Il fatto
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza, respingeva un’istanza di sospensione in ordine ad un’ingiunzione a demolire delle opere abusivamente realizzate e accertate con sentenza di condanna passata in giudicato.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’ordinanza summenzionata, veniva proposto, a messo del difensore, ricorso per Cassazione, deducendosi i seguenti motivi: 1) erronea applicazione dell’art. 43- bis, commi 1 e 2, del R.d. n. 12 del 30 gennaio 1941 (ordinamento giudiziario), così come modificato dall’art. 10, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 51 del 19 febbraio 1998 sull’istituzione del giudice unico di primo grado, per avere trattato il procedimento un Giudice onorario di Tribunale mentre, in subordine, veniva sollevata questione di legittimità costituzionale del citato art. 43 bis cit.; 2) erronea violazione della legge in relazione all’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, per avere il Giudice disatteso la valutazione delle circostanze allegate ovvero la presentazione di istanza di concessione in sanatoria ex art. 269 del 2003, non definite in ragione dell’epidemia Covid, la sospensione ad opera del TAR della delibera del Comune di acquisizione al patrimonio comunale, l’impossibilità tecnica della demolizione e l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Comune di Casoria aveva disposto l’acquisizione al patrimonio comunale, allegazioni che avrebbero dovuto condurre il Giudice alla decisione di sospensione dell’ordine di demolizione; 3) vizio di motivazione sotto il profilo della ricorrenza dell’impossibilità di procedere alla demolizione senza ledere il legittimo diritto di proprietà di terzi.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito prima di tutto come fosse manifestamente infondato il primo motivo di ricorso atteso che la giurisprudenza di legittimità, già prima della riforma della magistratura onoraria del 2017, era costante nel ritenere che, in tema di capacità del giudice, in caso di assenza o mancanza del giudice professionale, i giudici onorari, in base all’art. 43 bis ord. giud., possono trattare tutti i processi di cui all’art. 550 cod. proc. pen., senza alcuna distinzione tra fase di cognizione e fase di esecuzione (Sez. 3, n. 55119 del 28/09/2016, – Sez. 1, n. 22716 del 22/03/2013) e a tali principi la Suprema Corte riteneva doversi dare continuità non avendo a suo avviso inciso la riforma della magistratura onoraria.
Infatti, secondo gli Ermellini, con il decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, è stata dettata una disciplina organica della magistratura onoraria che ha delineato uno statuto unico della stessa, applicabile ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari, inserendo i primi due nell’ufficio del giudice di pace, a sua volta sottoposto ad un radicale ripensamento; ha, poi, previsto l’intrinseca temporaneità dell’incarico, ed ha provveduto alla riorganizzazione dell’ufficio del giudice di pace e, per quanto qui di rilievo, alla rideterminazione del ruolo e delle funzioni dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari, nel disciplinare le assegnazioni dei giudici onorari di pace nei procedimenti penali l’art. 11 comma 6 cit. prevede: «6. Non possono essere assegnati, a norma del comma 1, ai giudici onorari di pace: a) per il settore civile…. b) per il settore penale: 1) i procedimenti diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale; 2) le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare; 3) i giudizi di appello avverso i provvedimenti emessi dal giudice di pace; 4) i procedimenti di cui all’articolo 558 del codice di procedura penale e il conseguente giudizio. 1-la dunque lasciato la competenza ai giudici onorari dei procedimenti penali instaurati ex art. 550 cod. proc. pen. nelle materie ivi previste.
Pertanto, alla luce di tale cornice legislativa, per il Supremo Consesso, il mutato quadro normativo non ha dunque inciso sulla base normativa che fonda l’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato e che, pertanto, andava applicato con conseguente manifesta infondatezza della censura difensiva.
Per quanto invece concerneva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 ord. giud., essa veniva ritenuta genericamente argomentata senza indicazione dei parametri normativi costituzionali che si assumevano violati e, quindi, per tali ragioni, cotale questione veniva dichiarata manifestamente infondata.
Ciò posto, anche il secondo motivo di ricorso veniva, parimenti, considerato manifestamente infondato in quanto, ad avviso dei giudici di piazza Cavour, il giudice di merito aveva fatto una corretta applicazione dei principi costantemente affermati in sede nomofilattica secondo cui l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere revocato esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorità competente, e che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria mentre può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, sicché, in presenza di un’istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto a un’attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (ex plurimis, Cass. pen, sez. 3, 7 dicembre 2011, 11149/2012; sez. 4, 11 ottobre 2011, n. 44035; sez. 3, 7 luglio 2011, n. 36992; sez. 3, 21 giugno 2011, n. 29638).
Connotata da genericità, infine, veniva stimata la deduzione inerente il vizio di motivazione con riguardo alla ineseguibilità della demolizione senza lesione dei diritti di terzi dato che, in presenza di una deduzione manifestamente infondata per la sua genericità, l’omesso esame, pacificamente, non costituisce causa di annullamento del provvedimento impugnato (cfr., tra le altre, Sez. 5, n.27202 del 11/12/2012).
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui, richiamandosi giurisprudenza conforme, si afferma che, in tema di capacità del giudice, in caso di assenza o mancanza del giudice professionale, i giudici onorari, in base all’art. 43 bis ord. giud., possono trattare tutti i processi di cui all’art. 550 cod. proc. pen., senza alcuna distinzione tra fase di cognizione e fase di esecuzione.
Tale approdo ermeneutico, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione essendo sconsigliabile, proprio alla luce di quanto ivi affermato, sostenere l’incapacità del giudice onorario, in materia di esecuzione, quando i reati, per cui si deve giudicare, riguardano quelli previsti dall’art. 550 cod. proc. pen..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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