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I coefficienti della formazione del contratto sono la proposta (o offerta) e l’accettazione.
Esse consistono in dichiarazioni unilaterali di volontà, recettizie, (come appare chiaro dal combinato disposto degli articoli 1335 e 1326), provenienti ciascuna dalle parti concorrenti alla formazione e sono tra loro necessariamente complementari[1].
La proposta costituisce l’atto di iniziativa con il quale una delle parti, il preponente, prospetta all’altra un certo regolamento di conflitto di interessi[2].
Tralasciando la questione, oggetto di viva discussione, in merito alla possibilità di riconoscere, o meno, carattere negoziale alla proposta e all’accettazione[3], appare opportuno mettere in rilievo altri connotati, a partire dalla “recettizietà” di tali atti, intesa come ontologica destinazione ad altri[4].
In ossequio a tale carattere, si esige che la manifestazione di volontà del proponente, qualunque atteggiamento assuma e qualunque mezzo prescelga per essere trasmessa, debba essere in grado, comunque, di pervenire a conoscenza dell’oblato[5].
Inoltre, stante il requisito in questione non è sufficiente che le dichiarazioni concorrenti alla formazione del contratto siano conosciute dal destinatario ma occorre, altresì, che siano indirizzate dal mittente alla controparte con modalità tali da rivelare la volontà non solo di portare a conoscenza degli interessati il proprio intento, ma anche di realizzare gli effetti che esse sono destinate a produrre nei confronti di questi ultimi[6].
La proposta contrattuale deve inoltre essere completa[7], e deve essere emessa dal proponente con l’intenzione, oggettivamente riconoscibile dall’atto, di volersi impegnare, in altre parole di sottostare al vincolo giuridico costituito in seguito all’accettazione[8].
Secondo l’orientamento consolidato in dottrina, l’indicata completezza va intesa come adeguatezza del contenuto della proposta alla costituzione, per suo mezzo, di quel determinato contratto.
A tale stregua, si considera incompleta la proposta che rinvii ad un ulteriore accordo delle parti in ordine ad elementi secondari: in tal caso la proposta, incompleta, varrà come semplice invito a proporre[9].
Circa il secondo requisito, ovverosia la manifesta intenzione di volersi obbligare giuridicamente, rilevano soprattutto, al di là delle ipotesi scolastiche delle dichiarazioni fatte per gioco, le offerte accompagnate dalle clausole “senza impegno, salva conferma”; “tenendomi libero”; “ci offriremo di vendervi, salvo venduto” le quali escludono una volontà definitiva consentendo, invece, di qualificare la dichiarazione come semplice invito a contrarre[10].
L’elemento intenzionale deve considerarsi, altresì, mancante nelle domande informative con cui si chiedono notizie delle merci disponibili o dei prezzi, nonché, nelle offerte dirette a persona diversa di quella che dovrebbe accettarla[11].
Il principale elemento differenziale tra trattative e proposta contrattuale risiede proprio nel diverso contenuto della volontà delle parti nell’una e nelle altre: solo con la proposta il preponente si assume l’impegno di ritenersi vincolato per il caso che l’altra parte accetti[12].
Si afferma, poi, che la presenza di condizioni che non incidano sull’attuale volontà di impegnarsi non si traducano in riserve ma costituiscano solo la precisazione dell’ambito e del contenuto del contratto proposto, non escludendo l’esistenza di un proposta contrattuale[13].
Viceversa, le riserve esplicite che accompagnano un’apparente proposta impediscono il sorgere del vincolo a seguito dell’accettazione.
Da ultimo si rileva che la formulata proposta deve rivestire la forma, o una delle forme, che la legge richiede per il contratto che si intende stipulare[14], anche se eccezionalmente può presentarsi nella forma della c.d. dichiarazione tacita, purché vengano adoperati i mezzi idonei a rendere edotta la controparte del proposito di concludere un certo contratto[15].
Dott. Alessandro Villa
a.villa@pintucci.it
Note:
[1] F. Messineo, Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale, I, diretto da A. CICU – F. MESSINEO, Milano, 1972, p. 295.
[2] R. Scognamiglio, Dei Conrtatti in generale, in trattato di diritto civile, diretto da G. GROSSO, S. SANTORO – PASSARELLI, Milano, 1980, p. 91.
[3] Si rimanda a: F. carresi, Il contratto, in Trattato Cicu-Messinmeo, vol. XXI, tomo 1, Milano, 1987, p. 754.
[4] G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959, p. 43.
[5] Corte App., Cagliari, 7 maggio 1997, in Riv. Giur. Sarda, 1999, p.1; G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959, p. 43 e 45.
[6] Cass. Civ., 3 luglio 1990, n. 6788, in Giur. It., 1991, I, 1, p.179; Cass. Civ., 5 novembre 1981, n. 5823, in Giur. It., 1982, I, 1, p. 1734.
[7] G. Tamburino, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, Milano, 1954, p. 15.
[8] G. Tamburino, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, Milano, 1954, p. 15.
[9] M. Bianca, Diritto Civile, III, Il contratto, Milano, 2000, p. 219.
[10] Cass. Civ., 12 maggio 1941, n. 1416, in Foro It., Mass., 1941, p. 349; F. Messineo, Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale, I, diretto da A. CICU – F. MESSINEO, Milano, 1972, p. 308.
[11] G. Carrara, La formazione dei contratti, Milano, 1915, p. 138.
[12] Cass. Civ., 3 luglio 1990, n. 6788, in Foro It., 1991, I, p. 511.
[13] Cass. Civ., 15 gennaio 1983, n. 319, in Giust. Civ., 1983, I, p. 738; Cass. Civ., 19 gennaio 1961, n. 1195, in Foro It. Rep., 1961, voce Obbligazioni e contratti, n. 129.
[14] F. Messineo, Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale, I, diretto da A. CICU – F. MESSINEO, Milano, 1972, p. 307.
[15] Cass. Civ., 11 marzo 1992, n. 2915, in Foro It., 1992, I, p. 2725; R. Scognamiglio, Dei Conrtatti in generale, in trattato di diritto civile, diretto da G. GROSSO, S. SANTORO – PASSARELLI, Milano, 1980, p. 91.
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