Con la presente sentenza la Corte di Cassazione ha ritenuto condivisibile l’orientamento favorevole al contribuente secondo cui “… l’attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione consensuale non costituisce una forma di alienazione dell’immobile rilevante ai fini della decadenza dai benefici cosiddetta “prima casa”, bensì una modalità di utilizzazione dello stesso per la migliore sistemazione dei rapporti fra i coniugi in vista della cessazione della loro convivenza. (Cass. n. 3753 del 2014; conformi: Circolari del 21.6.2012 n.27, §2.2, e del 21.2.2014 n.2, §9.2). A detto ultimo principio di diritto, (…) si rifà altra recente decisione laddove si ribadisce che il contribuente che, in sede di separazione, trasferisca al coniuge la casa coniugale prima del decorso del quinquennio dall’acquisto per il quale aveva usufruito delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 19, non decade dai relativi benefici atteso che l’immobile, acquistato per essere destinato a casa familiare, tale rimane (Cass. n. 23225 del 2015, ud. 7.10.2015). (…) Si aggiunge, inoltre, che tale conclusione è in linea sia con l’interpretazione di legittimità (Cass. n. 860 del 2014) volta ad affermare la ricorrenza dei benefici in questione nel quadro degli accordi di negoziazione della crisi familiare, sia rispetto all’impostazione dei principali documenti di prassi del fisco.”
Nel caso di specie, il contribuente presentava ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che aveva rigettato l’appello e confermato l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva dichiarato la decadenza del contribuente dalle agevolazioni per l’acquisto della prima casa. Secondo la CTR, infatti, l’attribuzione della proprietà della casa coniugale alla moglie in adempimento di una condizione pattuita in sede di separazione consensuale costituisce alienazione dell’immobile rilevante per la decadenza dei benefici per l’acquisto della prima casa, non rientrando tra le esenzioni previste dalla L. 74/1987 art. 19 che recita “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Il ricorrente, però, sosteneva che l’atto dispositivo di un bene a seguito dell’accordo di separazione tra coniugi non deve essere assoggettato ad alcuna imposizione tributaria, compresa quella indiretta causata dalla decadenza del beneficio fiscale per l’acquisto della prima casa. A sostegno del proprio motivo, il contribuente rilevava che la sentenza della Corte Costituzionale n. 154 depositata il 10 maggio 1999 aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 cit. “… nella parte in cui non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi” e che tale articolo “… non può pertanto ritenersi conforme all’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del principio di eguaglianza, sia sotto il profilo del principio di ragionevolezza, anche in riferimento agli artt. 29, 31 e 53 della Costituzione”. Inoltre, secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 6065 del 2000, opera l’esenzione ai sensi dell’art. 19 cit. se la cessione rientra nell’ambito delle disposizioni per riequilibrare le posizioni economiche delle parti dopo lo scioglimento del matrimonio o per regolare in un’unica soluzione l’obbligo di corrispondere l’assegno mensile. In più la Suprema Corte ha ribadito che l’art. 19 cit. comprende tutti gli atti e le convenzioni che le parti pongono in essere per regolare in sede giudiziale i loro rapporti patrimoniali consequenziali allo scioglimento del matrimonio.
Ebbene, secondo la sentenza della Corte di di Cassazione 5156/2016, premesso che ex art. 1, Nota II-bis, Tariffa, Parte I, n. 4, D.P.R. 131/1986 (Testo Unico Imposta di Registro) “In caso (…) di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria (…). Se si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata (…)”, la fattispecie di cui è causa, non essendo né atto di vendita né atto di donazione, rivela una caratterizzazione sui generis da cui deriva una peculiare funzione economico-sociale, la cui ratio è agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale: in conseguenza di ciò, le agevolazioni di cui all’art. 19 cit. si estendono ad ogni tipo di imposizione tributaria.
Concludendo, la sentenza in esame ha accolto il ricorso del contribuente, stabilendo il principio per cui la decadenza dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa in caso di cessione infraquinquennale all’ex coniuge non può essere applicata nell’ipotesi di accordi traslativi in sede di separazione.
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