Graduatorie docenti, quale giurisdizione sul contrarius actus di autotutela

Caudullo Dino 18/06/20
Si torna a parlare di giurisdizione in tema di graduatorie del personale docente, precisamente di graduatorie di istituto, con il recente intervento del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana (sent. 289 del 18.05.2020).

Già la Corte di Cassazione (SSUU n. 21198/2017) aveva marcato la distinzione tra le graduatorie ad esaurimento e le graduatorie di istituto del personale docente, nel senso di escludere, per le prime, l’inerenza delle relative controversie tanto allo svolgimento di attività autoritativa della P.A., quanto a procedure concorsuali per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni, concludendo quindi per la giurisdizione del Giudice Ordinario.

Di contro, relativamente alle graduatorie di istituto, le SS.UU. erano giunte alla conclusione opposta, rilevando come rispetto ad esse, ricorrono tutti gli elementi caratteristici della procedura concorsuale pubblica: il bando iniziale, la fissazione dei criteri valutativi dei titoli, la presenza di una commissione incaricata della valutazione dei titoli dei candidati, la formazione di una graduatoria finale.

La presenza di siffatte caratteristiche, ha quindi portato la Suprema Corte ad affermare, per questo secondo tipo di procedure, che nelle controversie in materia, “in cui si discute dell’inserimento dei docenti nelle graduatorie d’istituto non vengono in rilievo meri atti di gestione della graduatoria già formata, ma vizi attinenti ad una procedura finalizzata alla sua formazione, avente connotati tipicamente concorsuali”.

Anche il Consiglio di Stato era già pervenuto alla medesima conclusione (C.d.S., VI, 15 febbraio 2012, n. 7773; 24 novembre 2014, n. 5795; 28 gennaio 2016, n. 295; 7 marzo 2017, n. 1214); siffatto convincimento è stato da ultimo ribadita dai Giudici di palazzo Spada con la sentenza 24 maggio 2019 n. 3414, proprio sulla scorta della citata pronuncia della Corte di Cassazione n.21198/2017.

Nel caso deciso con la sentenza in commento, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha risolto la questione di giurisdizione in ordine ad un provvedimento di depennamento dalla graduatoria di istituto.

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I fatti di causa

Dopo essere stato originariamente inserito, in seguito a riesame da parte dell’amministrazione scolastica, un docente era stato depennato dalle graduatorie di istituto in quanto ritenuto privo di idoneo titolo per l’inserimento.

L’amministrazione aveva espressamente dichiarato di agire in autotutela, ritenendo ex post che il docente non avesse i necessari requisiti per l’inserimento in graduatoria.

Il Tar Sicilia (Palermo, sent. n.1197 del 30.04.2019) in primo grado aveva declinato la giurisdizione del G.A. in favore del G.O., non ritenendo assimilabile ad una procedura concorsuale finalizzata all’assunzione il procedimento volto alla formazione di graduatorie d’istituto.

Per il Giudice di primo grado sarebbe stata dirimente la circostanza, che le graduatorie d’istituto sono finalizzate al reperimento di personale cui attingere non in via immediata, ma solo per la eventuale e futura ipotesi che si rendano transitoriamente vacanti uno o più posti di lavoro, ciò che impedirebbe di parlare di “procedure concorsuali per l’assunzione”.

Il CGA tuttavia ha inquadrato la vicenda partendo dalla natura dell’atto impugnato, ossia il provvedimento di depennamento.

La decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa

Nella sentenza in commento, il Giudice amministrativo d’appello per la regione siciliana ha infatti evidenziato, che l’atto oggetto d’impugnazione, proprio quale contrarius actus rispetto ai precedenti atti di ammissione dell’interessato alla procedura e di collocazione del medesimo nella relativa graduatoria, ne condivide, sebbene emesso ex post, la natura concorsuale: tant’è che la dottrina tradizionale suole considerare gli atti di autotutela quali manifestazioni della stessa funzione di amministrazione attiva esercitata, in precedenza, con il provvedimento oggetto del riesame.

L’atto di “depennamento” ha quindi per oggetto, non già delle determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato, bensì degli atti provvedimentali sicuramente radicati nell’area del diritto pubblico; con la conseguente impossibilità di accedere all’idea che la controversia debba reputarsi di pertinenza dell’A.G.O. per la sola ragione che, al momento della proposizione del ricorso introduttivo, l’iter concorsuale si era già concluso.

È indubbio invero che, come regola generale, con la compilazione e approvazione di una graduatoria si esaurisca l’ambito riservato al procedimento amministrativo e all’attività autoritativa dell’Amministrazione (cfr. ex multis C.G.A., 23 gennaio 2015, n. 58), spettando invece alla giurisdizione ordinaria il sindacato sui comportamenti successivi, riconducibili alla fase di esecuzione dell’atto amministrativo presupposto.

Sicché, in via generale, l’approvazione della graduatoria segna il limite temporale oltre il quale sussiste la giurisdizione dell’A.G.O..

La circostanza, tuttavia, che nella specie al tempo della domanda giudiziale il concorso risultasse concluso, non toglie che la domanda volta all’annullamento del provvedimento di depennamento concerna proprio la legittimità in parte qua del concorso stesso, e solo in via riflessa atti a valle della relativa procedura, rientrandosi pertanto appieno nel campo di applicazione dell’art. 63, comma 4, d.lgs. 165/2001.

Vale, allora, il tradizionale principio per cui “la giurisdizione sulla legittimità di tutto quanto attiene al processo selettivo va devoluta al giudice amministrativo, al giudice cioè cui è istituzionalmente devoluto ogni controllo sulla legittimità di ogni atto della pubblica amministrazione” (Cass.civ., SS.UU., 16 luglio 2008, n. 19510).

La giurisprudenza della Corte di cassazione ha peraltro già da tempo riconosciuto la rilevanza, sul terreno del riparto di giurisdizione in materia concorsuale, del contrarius actus di autotutela postumo avente a oggetto la precedente attività di diritto pubblico, nel senso che la controversia che investa proprio tale atto debba essere radicata dinanzi al G.A. (Cass. SS.UU., n. 19510/2008 cit.; 26 febbraio 2010, n. 4648; 15 marzo 2016, n. 5075).

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