I diritti del coniuge divorziato: che cosa spetta alla ex moglie o all’ex marito?

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Con la fine del matrimonio si perdono una serie di diritti.
Non è più possibile rivendicare quote di successione, vale a dire, l’ex coniuge smette di essere erede dell’altro, mentre in caso di separazione, non avviene.
Non è ammesso continuare a utilizzare il cognome dall’altro coniuge, neanche nell’ipotesi di matrimonio di lunga durata con una persona famosa (Cass. civ., sez. VI – 1, ord., 11 gennaio 2022, n. 654).

Continuano a restare determinati diritti, come quello di ottenere una quota del Tfr, la pensione di reversibilità, l’assegno di divorzio e, se accordato dal giudice al momento della separazione, il diritto di abitazione nell’ex casa coniugale.

Per ciascuna di queste voci sussistono diversi presupposti che devono essere passati in rassegna singolarmente.

Indice

  1. L’assegno di mantenimento o assegno divorzile
  2. Il mantenimento dei figli
  3. Il diritto di abitazione nella casa coniugale
  4. La quota del Tfr
  5. La pensione di reversibilità

1. L’assegno di mantenimento o assegno divorzile

Con la sentenza di divorzio, l’assegno di mantenimento, riconosciuto dal giudice al momento della separazione, viene sostituito con l’assegno di divorzio, detto anche “assegno divorzile”.

Anche se in apparenza potrebbe non sembrare, i presupposti per l’assegno di divorzio sono più stringenti.

Se per ottenere l’assegno di mantenimento basta la disparità tra i redditi dei due coniugi e l’assenza di responsabilità per la crisi coniugale, il cosiddetto addebito, l’assegno divorzile viene concesso esclusivamente se il coniuge richiedente dimostra di non essere in grado, non per colpa sua, di mantenersi in modo .

Non deve essere più giovane, deve avere superato l’età di 40/45 anni, oppure si deve trovare in una condizione di salute tale da non consentirgli di lavorare, oppure deve dare prova di essersi impegnato per cercare un lavoro e, nonostante questo, di non esserci riuscito

Ad esempio, chi partecipa a bandi e concorsi, si iscrive ai centri per l’impiego, invia il suo curriculum vitae alle aziende, chiede colloqui di lavoro.

L’assegno di divorzio viene sempre concesso a chi, d’accordo con il coniuge, in costanza di matrimonio ha rinunciato alla sua carriera per dedicarsi alla famiglia e ai figli, contribuendo all’arricchimento dell’ex.

Un’altra importante differenza tra l’assegno di mantenimento e l’assegno di divorzio è che il primo è di importo tale da consentire al beneficiario di continuare a mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio, il secondo mira a garantire l’autosufficienza economica, indipendentemente dalla posizione di reddito dell’ex.

2. Il mantenimento dei figli

Allo stesso modo dell’assegno divorzile, l’ex coniuge presso il quale siano stati collocati i figli ha diritto all’assegno di mantenimento per gli stessi, nella misura che la coppia concorda e convalidata dal giudice oppure, in assenza di intesa, come liquidato dal Tribunale.

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3. Il diritto di abitazione nella casa coniugale

Anche il coniuge divorziato può richiedere al giudice l’assegnazione della casa coniugale, dove la famiglia abitava prima della crisi, anche se dovesse essere di proprietà dell’ex.

Questo diritto di abitazione per essere riconosciuto richiede che ci siano dei figli minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti o portatori di handicap, e che siano collocati presso il coniuge che chiede il diritto di abitazione, vale a dire, devono abitare con lo stesso, e la casa gli spetta a tutela della prole e non dell’ex coniuge.

Può essere assegnata solo la casa coniugale, quella dove la coppia abitava prima della separazione e non altri immobili di proprietà dell’ex.

Il diritto di abitazione cessa quando i figli diventano economicamente autonomi o quando vanno a vivere stabilmente da un’altra parte o lo stesso ex coniuge si allontana dalla dimora per utilizzare un’altra abitazione.

4. La quota del Tfr

A differenza di quello che accade in costanza di separazione, il coniuge divorziato ha diritto a una quota del Trattamento di fine rapporto (TFR) dell’ex coniuge, però a determinate condizioni:

  • Il divorzio deve risalire a prima della morte dell’ex coniuge, il Tfr non spetta al coniuge separato).
  • L’ex coniuge beneficiario non si deve essere risposato.
  • L’ex coniuge beneficiario deve percepire l’assegno di divorzio.

La nozione di indennità di fine rapporto assume un’ampia accezione, ricomprendendo le attribuzioni, in qualunque modo denominate, che condividano la stessa natura di quota differita della retribuzione, con esclusione dell’indennità per licenziamento senza preavviso o per dimissioni per giusta causa, che hanno natura risarcitoria.

Il calcolo della quota di Tfr  che spetta all’ex coniuge consiste nella divisione della somma che spetta al lavoratore per il numero di anni lavorativi e nella moltiplicazione della cifra ottenuta per il numero degli anni nei quali il lavoro e il matrimonio sono coincisi.

Si deve conteggiare l’intera durata legale delle nozze, compreso il periodo di separazione personale.

Se il coniuge, lavoratore dipendente, abbia richiesto un’anticipazione del Tfr, l’ex non ha diritto di avanzare pretese sulla stessa.

La quota del Tfr spetta esclusivamente in presenza di definitiva cessazione dell’attività lavorativa.

Se l’anticipazione è stata percepita nel periodo della separazione, potrà essere considerata al fine della modifica dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole.

5. La pensione di reversibilità

Al coniuge divorziato spetta la pensione di reversibilità dell’ex oppure una quota se lo stesso, prima di morire, si è risposato, a condizione che non abbia percepito l’assegno di mantenimento in un’unica soluzione (cosiddetta “una tantum”).

La reversibilità spetta esclusivamente se il beneficiario non si è risposato e se la pensione dalla quale deriva la reversibilità è stata maturata in un periodo anteriore al divorzio.

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