I cinque quesiti referendari, abrogativi, sulla giustizia

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l 12 giugno p.v. i cittadini italiani che hanno diritto di voto potranno recarsi alle urne per votare i referendum sulla giustizia. I quesiti referendari nascono dalla raccolta firme promossa dai partiti della Lega e dei Radicali italiani  e sono stati dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale lo scorso 16 febbraio. Si ricorda che per la validità del referendum abrogativo l’art.75 della Costituzione stabilisce che la proposta soggetta a referendum è approvata se ha votato la maggioranza (50%+1) degli aventi diritto al voto e se è raggiunta la maggioranza (50%+1) dei voti validamente espressi. I quesiti referendari che i cittadini troveranno alle urne sono 5. Il Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Ufficio emittente – Direzione Centrale per i Servizi Elettorali ha assegnato ad ogni quesito referendario una scheda dal colore diverso. I colori delle schede dei cinque referendum sono i seguenti: • referendum n.1 – rosso; • referendum n.2 – arancione; • referendum n.3 – giallo; • referendum n.4 – grigio; • referendum n.5 – verde. 

Indice

1. Quesito referendario numero 1


Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. (cd. “legge Severino”). (Scheda rossa) Il primo quesito referendario ha ad oggetto l’abrogazione del D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 – Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190 – . Nota anche come “Legge Severino” (dal nome dell’allora Ministro della Giustizia sotto il Governo Monti), la novella introdusse, diverse, disposizioni in merito all’incandidabilità circa l’assunzione di incarichi politici determinando la decadenza del politico stesso dal mandato nel caso di condanna. Il primo quesito referendario è stato elaborato nel seguente modo: Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?” Si troverà nella scheda di colore rosso e qualora vincesse il sì, verrebbe meno l’automatismo determinando l’abrogazione del suddetto decreto. Di fatto ritorna ad essere il giudice che in caso di condanna chiede l’applicazione o meno dell’interdizione dai pubblici uffici, cessando il decadimento e/o l’automatica ineleggibilità.

2. Quesito referendario n. 2


Limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art.274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale. (Scheda arancione) Il secondo quesito referendario ha ad oggetto la limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art.274, comma 1, lettera c), c.p.p., in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale. Le misure cautelari sono provvedimenti immediatamente esecutivi dal carattere provvisorio, disposti dall’autorità giudiziaria, qualora ritenga sussistente il pericolo, che nella fase delle indagini preliminari o nel corso del processo, possano realizzarsi situazioni in grado di nuocere all’esercizio della funzione giurisdizionale. Il codice di rito prevede due tipologie di misure cautelari: quelle personali, che incidono sulla libertà dell’indagato e quelle reali, che si riverberano sulla libertà di disporre dei propri averi. Affinché si possa avere una misura cautelare, deve sussistere uno dei  3 seguenti elementi di garanzia: il pericolo di ripetere il reato; il pericolo di fuga; inquinamento delle prove. Il secondo quesito referendario è stato elaborato nel seguente modo: “Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n.195 e successive modificazioni.”? Si troverà nella scheda di colore arancione e qualora vincesse il sì, si porrebbe un argine alla carcerazione preventiva, di cui in Italia si fa un largo uso (i promotori del referendum parlano di “abuso”) per giustificare l’arresto. L’arresto preventivo è da sempre osteggiato dalla classe forense come una violazione dell’art. 27 della Costituzione. 

3. Quesito referendario n. 3


Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati. (Scheda gialla) Il terzo quesito referendario ha ad oggetto la separazione delle carriere dei magistrati. Il nostro sistema giudiziario si basa sulla separazione delle parti processuali. Al Pubblico Ministero che rappresenta l’accusa, ovvero l’interesse dello Stato alla repressione dei reati si contrappone la figura dell’avvocato che esercita la propria professione, dando attuazione al diritto di difesa, in ottemperanza del dettato costituzionale di cui all’art. 24 della Costituzione. Tali parti processuali discutono dinanzi al giudice che è una figura super partes. Tuttavia, accede nel nostro sistema che un magistrato dopo aver svolto funzioni investigative (cd. magistratura requirente) eserciti la funzione di giudice terzo (cd. magistratura giudicante). Il terzo quesito referendario è stato elaborato nel seguente modo: “Volete voi che siano abrogati: l’“Ordinamento giudiziario” approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura”; la legge 4 gennaio 1963, n.1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n.150», nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.150” , nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall’art.2, comma 4 della legge 30 luglio 2007, n.111 e dall’art.3-bis, comma 4, lettera b) del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24, limitatamente alle seguenti parti: art.11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art.13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art.13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art.13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art.13, comma 4:“4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”;art.13, comma 5:“5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art.13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’art.10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art.10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa”; il decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’art.13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160.”? Si troverà nella scheda di colore giallo e qualora vincesse il sì, il magistrato dovrà scegliere già all’inizio della propria carriera la funzione che vuole svolgere: mantenendo per tutta la durata professionale della propria carriera la funzione giudicante o requirente, senza possibilità di mutarne la natura successivamente. 

4. Quesito referendario n. 4


Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte. (Scheda grigia) Il quarto quesito referendario ha ad oggetto l’abrogazione delle competenze afferenti i membri laici dei Consigli giudiziari. Ad oggi la valutazione in merito alla competenza e alla professionalità dei magistrati viene compiuta solamente dai magistrati che compongono i Consigli e non dai membri laici. Il quarto quesito referendario è stato elaborato nel seguente modo: “Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006,n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”? Si troverà nella scheda di colore grigio e qualora vincesse il sì anche avvocati e professori universitari verrebbero chiamati ad esprimersi sul giudizio nei confronti dei magistrati, uscendo, di fatto, da quel meccanismo di chiusura che ha indicato, a dire dei diversi promotori del referendum, nella magistratura un organo autoreferenziale. 

5. Quesito referendario n. 5


Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. (Scheda verde) Il quinto e ultimo quesito referendario mira a modificare le modalità con cui si eleggono i membri del CSM. Il CSM  è l’organo di amministrazione della giurisdizione, di garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati ordinari. Ha rilevanza costituzionale in quanto espressamente previsto dalla Costituzione, che ne delinea la composizione (art. 104) e i compiti (art. 105). Esso adotta tutti i provvedimenti che incidono sullo status dei magistrati (dall’assunzione mediante concorso pubblico, alle procedure di assegnazione e trasferimento, alle promozioni, fino alla cessazione dal servizio). Provvede inoltre al reclutamento e alla gestione dell’attività dei magistrati onorari. Ha, inoltre, competenza nel giudicare le condotte disciplinarmente rilevanti tenute dai magistrati. Quest’ultima competenza gli è attribuita dalla legge n. 195 del 1958 che  regola, in via generale, la costituzione e le competenze del Consiglio stesso. E’ costituito da membri di diritto e da membri elettivi. I membri di diritto sono, oltre al Presidente della Repubblica (che lo presiede in virtù del dettato di cui agli artt. 87, comma decimo, e l’art. 104, comma secondo, della Costituzione), il primo presidente  della Corte di cassazione e il Procuratore generale della Corte costituzionale. I membri elettivi sono per due terzi eletti da tutti i magistrati di ogni ordine e grado e per un terzo sono eletti dal Parlamento, riunito in seduta comune, a maggioranza qualificata (almeno i due terzi dei votanti). Il quesito referendario mira  a modificare le modalità di elezione inerente la maggioranza togata. I promotori del referendum puntano a depotenziare le correnti mirando ad un CSM che sia il più possibile laico, non seguendo più logiche di interesse che vanno a discapito del merito e della delicata funzione che sono chiamati a svolgere i magistrati. Il quinto e ultimo quesito referendario è stato elaborato nel seguente modo: “Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n.195(Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art.23, né possono candidarsi a loro volta”?” Si troverà nella scheda di colore verde e qualora vincesse il sì verrebbe espunta la raccolta firme ripristinando la legge risalente al 1958, la quale attribuita ai magistrati nell’esercizio delle proprie funzioni di proporsi alle elezioni come membri del Consiglio Superiore della Magistratura mediante la semplice candidatura. I promotori e i comitati per il sì ritengono che con il quesito in scrutinio si faccia tornare al centro del sistema giustizia la figura del magistrato indipendente e scevro da ogni condizionamento di corrente o politico. Per esercitare il proprio diritto/dovere di voto occorre oltre al proprio documento di riconoscimento  la tessera elettorale. Quest’ultima si rinnova presso l’ufficio elettorale del proprio comune di residenza. Sebbene sia opportuno recarsi per tempo a richiedere, eventualmente, la nuova tessera elettorale onde evitare concentrazioni e sovraffollamenti  nei giorni antecedenti la votazione, i vari uffici elettorali resteranno aperti dalle 9 alle 18 nei due giorni antecedenti la data della consultazione e, nel giorno della votazione, per tutta la durata delle operazioni di voto, e quindi dalle ore 7 alle ore 23 di domenica 12 giugno. Chi vive in un comune dove non è residente non può votare, salvo eccezioni seguenti.L’elettore degente in un ospedale o casa di cura è ammesso a votare nel luogo di ricovero presentando al Sindaco del proprio comune di residenza un’apposita dichiarazione attestante la volontà di esercitare il proprio diritto di voto nel luogo di cura, è necessaria anche l’attestazione del direttore sanitario dello stesso luogo di cura comprovante il ricovero. La dichiarazione, da inoltrare per il tramite del direttore amministrativo o del segretario dell’istituto di cura, deve pervenire al suddetto comune non oltre il terzo giorno antecedente la votazione. Gli elettori positivi al COVID-19 che sono sottoposti a trattamento domiciliare o in condizioni di isolamento presso la propria abitazione possono votare alle consultazioni referendarie, facendo pervenire al sindaco del comune nelle cui liste sono iscritti (con modalità individuate dall’ente medesimo, anche per via telematica), in un periodo compreso tra il 10° e il 5° giorno antecedente quello della votazione: a) una dichiarazione attestante la volontà di esprimere il voto presso il proprio domicilio e recante l’indirizzo completo di questo; b) un certificato, rilasciato dal funzionario medico designato dalla ASL, in data non anteriore al 14° giorno antecedente la data della votazione, che attesti l’esistenza delle suddette condizioni sanitarie per COVID-19. Il voto degli elettori in isolamento viene raccolto, a cura di appositi seggi speciali, durante le ore in cui è aperta la votazione, assicurando, con ogni mezzo idoneo, la libertà e la segretezza del voto nel rispetto delle esigenze connesse alle condizioni di salute dell’elettore. Gli elettori ricoverati nei reparti COVID delle strutture sanitarie possono votare nelle sezioni ospedaliere. Si ricorda che possono essere accompagnati all’interno della cabina elettorale solo gli elettori diversamente abili che siano fisicamente impediti nell’espressione autonoma del voto, e cioè i non vedenti, gli amputati delle mani e gli affetti da paralisi o da altro impedimento di analoga gravità. Sono ammessi alla tornata referendaria con l’ausilio di un altro elettore coloro che, presentando apposita certificazione sanitaria, abbiano ottenuto, da parte del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti, l’inserimento sulla propria tessera elettorale dell’annotazione del diritto al voto assistito mediante apposizione dell’apposito codice (AVD). Sono ammessi a votare con un accompagnatore anche gli elettori il cui impedimento fisico nell’espressione autonoma del voto sia evidente. Qualora manchi il suddetto simbolo o codice sulla tessera elettorale o quando l’impedimento fisico non sia evidente, il diritto al voto assistito può essere dimostrato con un certificato medico – redatto da un funzionario medico designato dai competenti organi dell’Azienda sanitaria locale – nel quale sia espressamente attestato che l’infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di un altro elettore. Si precisa che nessun elettore può esercitare la funzione di accompagnatore per più di un disabile. I cittadini italiani residenti all’estero, che non hanno scelto per il voto in Italia, votano per corrispondenza, esprimendo il loro voto su schede che vengono recapitate al loro indirizzo di residenza all’estero. L’elettore residente all’estero una volta ricevuto il plico con le schede: a) esprime il proprio voto sulle schede referendarie: il voto è espresso tracciando un segno sulla risposta prescelta e, comunque, nel rettangolo che la contiene; b) introduce le schede nella relativa busta piccola e la chiude; c) inserisce, nella busta grande affrancata, il tagliando staccato dal certificato elettorale (comprovante l’avvenuto esercizio del diritto di voto) e la busta piccola contenente le schede; d) spedisce, infine, la busta grande al Consolato competente. Gli Uffici consolari inviano, senza ritardo, all’Ufficio centrale per la circoscrizione Estero le buste comunque pervenute non oltre le ore 16, ora locale, del giovedì antecedente la data stabilita per le votazioni in Italia, unitamente agli elenchi degli elettori ammessi al voto per corrispondenza. Le schede votate dagli elettori residenti all’estero, incluse nelle apposite buste pervenute per corrispondenza agli Uffici consolari, vengono spedite in Italia dai Consolati per via aerea. I plichi una volta arrivati in Italia vengono presi in consegna dall’Ufficio centrale per la circoscrizione Estero presso il quale, sulla base dell’elenco degli elettori fornito dal Ministero dell’Interno, vengono istituiti seggi elettorali per lo scrutinio delle schede pervenute. Le operazioni di scrutinio iniziano alla medesima ora dello spoglio dei voti espressi nei seggi istituiti sul territorio nazionale, e cioè alle ore 23 di domenica 12 giugno. È bene ricordare come l’elettorato attivo sia riconosciuto ai detenuti che non siano incorsi nella perdita della capacità elettorale (a seguito dell’interdizione definitiva o temporanea dai pubblici uffici). Gli interessati devono far pervenire al sindaco del comune di iscrizione elettorale, non oltre il terzo giorno antecedente la data della votazione, una dichiarazione attestante la volontà di esprimere il voto nel luogo di detenzione. La dichiarazione, che deve espressamente indicare il numero della sezione alla quale l’elettore è assegnato, deve recare in calce l’attestazione del direttore dell’istituto comprovante la detenzione dell’elettore ed è inoltrata al comune per il tramite del direttore stesso. Ricordando che è assolutamente vietato l’utilizzo del cellulare nel seggio elettorale e che non si possono introdurre minori all’interno dello stesso seggio, si rende noto all’elettore che qualora  si renda conto di avere sbagliato, può sostituire la scheda e ripetere la votazione. A tal fine, il presidente gli consegnerà una nuova scheda, inserendo quella sostituita tra le schede deteriorate. Così statuisce recente giurisprudenza. Il corpo elettorale comprensivo anche degli elettori residenti all’estero, desunto dalla rilevazione semestrale 31.12.2021, è pari a 51.533.195 di cui: 25.039.273 uomini e 26.493.922 donne.  

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Avvocato Rosario Bello

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