Giustizia in Europa e mediazione

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La giustizia in Europa è stata per molto tempo un affare di élite, con un numero di controversie limitato, costi proporzionati e durata accettabile. Nell’era della globalizzazione questo scenario cambia. I diritti che è possibile far valere in giudizio, non sono naturali, come insegna Norberto Bobbio, essi sono storici e nascono in epoche e contesti diversi.

Si parla di law explosion per indicare quel fenomeno recente, conseguenza del riconoscimento di un nuovo ventaglio di diritti, da quelli dei consumatori a quelli di genere, dai diritti delle minoranze a quelli legati allo sviluppo dell’informatica e delle telecomunicazioni, che hanno portato a un numero illimitato di controversie dalla durata incontrollabile. Si sono quindi affacciate alla discussione giuridica le ADR (Altenative Dispute Resolutions), come metodo di composizione delle controversie “alternative” al processo di cognizione davanti al giudice statale. Il riconoscimento esplicito è contenuto nella Direttiva 2008/52/CE, cui segue il Dlgs 28/2010 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali).
I paesi dell’UE, su questa base giuridica, possono e devono definire regole di procedura che consentano alle parti di una controversia di tentare esse stesse di raggiungere un accordo sulla risoluzione della propria controversia con l’assistenza di un mediatore e di ottenere un accordo esecutivo. Ciò comporta il riconoscimento reciproco dell’accordo di mediazione in tutta l’UE, alle stesse condizioni di quelle stabilite per le decisioni giudiziarie, allo scopo di garantire la libertà di circolazione delle persone. La Comunità deve adottare, infatti, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.
Il principio dell’accesso alla giustizia è fondamentale e, al fine di agevolare un miglior accesso alla giustizia, il Consiglio europeo già nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre dell’ormai lontano 1999 invitò gli Stati membri ad istituire procedure extragiudiziali e alternative, norme minime che garantissero ovunque un livello adeguato di assistenza giudiziaria nelle cause transnazionali.
Si trattò, in principio, di quelle di piccola entità riguardanti i consumatori, le obbligazioni alimentari e i crediti non contestati, oggetto della Raccomandazione della Commissione 98/257/CE sui principi applicabili agli organi responsabili per la soluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. Sullo stesso tema, diventato via via più rilevante, è la successiva Raccomandazione 2001/310/CE del 4 aprile 2001, seguita dal Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee sulle ADR del 19 aprile 2002, contenente altresì aperture alla mediazione familiare 19.04.2002 COM (2002). Si delinea così un sistema di Informal justice che trova nell’ascolto dei bisogni delle parti i suoi punti di forza, sul presupposto che gli accordi raggiunti dalle parti abbiano più possibilità di essere da queste rispettati.
La mediazione, afferma il considerando 19 della Direttiva 2008/52, non è da intendersi come un’alternativa deteriore rispetto al procedimento giudiziario, e deve essere incoraggiata. Si configura uno strumento pienamente idoneo, sul piano dei risultati e dell’efficacia, a soddisfare gli interessi delle parti.
Attualmente, negli Stati membri la mediazione è in fasi di sviluppo differenti, ma ovunque si pone il problema di facilitare e semplificare l’accesso alla giustizia, poiché anche in conseguenza della aumentata mobilità interna delle persone e degli operatori economici, il numero di controversie portate davanti ai giudici cresce, indipendentemente dal valore della controversia.
La mediazione è più rapida dei procedimenti giudiziari e, quindi, di norma meno costosa di questi.
Per questa ragione tale mezzo di risoluzione delle controversie, alternativo alle decisioni giudiziarie, ha un crescente seguito, nonostante le diversità presenti all’interno dell’Unione europea quanto ai settori e ai metodi della mediazione.
Si ricordano le norme dell’art. 6 CEDU Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole” e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea “Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente” (Carta di Nizza, avente valore giuridico uguale a quelli dei Trattati istitutivi, dopo la ratifica del Trattato di Lisbona del 2008).
Nel 2013 l’UE ha pubblicato due nuovi atti legislativi sui modi alternativi di risoluzione delle controversie:
La direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie che assicura che i consumatori abbiano accesso a organismi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) di elevata qualità per tutti i tipi di controversie contrattuali con i commercianti. Per garantire tale accesso, i paesi dell’UE devono istituire infrastrutture ADR nazionali entro gennaio 2016. La mediazione è una delle varie forme di ADR;
Il Regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ODR per i consumatori) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi», COM(2013) 401 final dell’11.6.2013.

L’obiettivo di garantire un migliore accesso alla giustizia comprende l’accesso ai metodi extragiudiziali di risoluzione delle controversie, in particolare la disponibilità dei servizi di mediazione, la quale fornisce una risoluzione conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale, purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti.

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