Gli interessi usurari e l’applicabilità della L. n. 108/1996

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La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 2484 depositata il 31 gennaio 2017 (Presidente: M.C. Giancola – Relatore: M. Acierno), ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite Civili in relazione al contrasto sorto in ordine alla applicabilità dei criteri fissati dalla L. n. 108 del 1996 per la determinazione degli interessi usurari ai contratti di mutuo ancora pendenti alla data di entrata in vigore della menzionata legge, anche in considerazione degli effetti della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1, del D.L. n. 394 del 2000 (conv., con modif., nella L. n. 24 del 2001).

 

La prima indagine effettuata dalla Corte è stata quella di appurare l’applicabilità della normativa antiusura al contratto di mutuo fondiario, regolato ratione temporis, dal D.P.R. n. 7 del 1976.

Il Supremo Collegio ritiene che il regime derogatorio della disciplina legale imperativa all’ambito di esplicazione dell’autonomia negoziale in ordine all’applicazione degli interessi passivi, moratori o compensativi, sia limitato alla non vigenza per i contratti di mutuo fondiario del divieto di anatocismo.

 

I giudici traggono tale conclusione dall’esame dell’art. 14 del su citato D.P.R. che afferma:

Il pagamento delle rate di ammortamento dei prestiti non può essere ritardato da alcuna opposizione.

Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza.

La misura degli interessi di mora da corrispondersi dai mutuatari agli enti sulle somme dovute e non pagate, stabilita dal primo comma dell’art. 2 della legge 17 agosto 1974, n. 397, può essere modificata con decreto
del Ministro per il tesoro, sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio”.

 

Ebbene, tale deroga, non è più vigente, così come ha evidenziato la Suprema Corte  nella sentenza n. 11400 del 2014, avendo il credito fondiario perso quelle peculiarità (provvista fornita attraverso il sistema delle cartelle fondiarie) nelle quali risiedevano le ragioni di sottrazione al divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c..

 

L’applicazione ratione temporis del su citato art. 14 non autorizza tuttavia a ritenere che limitatamente ai contratti mutuo fondiario si possa eludere il divieto di applicazione di tassi usurari in ordine agli interessi corrispettivi dovuti in virtù dell’accensione di un mutuo.

 

La natura del divieto, la sua inderogabilità assoluta, la sanzione penale che ne accompagna la violazione ex art. 644 c.p. e la correlata sanzione civile della non debenza di alcun interesse in caso di superamento del tasso soglia ai sensi dell’art. 19815, comma secondo, c.c., inducono a ritenere che il sistema antiusura possegga un’applicabilità generale e non possa desumersene alcuna deroga in via interpretativa essendo necessaria un’espressa indicazione legislativa contraria.

Una volta stabilito che possa applicarsi anche ai contratti mutuo fondiario la normativa antiusura, la Corte si interroga sulla adattabilità di tale normativa anche  ai contratti sorti prima dell’entrata in vigore della L. 108 del 1996.

 

A tal proposito è intervenuta la legge d’interpretazione d’autentica introdotta dall’art. 1 del D.L. n. 394 del 2000, convertito nella L. n. 24 del 2001, che ha stabilito che, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del c.p. e dell’art. 1815, comma secondo, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.

La Consulta ha dichiarato tale norma costituzionalmente legittima con la sentenza n. 29 del 2002 e la fattispecie sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale è identica a quella oggetto dell’ordinanza interlocutoria in esame.

 

Gli Ermellini sottolineano però come, nonostante l’intervento legislativo d’interpretazione autentica e l’avallo della Consulta gli orientamenti giurisprudenziali, in particolare quelli della giurisprudenza di legittimità, siano in netto contrasto.

 

Uno degli orientamenti esclude che, all’esito della interpretazione autentica intervenuta ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 394 del 2000, convertito nella L.  n. 241 del 2001, il superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi originariamente convenuti in modo legittimo in corso di esecuzione del rapporto  possa determinare ai sensi degli artt. 1339 e 1418 c.c. la riconduzione entro il predetto tasso soglia stabilito dalla legge così come integrata dai decreti ministeriali periodicamente emanati al riguardo.

In particolare, questo orientamento valorizza l’art. 1 del D.L. n. 394 del 2000, ponendo l’accento sulla locuzione “indipendentemente dal loro pagamento”.

 

E così la legittimità del tasso convenzionalmente pattuito dispiega la sua efficacia per tutta la durata del contratto nonostante l’eventuale sopravvenuta disposizione imperativa che per una frazione o per tutta la durata del contratto successiva la suo sorgere ne rilevi la natura usuraria a partire da quel momento in poi.

 

Questo orientamento, che si è formato analizzando fattispecie consistenti in contratti di mutuo stipulati prima dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, ha trovato conferma nella recente sentenza n. 801 del 2016 che ha affermato che i criteri fissati dalla legge antiusura non si applicano alle pattuizioni degli interessi anteriori alla entrata in vigore della legge.

 

La Corte fa menzione di numerose pronunce che affermano i medesimi principi ma che riguardano rapporti del tutto esauriti e non ancora in corso al momento della vigenza della L. n. 108 del 1996 (cfr. ex plurimis Cass., 25 marzo 2003, n. 4380; Cass., 19 marzo 2007 n. 6514 e 17 dicembre 2009, n. 26499).

 

A questo orientamento si è contrapposto quello affermato nella pronuncia n. 17150 del 2016, in base al quale le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura, pur non essendo retroattive, comportano l’inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d’ufficio dal giudice, che il rapporto giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito.

 

Gli Ermellini osservano che la su menzionata sentenza, unitamente ad altre relative ad identiche fattispecie, non contengono nella loro parte motiva alcun riferimento né alla citata norma d’interpretazione autentica, né al successivo avallo della Consulta, cosa che fanno, al contrario, le sentenze di segno opposto.

 

La Suprema Corte, quindi, con il provvedimento in commento, evidenziando il radicale “contrasto sincronico” trai due contrapposti orientamenti, ha deciso di rimettere la causa la Primo presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.

 

Sentenza collegata

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Avv. De Luca Maria Teresa

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