tribunale della Libertà che dichiarava nulla la decisione gravata, precisando che nel caso di domanda di rito abbreviato non subordinata ad integrazione probatoria avanzata dall’imputato successivamente alla notificazione del decreto di giudizio immediato, il relativo decreto di fissazione dell’udienza ex art.458, co.2, “presupponendo una doverosa verifica dei requisiti di ammissibilità della richiesta, equivarrebbe all’ordinanza di disposizione del giudizio abbreviato e, pertanto, segnerebbe l’inizio del computo dei termini di durata massima della custodia cautelare”.

Il pubblico ministero – di parere evidentemente contrario – aveva poi presentato ricorso per cassazione avverso tale decisione, reclamando la violazione dell’art.303, comma 1, lettera b-bis) del Cpp.

 

La decisione della Suprema Corte

Nel motivare la propria risoluzione, la Corte si è dapprima soffermata saggiamente sugli eventuali approcci alla tematica sottoposta al proprio vaglio di legittimità.

Si è così inizialmente domandata se debba ritenersi corretto che, disposta la fissazione dell’udienza ai sensi dell’art.458, comma 2 Cpp, il relativo giudizio abbreviato possa ritenersi accolto de plano, di modo che la stessa udienza si prospetterebbe già come celebrazione del rito speciale e la relativa richiesta formulata dall’imputato non potrebbe essere più modificata.

Per converso invece, si è altresì chiesta la Corte se debba ritenersi che il provvedimento di fissazione dell’udienza sia un mero atto interlocutorio, dato che scopo dell’udienza sarebbe proprio quello di ammettere la discussione in contraddittorio sulla richiesta del rito speciale prescelto, conseguendo a ciò che l’imputato debba necessariamente specificare o rettificare in detta sede la propria richiesta dinnanzi al giudice, mediante l’assistenza del difensore.

Ed ancora, se possa piuttosto ritenersi valido sostenere che il decreto di fissazione dell’udienza reso ai sensi dell’art.458 co.2 del Cpp, comporti una netta differenziazione della specifica funzione dell’udienza, a seconda che la richiesta del rito speciale venga subordinata o meno ad integrazione probatoria.

Nel tentare di fornire una possibile soluzione ai quesiti prospettati, la Corte ha deciso di adottare una linea di approccio di carattere sistematico, analizzando le sostanziali divergenze tra il decreto di fissazione dell’udienza ex art.458, co.2 Cpp e l’ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato di cui all’art.438 co.4 dello stesso codice.

Mentre il primo, infatti, include solamente l’indicazione della data di udienza e non può ritenersi vincolante per il giudice, che è necessariamente differente da quello chiamato alla funzione giudicante, la seconda rappresenta invece il vero e proprio provvedimento motivato (sebbene succintamente) che ammette formalmente e inderogabilmente il giudizio.

Detto provvedimento, inoltre, incide sull’apprezzamento della celerità e della ritualità della domanda di giudizio abbreviato semplice, nonché della concreta ineluttabilità di integrazione probatoria nel caso di richiesta condizionata.

La Corte, sulla base di tale prospettiva, perviene all’affermazione che l’idea del computo dei termini custodiali di fase ancorato a soluzioni difformi a seconda della tipologia della richiesta di giudizio abbreviato, deve tenere comunque conto del tenore letterale dell’art.303, comma 1, lett.b-bis) Cpp, nonché della sostanziale omogeneità del giudizio abbreviato e che, quindi, detta considerazione non è poi così agevole e lineare.

Ed invero, accostando il provvedimento reso nel contraddittorio instaurato in udienza al decreto emesso invece de plano, si finirebbe per sottrarre paradossalmente all’imputato l’utilizzo degli strumenti processuali necessari per regolare e specificare in contraddittorio la sua primitiva istanza, mettendo a frutto la difesa tecnica.

Le motivazioni logico-sistematiche della Corte tuttavia si fermano a questo punto, dovendo giocoforza rilevare in sentenza la presenza di orientamenti giurisprudenziali di segno diametralmente opposto[5].

Al fine di ovviare il pericolo di dare corpo ad un forte contrasto giurisprudenziale, attesa la delicatezza della vexata quaestio, la Corte pertanto si è limitata a devolverla ex art.618 Cpp alle Sezioni Unite, dalle quali si attende ora una risoluzione decisiva.

L’intervento delle Sezioni Unite dovrà a questo punto specificare se, nel caso di richiesta di giudizio abbreviato “semplice” presentata in seguito all’emissione del decreto di giudizio immediato, i termini di durata della custodia cautelare di cui all’art.303, co.1, lett.b-bis) del Cpp decorrano a partire dall’emissione del provvedimento mediante il quale, nel corso dell’udienza fissata ai sensi dell’art.458, co.2, Cpp, il giudice per le indagini preliminari disponga procedersi nelle forme del giudizio abbreviato, ovvero già a partire dal momento dell’ emissione del decreto di fissazione dell’udienza medesima.

 

Bibliografia:

E.APRILE, Le misure cautelari nel processo penale, Milano 2006; R.BRICCHETTI-L.PISTORELLI, Il giudizio abbreviato. Profili teorico-pratici, Milano 2005; D.LACCHI, la decorrenza dei termini custodiali nel giudizio abbreviato, in Giur.it., 2002; La Procedura penale, CEDAM, 2009; Dir.pen.e proc., 4/2011.

 

[1] Nella relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale si era affermato che: “analogamente al giudizio direttissimo, il giudizio immediato è espressione ulteriore della accentuazione delle caratteristiche accusatorie del nuovo processo penale, indicata dalla mancanza della udienza preliminare…Deve però precisarsi che è proprio questo l’elemento caratterizzante il giudizio immediato e non la mancanza delle indagini preliminari che possono e devono svolgersi secondo le regole generali…”.

[2] Art.458 Cpp. 1: L’imputato, a pena di decadenza, può chiedere il giudizio abbreviato depositando nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta, con la prova dell’avvenuta notifica al pubblico ministero, entro quindici giorni dall’avvenuta notificazione del decreto di giudizio immediato.

2. Se la richiesta è ammissibile, il giudice fissa con decreto l’udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all’imputato,al difensore e alla persona offesa…

[3] Art.303: La custodia cautelare perde efficacia quando:….b bis) dall’emissione dell’ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato…sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza ai sensi dell’art.442…

[4] Art.438, comma 4: Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.

[5] Cfr.nel senso dell’equiparazione tra decreto ex art.458, co.4 Cpp ed ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, Cass.pen.sez.II, 18 febbraio 2009, p.m. in c. B.M.S.; in senso contrario peraltro, Cass.pen.sez.VI, 20 dicembre 2006, Bernardini; Cass.pen.sez.VI, 12 dicembre 2003, L.P.F. inedita; per un riferimento al provvedimento che abbia forma di ordinanza, quale referente per il termine di fase ex art.303, comma 1, lett.b-bis) Cpp, v.Cass.pen.sez.I, 14 ottobre 2009, P.F.

Avv. Buzzoni Alessandro

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