Vi sono categorie di lavoratori dipendenti che per le caratteristiche del loro rapporto di lavoro non rientrano tra i beneficiari delle integrazioni salariali di solidarietà né delle procedure di riduzione del personale, anche se concorrono per la determinazione del requisito numerico richiesto per la stipulazione del contratto di solidarietà difensivo (Cds dif.).
I contratti di solidarietà difensivi sono accordi aziendali la cui finalità è quella di evitare riduzioni di personale mediante una diminuzione dell’orario di lavoro. In particolare la loro stipulazione comporta, per i lavoratori, la concessione del trattamento di integrazione salariale per compensare la parte di retribuzione persa a seguito della riduzione dell’orario di lavoro, mentre, a favore dei datori di lavoro è prevista una riduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali.
La circolare del ministero del lavoro e della previdenza sociale del
14 marzo 1994, n. 33 stabilisce che può beneficiare del contratto di solidarietà tutto il personale dipendente ad esclusione dei dirigenti, degli apprendisti, dei lavoratori a domicilio e in via generale, di coloro che sono assunti con contratto di formazione e lavoro. In seguito, il
decreto ministeriale (Ministero del Lavoro) n. 31445 del 20 agosto 2002, ha stabilito con l’art. 3, comma 1°, che può beneficiare del contratto di solidarietà tutto il personale dipendente ad esclusione dei dirigenti, degli apprendisti e dei lavoratori a domicilio. Questa volta il legislatore (Ministero del lavoro e delle politiche sociali) non ha previsto tra i soggetti esclusi i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro (Cfl). Siccome poi il d.lgs. n. 276/2003 (legge Biagi) ha operato la riforma della disciplina dell’apprendistato ed ha introdotto il contratto di inserimento che si sostituisce, almeno per quanto riguarda l’impiego privato, al precedente contratto di formazione e lavoro
[1], ci si chiede se questi lavoratori, assunti nel pubblico impiego, si debbano considerare oppure no,
come soggetti beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale per contratto di solidarietà difensivo del primo tipo[2]. Per risolvere questo dubbio si vuole fondare il ragionamento su due premesse. La prima è che i contratti di solidarietà difensivi hanno il loro punto di riferimento nella normativa sulla cassa integrazione guadagni straordinaria, infatti, l’ultimo comma dell’art. 1 della legge n. 863/1984 dispone che per quanto non previsto dal presente articolo, al trattamento dell’integrazione salariale di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 5 novembre 1968, n. 1115
[3], e successive modificazioni e integrazioni; la seconda è che, ai sensi del
l’art. 3, 5° comma, del d.l. 30 ottobre, n. 726 (convertito in L. 19 dicembre 1984, n. 863), ai contratti di formazione e lavoro si applicano le disposizioni legislative che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato in quanto non siano derogate dal presente decreto. Con quest’ultima previsione, <<il legislatore ha posto il principio generale di una sostanziale identità della disciplina del contratto di formazione e lavoro con il contratto di lavoro subordinato>> dato che <<non vi sono ragioni per negare la sostanziale identità della causa (civilisticamente intesa) del negozio che è individuabile nello scambio “lavoro contro retribuzione”. In conseguenza […] ai rapporti di formazione e lavoro debba – in linea di principio – applicarsi l’identico regime delle integrazioni sociali, che è valido per i rapporti di lavoro ordinari>>.[4] Del resto questo è stato l’orientamento della Suprema Corte, la quale ha precisato che, per il Cfl disciplinato dalle disposizioni legislative che regolano i rapporti di lavoro subordinato, non sono previste deroghe all’applicazione della normativa in materia di CIGS per cui “tale trattamento è applicabile anche nei confronti dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro” (Cassazione sent. N. 2510 del 01/03/1993), non sussistendo alcun motivo “per sottoporre i contratti di formazione e lavoro, ai fini della cassa integrazione, ad un regime diverso da quello degli ordinari rapporti di lavoro” (Cassazione sent. N. 4227 del 13 aprile 1995). Inoltre, sempre la Suprema Corte ha deciso con sentenza n. 18296 del 23 dicembre2002,
che “La sospensione del rapporto di lavoro per collocamento in cassa integrazione del lavoratore è compatibile con il contratto di formazione e lavoro, essendo prevista, in tale fattispecie, la proroga del termine nei casi in cui l’esecuzione del rapporto resti sospesa per fatti non riconducibili alla volontà delle parti. Ne consegue che il provvedimento ministeriale di autorizzazione al collocamento di lavoratori in cassa integrazione abilita il datore di lavoro ad includere tra il personale sospeso anche coloro che siano stati assunti al lavoro mediante il suddetto contratto”.
[5]
Pertanto se ai lavoratori assunti con cfl si applica lo stesso regime in materia di cigs previsto per i lavoratori dipendenti, e se per i Cds difensivi del I tipo (ex art. 1, legge n. 863/1984 e art. 5, 1° comma, legge n. 236/1993) si deve fare riferimento, in quanto compatibili, alle disposizioni in materia di cigs (i cds difensivi del I tipo riguardano proprio le imprese comprese nell’ambito della CIGS), è evidente che sulla decisione del legislatore (Ministero del Lavoro) di non considerare più i lavoratori assunti tramite Cfl come soggetti esclusi dall’applicazione del Cds del I tipo (dm n. 31445 del 2002), bensì come lavoratori beneficiari, abbiano sicuramente influito le decisioni della Corte di Cassazione
[6] ed
il principio generale di sostanziale identità tra la disciplina del contratto di formazione e lavoro e quella del contratto di lavoro subordinato affermato dal legislatore del 1984 (l’art. 3, 5° comma, della L. 19 dicembre 1984, n. 863).
Un altro problema ora è rappresentato dai contratti di inserimento: in assenza di una specifica disposizione, questi lavoratori possono ritenersi o no, beneficiari dei contratti di solidarietà difensiva del I tipo? A questo quesito si è risposto argomentando la legge di riforma del mercato del lavoro e il decreto del Ministero del Lavoro n. 31445 del 20/08/2002 in questo modo: l’art. 58, comma 1°, del d.lgs. 276/2003 rinvia per la disciplina del rapporto di lavoro derivante da un contratto di inserimento alle disposizioni stabilite in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, in quanto compatibili. L’art. 2, comma 5°, d.m. n. 31445 del 20/08/2002 statuisce che il ricorso al contratto di solidarietà non è ammesso per rapporti di lavoro a tempo determinato, instaurati al fine di soddisfare le esigenze di attività produttive soggette a fenomeni di natura stagionale.
Questo vuol dire che, in linea di principio, i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato possono beneficiare dei contratti di solidarietà, e ne consegue che in forza dell’art. 58, comma 1°, del d.lgs. n. 276/2003, anche i lavoratori assunti con contratto di inserimento possono ritenersi beneficiari del cds difensivo del I tipo.
Un aspetto curioso della disciplina in materia di contratti di solidarietà del primo tipo ex legge 863/1984, riguarda la computabilità di alcune categorie di lavoratori dipendenti, ed in particolare quella degli apprendisti, nella determinazione dell’organico aziendale quale requisito dimensionale che l’azienda interessata al beneficio del trattamento straordinario di integrazione salariale deve possedere per poter stipulare il contratto di solidarietà difensivo del I tipo, quando poi gli stessi apprendisti non possono beneficiare del trattamento di integrazione salariale di solidarietà. Il Ministero del Lavoro, interrogato sul punto, si limita a confermare in modo stringato quanto indicato nel D.M. 31445/2002, specificando che <<i lavoratori assunti con contratti “diversi”, concorrono alla determinazione dell’organico aziendale, benché non possono essere compresi tra coloro che usufruiscono della CIGS>>.
Deve ugualmente farsi, tuttavia, un minimo di chiarezza, soprattutto alla luce delle novità apportate dal d.lgs. n. 276/2003, tra le quali vi è l’introduzione di un nuovo istituto: il contratto di inserimento. I lavoratori assunti attraverso i contratti di inserimento concorrono nella determinazione dell’organico aziendale ai fini della stipulazione dei cds difensivi del I tipo? Per il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale <<trattandosi di una questione di ordine generale sull’applicazione delle normativa in materia di lavoro, si segnala che attraverso l’istituto dell’interpello, che può essere attivato dai soggetti legittimati secondo le modalità previste dall’art. 9 d.lgs.124/04, è possibile ottenere che l’amministrazione si esprima in modo ufficiale sull’applicazione di tale normativa>>.
[7]
La legge 23 luglio 1991, n. 223, all’art. 1, comma 1°, stabilisce la computabilità anche degli apprendisti e dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro per la determinazione del requisito dell’organico aziendale. Peraltro tale disposizione è stata confermata dal decreto ministeriale n. 31445 del 20 agosto 2002, art. 2, comma 1°, ultima parte.
In seguito, il d.lgs. n. 276/2003 (legge biagi) ha operato, come già detto prima, la riforma della disciplina dell’apprendistato ed ha introdotto il contratto di inserimento che si sostituisce, almeno per quanto riguarda l’impiego privato, al precedente contratto di formazione e lavoro
[8]. Tra le altre cose, il d.lgs. n. 276/2003 stabilisce:
1.
all’art. 53, comma 2°, che fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. La legge 23 luglio 1991, n. 223, all’art. 1, comma 1°, computa anche gli apprendisti ai fini della determinazione dell’organico aziendale, nelle imprese che intendono presentare la richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale; siccome i contratti di solidarietà del primo tipo (ex legge n. 863/1984), possono essere stipulati soltanto e proprio dalle imprese in regime di cigs, segue che gli apprendisti concorrono alla determinazione del requisito occupazionale che l’azienda deve possedere se vuole stipulare i contratti di solidarietà del primo tipo.
[9]
2.
all’art. 59, comma 2°, che fatte salve specifiche previsioni di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. Quest’ultima disposizione fa invece riferimento, nella prima parte, al solo “contratto collettivo” e non anche alle previsioni di legge. Bene, qualora il contratto collettivo di qualsivoglia livello esso sia, preveda, al suo interno, il computo degli assunti con contratto di inserimento nell’organico aziendale, ciò non contrasterebbe con il comma 2° dell’art. 59 del d.lgs. n. 276/2003, perché è la stessa norma del d.lgs. a prevedere questa possibilità. E ammesso pure (ma non concesso) che il contenuto del contratto di solidarietà contrasti con la norma in questione, sappiamo che secondo il principio del
favor prestatoris, la norma di legge (nel nostro caso la prima parte, del comma 2°, dell’art. 59, del d.lgs. n. 276/2003) potrebbe essere derogata dal contratto collettivo, qualora quest’ultimo preveda condizioni migliorative per i lavoratori (derogabilità in melius): l’eventuale previsione da parte del contratto collettivo del computo dei lavoratori assunti con contratto di inserimento nell’organico aziendale rappresenterebbe, a nostro avviso, una condizione migliorativa per i lavoratori dato che, permetterebbe all’impresa di raggiungere più agevolmente quel requisito occupazionale che la legge prevede per la stipula dei contratti di solidarietà, e che di conseguenza permetterebbe all’azienda stessa di salvare dei posti di lavoro
[10].
Il requisito occupazionale suindicato non si applica alle imprese editrici di giornali quotidiani, alle agenzie di stampa a diffusione nazionale, nonché editrici e/o stampatrici di giornali periodici.
Oltre ai contratti di solidarietà previsti dalla Legge 863/1984, vigono anche quelli applicabili alle imprese non rientranti in regime di CIGS, di cui alla Legge n. 236/1993. La solidarietà introdotta dal 5° comma dell’art. 5 della Legge n. 236/1993 amplia il raggio d’azione coinvolgendo tutte le imprese soggette alla procedura di riduzione del personale come disciplinato dall’art. 24 della legge n. 223/1991 (contratti di solidarietà difensivi del II tipo).
Sono legittimate, pertanto, a stipulare i contratti di solidarietà quelle aziende che occupano più di 15 dipendenti, di qualsiasi settore di appartenenza.
A questo criterio base sono previste deroghe più favorevoli, nel senso che si prescinde dai limiti numerici per quanto riguarda le imprese alberghiere e le aziende termali pubbliche e private operanti in località in crisi occupazionale.
Le categorie di lavoratori dipendenti interessate sono i quadri, gli impiegati, gli operai, i soci e non soci delle cooperative di produzione e lavoro. Sono esclusi i lavoratori con qualifiche dirigenziali.
Anche ai lavoratori assunti con contratto a termine o con contratto di inserimento e agli apprendisti si può applicare il regime di solidarietà ed il relativo contributo per tutta la durata del contratto di solidarietà e, in ogni caso, non oltre il termine di scadenza del contratto a termine, del contratto di inserimento o dell’apprendistato, purché la riduzione di orario concordata non impedisca il raggiungimento degli obiettivi formativi, ove previsti dalla fattispecie contrattuale applicata (Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale, Circolare n. 20 del 25/05/2004 – contratti di solidarietà difensivi del II tipo).
[1] Edoardo Ghera, Diritto del Lavoro, appendice di aggiornamento al 31 dicembre 2003, Cacucci Editore, Bari, 2004, pp. 22 e 23.
[2] E se si dovevano considerare oppure no, almeno fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 276/2003 (pubblicato sulla G.U. n. 235 del 09/ottobre/2003 – supplemento ordinario n. 159), come soggetti beneficiari dei cds del I tipo i lavoratori assunti nel settore privato tramite Cfl.
[3] Legge di estensione, in favore dei lavoratori, degli interventi della cassa integrazione guadagni, della gestione dell’assicurazione contro la disoccupazione e della cassa assegni familiari e provvidenze in favore dei lavoratori anziani licenziati.
[4] Circolare INPS del 06/ottobre/2006, n. 107.
[5] Quest’ultima pronuncia della Suprema Corte è anch’essa anteriore al decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 31445 del 20/08/2002.
[6] Vedi anche la decisione del Consiglio di Stato: sent. N. 1412 del 25/10/1996.
[8] Anche se <<è molto opinabile che l’istituto del contratto di formazione-lavoro sia stato sostituito dal contratto di inserimento visto che le sue finalità a carattere formativo sono state assorbite nel contratto di apprendistato mentre la disciplina del contratto di inserimento, istituita con L. n. 223/1991, è stata rivista dal D. Lgs. n. 276/2003 senza tuttavia menzionare la problematica dell’esclusione di questi lavoratori dal computo degli addetti ai fini del ricorso alla CIGS>> (Agenzia Lavoro Lazio, Ente strumentale della Regione Lazio, Roma 22 febbraio 2007, Prot. N. AT/EN 1816, in risposta ad una mio quesito [prot. n. 609194317] indirizzatoli tramite e-mail). Dello stesso parere anche il Ministero del lavoro e della previdenza sociale: <<il contratto di inserimento è un nuovo istituto introdotto dal d.lgs.276/03 e non presenta alcun profilo di continuità funzionale con la previgente disciplina del cfl>> (
backoffice@lavoro.gov.it, e-mail di risposta di giovedì 5 aprile 2007 14.35).
[9] <<Al riguardo, si osserva che per quanto riguarda l’apprendistato non sembra che sorgano problemi atteso che con la modifica legislativa del d.lgs. 276/03 non muta la natura dell’istituto, potendosi ravvisare comunque una soluzione di continuità tra il nuovo e il vecchio contratto di apprendistato>> (
backoffice@lavoro.gov.it, e-mail di risposta di giovedì 5 aprile 2007 14.35)
.
[10] Almeno fino a quando non si sa chi è che veramente rischia il posto di lavoro, poiché non appena si sappia tra i lavoratori il nome di chi realmente rischia il licenziamento per esuberanza di manodopera, automaticamente viene meno la solidarietà tra i lavoratori stessi.
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