Gli Appalti pubblici verdi (“Green Public Procurement” o “GPP”) consistono in misure di atte ad applicare criteri ambientali nelle procedure di acquisto di beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione.
In particolare, siffatte misure di politica ambientale permettono alla Stazione Appaltante di scegliere beni e prodotti aventi impatto minimo, o quanto meno ridotto, sull’ecosistema. Tali strumenti sono in linea con la pregnanza che assume, sia a livello comunitario che nazionale, la tutela finanche preventiva del bene giuridico “ambiente”, che spinge gli ordinamenti a preferire soluzioni legislative che comportino un più basso consumo di spesa energetica e un minore dispendio di risorse naturali, nell’ottica di agevolare lo sviluppo sostenibile.
Appalti Verdi nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici
Introdotto dapprima, a livello sovranazionale, dal “Libro Verde sulla politica integrata dei prodotti” risalente al 1996, approdò nel panorama legislativo italiano grazie alla Direttiva 2004/18/CE, ma fu solo con la Legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” (c.d. “collegato ambientale” alla Legge di stabilità 2016) che gli “acquisti verdi” della Pubblica Amministrazione assunsero un carattere obbligatorio.
Attualmente, l’art. 34 del D. Lgs 50/2016, successivamente modificato dall’art. 23 del decreto correttivo n. 56/2017, prescrive la contribuzione, da parte delle stazioni appaltanti, al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della P.A. attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara − per gli affidamenti di qualsiasi importo − almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi (cd. “CAM”), adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Inoltre, i criteri ambientali minimi definiti dal predetto decreto, in particolare i criteri premianti, devono essere tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ex art. 95, comma 6, D. Lgs. 50/2016 e, nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i suddetti criteri ambientali minimi devono essere tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (art. 34, comma 2, D. Lgs. 50/2016).
Invero, precisa il Codice che l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi tra i quali si annoverano anche i criteri ambientali, che contemplano, a loro volta, al loro interno, i criteri relativi al contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto, ovvero al possesso di un marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, ovvero, ancora, al costo di utilizzazione e manutenzione, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita del bene offerto, con l’obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione (Cfr. art. 95, comma 6, D. Lgs. 50/2016).
In aggiunta, la norma dal tenore ermeneutico di cui all’art. 96, comma 1, D. Lgs. 50/2016 specifica che i citati “costi del ciclo di vita” del prodotto, servizio o lavoro comprendono i costi, o parti di essi, legati al ciclo di vita di un bene, attinenti, all’acquisizione, all’utilizzo (quali consumo di energia e altre risorse), alla manutenzione e relativi al fine vita, come i costi di raccolta, di smaltimento e di riciclaggio, sostenuti dall’Amministrazione o da altri utenti, come anche i costi imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita, purché il loro valore monetario possa essere determinato e verificato (i quali possono comprendere, a loro volta, i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti, nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici).
Come si è visto, l’applicazione di tali criteri ambientali minimi si dipana per tutto il ciclo di vita del prodotto o servizio offerto, in pieno ossequio della ratio a cui si informa il Piano d’azione Nazionale sugli acquisti verdi (adottato con il D.M. dell’11 aprile 2008), che individua gli obiettivi strategici di politica ambientale declinandoli in tre punti: 1) efficienza e risparmio nell’uso delle risorse, in particolare dell’energia e conseguente riduzione delle emissioni di CO2; 2) riduzione dell’uso di sostanze pericolose; 3) riduzione quantitativa dei rifiuti prodotti.
Nondimeno, sempre su impulso comunitario, l’attuale normativa di settore permette, di regola, riduzioni dell’importo della garanzia fideiussoria, provvisoria e definitiva, a favore degli operatori economici in possesso di specifiche etichette e certificazioni ambientali, quali UNI ENISO14001 o Ecolabel (artt. 93 D.lgs. 50/2016).
Anac e criteri ambientali minimi
Il Nuovo Codice ha inteso, inoltre, attribuire all’Autorità Nazionale Anticorruzione il compito di vigilare sull’applicazione dei criteri ambientali minimi de quibus e sul raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano d’azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (Art. 213 D. Lgs. 50/2016). Tale previsione risulta in linea con il ruolo che nel nostro ordinamento già riveste l’Anac, che si concretizza nel monitoraggio e nella vigilanza sui contratti pubblici e nell’attività di regolazione degli stessi (a seguito dell’abolizione dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici).
Pochi mesi or sono, l’Anac ha siglato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare un Protocollo di intesa per assicurare la sostenibilità ambientale degli acquisti delle Pubbliche Amministrazioni. Esso riguarda, precipuamente, la definizione delle eventuali informazioni necessarie al monitoraggio sia nella fase di aggiudicazione che di esecuzione dei contratti pubblici, nonché la definizione di indicatori di criticità nella fase esecutiva dei contratti e di criteri di sostenibilità ambientale anche al fine dell’individuazione di casi specifici da inserire nei piani di vigilanza ANAC; la condivisione di atti di indirizzo, linee guida, clausole-tipo per bandi e capitolati e simili atti, che verranno ritenuti necessari ai fini di una ottimale attuazione delle norme in materia di sostenibilità ambientale degli acquisti pubblici; la collaborazione alla realizzazione di iniziative formative per i funzionari della P.A.
Il MATTM, per di più, perseguendo sempre la finalità di una migliore applicazione dei CAM e rendere più agevole l’osservanza dell’obbligo di legge sugli acquisti verdi, ha siglato altri due Protocolli, di cui uno con la Conferenza delle Regioni, al fine di condurre una più organica collaborazione istituzionale per la promozione degli acquisti verdi a livello dei singoli territori, grazie anche al supporto tecnico delle ARPA/APPA, e il secondo con UnionCamere, finalizzato ad aumentare la competitività degli operatori economici verso gli obiettivi di economia circolare e di sviluppo sostenibile.
Problemi e prospettive
Sfortunatamente, pare che attualmente diverse circostanze, tra cui la scarsa conoscenza di questi strumenti, la farraginosità delle procedure e l’immaturità del mercato, abbiano vanificato il rispetto dell’obbligo di legge involgente il rispetto dei criteri minimi ambientali.
Tale violazione può comportare pesanti conseguenze per l’azienda concorrente, la quale rischia addirittura di perdere l’aggiudicazione. E’ quanto stabilito pochi giorni fa dal TAR Toscana, in una pronuncia in cui i giudici fiorentini hanno statuito che la stazione appaltante è tenuta ad escludere dalla gara per la fornitura di prodotti di illuminazione le imprese che propongono offerte non rispettose dei CAM prescritti dal bando (TAR Toscana, sentenza 14 maggio 2018 n. 645).
Probabilmente, incisivi interventi legislativi di detassazione ambientale e di incentivazione fiscale potrebbero avere l’effetto di favorire l’attivazione di processi di formazione aziendale per educare alla cultura legislativa e fiscale ambientale (focalizzati sui vantaggi e gli svantaggi che derivano alle aziende a seconda che si ottemperi o meno alle prescrizioni in vigore), nonché, di conseguenza, di incoraggiare il rispetto dell’obbligatorietà che connota la descritta normativa di settore.
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