Con la sentenza in commento, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha ribadito come, nell’individuazione dei gravi illeciti professionali quali motivo di esclusione da una gara d’appalto, la pubblica amministrazione eserciti un ampio potere discrezionale, tale da «poter fondare le proprie valutazioni su qualunque atto», anche, come nel caso di specie, interno ad un’indagine penale, «da cui emergano, con ragionevole attendibilità, elementi apprezzabili» e probatori della specifica causa di esclusione.
Indice
1. Il fatto
La ricorrente, aggiudicataria della procedura per l’affidamento biennale dei servizi di manutenzione ordinaria e conservativa del patrimonio cittadino del Comune di Salerno, nelle more della stipula del contratto, ha avviato l’esecuzione in via d’urgenza, secondo le disposizioni della stazione appaltante.
L’operatore economico è stato oggetto di successive indagini della Procura della Repubblica, che hanno riguardato il Presidente del Consiglio di amministrazione e hanno condotto alle sue dimissioni.
L’Amministrazione comunale, previa contestazione del motivo di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 e acquisizione di elementi ulteriori in merito alle misure di self cleaning adottate, ha provveduto alla revoca dell’affidamento, ritenendo, tra l’altro, che la ricorrente fosse incorsa in un grave illecito professionale, sulla base di quanto emerso nell’ordinanza cautelare del G.I.P. presso il Tribunale di Salerno del 7 ottobre 2021.
Avverso il provvedimento di esclusione e successiva revoca dell’affidamento l’aggiudicataria insorgeva innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sostenendo, a favore del gravame, che le contestazioni avanzate dalla stazione appaltante fossero «tesi accusatorie» formulate sulla base di un’ordinanza cautelare di divieto di dimora, provvedimento non tale da poter costituire «mezzo adeguato» di accertamento di un grave illecito professionale.
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2. La pronuncia
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha ritenuto il ricorso infondato, per i motivi di seguito riportati.
Anzitutto, attraverso un’interpretazione letterale dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d. lgs. n. 50/2016, il Collegio, seguendo i binari già tracciati dalla giurisprudenza prevalente[1], ha evidenziato come la disposizione prevista dal legislatore riservi all’Amministrazione «un ampio potere discrezionale […] nell’individuazione degli strumenti probatori della specifica causa di esclusione», ritenendosi, invero, che la stazione appaltante possa, di conseguenza, «fondare le proprie valutazioni su qualunque atto da cui emergano, con ragionevole attendibilità, elementi apprezzabili ai fini della verifica della sussistenza di un grave illecito professionale».
Legittimo è dunque il provvedimento di esclusione per gravi illeciti professionali che vada a fondarsi su «atti da cui emergano le risultanze di un’indagine penale e da cui siano ricavabili specifici, circostanziati e gravi indizi, senza necessità di attendere un provvedimento di rinvio a giudizio o un provvedimento, anche non definitivo, di condanna». In tal senso, secondo il giudice di prime cure, gli atti di indagine già costituiscono «veicolo di informazioni rilevanti e utili per la stazione appaltante ai fini dell’autonoma verifica della sussistenza della causa di esclusione».
Nel caso di specie, in particolare, la rilevanza del grave illecito professionale è ancora più rimarcata dall’adozione, nell’ambito dell’indagine, di provvedimenti di applicazione di misure cautelari, in grado di «descrivere in maniera compiuta e circostanziata fatti specificamente afferenti a procedure di gara e non altrimenti rilevabili».[2]
Ancora, giova ricordare quanto previsto dalle Linee guida n. 6, adottate da ANAC, che, al fine di armonizzare i comportamenti delle stazioni appaltanti e garantire certezza agli operatori economici, prevedono che le pubbliche amministrazioni possano «attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee guida, purché le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi». Tale indicazione – oltre che rendere evidente il carattere “aperto” del novero degli illeciti professionali e dei relativi mezzi di prova – risulta conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, secondo cui «il potere della stazione appaltante non può essere limitato da preclusioni poste dal diritto nazionale, ma si deve basare sull’accertamento in concreto dei fatti, rimesso esclusivamente al vaglio della stazione appaltante medesima (sul punto si veda CGUE n. C-425/18, nonché, sull’importanza che sia la stazione appaltante a effettuare in concreto anche C-41/18 del 19.06.2019)».
3. Conclusioni
La mancata tipizzazione da parte del legislatore dei «gravi illeciti professionali»[3] e, di conseguenza, dei relativi «mezzi adeguati» quali prova di individuazione degli stessi, tali da comportare l’esclusione di un operatore economico da una procedura di gara per la violazione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d. lgs. n. 50/2016, ha innescato un vivace dibattito giurisprudenziale, volto a comprendere l’effettiva portata discrezionale dell’attività amministrativa nell’individuazione di quei comportamenti dell’operatore economico valutabili alla stregua di un grave illecito professionale.
La sentenza in commento si inserisce in un filone della giurisprudenza – tendenzialmente prevalente – da un lato favorevole a riconoscere un rilevante potere discrezionale in capo alla stazione appaltante, in ordine ai «mezzi adeguati» quali giustificazione all’esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c) del d. lgs. n. 50/2016, dall’altro restrittivo, nel punto in cui ritiene, quali soli mezzi di prova adeguati, quelli che consistano in «specifici, circostanziati e gravi indizi», che, ancor più nell’ambito di un’indagine penale, concretamente, forniscano l’evidente e indiscutibile gravità dell’illecito professionale posto in essere dall’operatore che si intende escludere, da tradursi in un adeguato onere motivazionale gravante in capo alla pubblica amministrazione.[4]
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Note
[1]Si veda Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367: «Non è […] indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati». Cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2018, n. 6786; 23 agosto 2018, n. 5040; sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; 3 aprile 2018, n. 2063; 2 marzo 2018, n. 1299; 4 dicembre 2017, n. 5704.
[2]Il Collegio cita Cons. Stato, sez. V, 1 aprile 2019, n. 2123: «Qualora ricorra un quadro di elementi precisi, diretti e concordanti, la stazione appaltante, al fine di addivenire al giudizio finale, può e deve far riferimento al complesso delle circostanze emergenti dalla fattispecie, senza che occorra necessariamente attendere sempre l’esito del giudizio penale al fine di affermare l’inaffidabilità, l’incongruità o la mancanza di integrità della procedura di gara».
[3]In questa sede giova ricordare che, prima dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 135/2018, cd. “Decreto semplificazioni”, il legislatore aveva provveduto ad elencare all’interno dell’art. 80, comma 5, lett. c), Cod. App., ancorché in maniera esemplificativa e non esaustiva, i «gravi illeciti professionali» che potessero comportare l’esclusione dell’operatore economico da una procedura di gara. Il d. lgs. n. 135/2018 ha riformulato la lettera c), eliminando la suddetta elencazione e riconducendo le fattispecie all’interno precedentemente ricomprese nelle successive lettere “c-bis” e “c-ter”.
[4]Si veda, a titolo esemplificativo, Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299: «Piuttosto, in tale eventualità –vale a dire quando esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale […]- la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio disiffatta discrezionalità (che concerne la gravità dell’illecito, non la conseguenza dell’esclusione, che è dovuta se l’illecito è considerato grave) e dovrà previamente fornire la dimostrazione della sussistenza e della gravità dell’illecito professionale contestato con <<mezzi adeguati>>».
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