I casi in cui il tetto risulta condominiale

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È condominiale il tetto che presenta caratteristiche strutturali tali da escludere la funzione di intercapedine tra l’ultimo appartamento ed il tetto, soprattutto se avvalorato da altri indizi

riferimenti normativi: art. 1117 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 4266 del 28/04/1999

La vicenda

La vicenda prendeva l’avvio a seguito della lite sorta tra la proprietaria degli appartamenti al piano terra e primo piano e la titolare dell’abitazione all’ultimo piano. Motivo del contendere era il sottotetto. La condomina del piano terra e primo piano chiedeva al Tribunale di accertare la natura condominiale del sottotetto dell’edificio; a sostegno della domanda faceva presente che nel sottotetto condominiale erano situati due serbatori d’acqua al servizio degli immobili del primo e secondo piano; allegava inoltre che di detto sottotetto si era appropriata la convenuta, proprietaria dell’appartamento al secondo piano, poi ceduto nel 2003 ad un nuovo proprietario; quest’ultimo si costituiva in giudizio insieme alla vecchia proprietaria che, però, deduceva in via preliminare il difetto di legittimazione passiva; il Tribunale dichiarava la natura condominiale del sottotetto sottolineando come i convenuti non avessero dato prova dell’asserita proprietà esclusiva di detta porzione di edificio; di conseguenza condannava entrambi i convenuti a riportare il sottotetto alle condizioni originarie, ordinando al solo nuovo proprietario del secondo piano il rilascio di detta parte comune. La Corte di Appello confermava la decisione di primo grado.

Il proprietario del secondo piano ricorreva in cassazione.

La questione

Come si riesce a capire se un sottotetto è condominiale?

La soluzione

I giudici supremi hanno confermato la natura condominiale del sottotetto. Secondo la Cassazione è ineccepibile il ragionamento della corte territoriale secondo cui a favore della presunzione di condominialità del sottotetto sono risultati decisivi gli aspetti strutturali, la presenza dei due serbatoi d’acqua per le unità immobiliari poste al primo ed al secondo piano, nonché la presenza dei lucernari, fonte di luce per il corpo scala condominiale dalla quale solo si poteva accedere al sottotetto. L’accertamento di fatto dei giudici di secondo grado è stato ritenuto rilevante ai fini della presunzione di condominialità che non è stata superata dal soccombente del secondo piano.

Le riflessioni conclusive

Il sottotetto, cioè quello spazio vuoto situato tra la struttura di copertura del fabbricato ed il solaio superiore dell’ultimo piano, può risultare abitabile (mansarda) o non abitabile ma utilizzabile come deposito (soffitta) o non abitabile, né utilizzabile come deposito quando consiste solo in una camera d’aria con funzione di isolamento (c.d. palco morto).

La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune solo se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo. In tale ultimo caso (cioè quando costituisce un’intercapedine tra l’ultimo appartamento ed il tetto) il sottotetto non è condominiale anche se è raggiungibile attraverso una scala interna posta sul pianerottolo condominiale, passando poi da un ripostiglio posto in cima alla scala appartenente ad un condomino che lo ha sempre utilizzato come deposito di beni immobili di proprietà esclusiva. Del resto, in tale ipotesi, per effettuare la manutenzione dei beni comuni si deve evidentemente passare attraverso il ripostiglio del condomino e ciò configura l’esercizio di una servitù, piuttosto che un diritto di natura dominicale di cui non vi sono i presupposti (Cass. civ., sez. II, 01/12/2021, n. 37819). In ogni caso la circostanza che gli atti di vendita, come le correlate note di trascrizione, non contengano espressa menzione del trasferimento della comproprietà dei sottotetti non può essere considerata in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c.

In realtà, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio, le vicende traslative riguardanti le unità immobiliari estendono i loro effetti alle parti comuni. Bisogna ricordare, però, che la Cassazione ha cassato una decisione di merito che, nella controversia tra i proprietari di due appartamenti, aveva affermato la comunione del sottotetto in quanto sovrastante entrambi gli immobili, senza attribuire il dovuto rilievo al carattere differenziato del nesso strutturale fra il sottotetto medesimo e l’appartamento ad esso collegato da una scala (Cass. civ., sez. II, 28/03/2012, n. 4976).

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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