I limiti all’ammissibilità del referendum abrogativo

 (Art. 75, comma 2 della Costituzione ed elaborazione giurisprudenziale).

Sommario: 1. Introduzione; 2. Analisi dei limiti all’ammissibilità del referendum abrogativo; 3. Le leggi tributarie e di bilancio; 4. Le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali; 5. I limiti impliciti; 6. leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, leggi costituzionalmente obbligatorie, leggi costituzionalmente necessarie; 7. Conclusioni.

Introduzione

L’articolo 75 della Costituzione[1] attribuisce al popolo l’importantissimo potere di modificare il quadro normativo dell’ordinamento giuridico, mediante lo strumento democratico del referendum[2]. Nello specifico, il referendum abrogativo viene normalmente collocato tra le fonti di legge, considerando che l’esito positivo dello stesso comporta l’eliminazione dal sistema giuridico dell’atto legislativo, oppure della disposizione di legge, che ne costituisce l’oggetto (insieme con le altre disposizioni o leggi ad esso strettamente connesse). Ci sono, tuttavia, alcuni atti legislativi rispetto ai quali non è ammissibile l’esperibilità di tale strumento referendario in quanto è la stessa costituzione a dotarli di una forza passiva (capacità di resistenza all’abrogazione) atipica e, nello specifico, superiore a quella tradizionalmente attribuita alle fonti normative di pari rango.

Analisi dei limiti all’ammissibilità del referendum abrogativo

Al fine di analizzare i limiti posti a tale strumento democratico è necessario esaminare dettagliatamente il secondo comma dell’articolo costituzionale in questione, che statuisce che: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. Dobbiamo considerare, inoltre, che l’indizione del referendum abrogativo, oltre ad essere vietata per le fattispecie esplicitamente delineate dal legislatore costituzionale, è esclusa anche per un’ulteriore serie di ipotesi ricavate, in maniera sistematica, dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (i cosiddetti limiti impliciti). Sulla base di ciò sono stati previsti limiti all’ammissibilità del referendum relativamente alla Costituzione e alle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, alle leggi dotate di forza passiva atipica (superiore rispetto a quella ordinaria), quelle che hanno un contenuto costituzionalmente vincolato (cioè attuative del dettato costituzionale nell’unica modalità possibile) ed infine quelle la cui  esistenza (e sopravvivenza) nel nostro ordinamento è imposta dalla Costituzione oppure dall’ordinamento giuridico comunitario e che non possono essere espunte senza creare una lacuna normativa non ammissibile (basti pensare alla legge elettorale). Sulla base del secondo comma dell’articolo 75 della Costituzione, quindi, le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e di indulto, quelle di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, nonché le altre individuate dalla giurisprudenza costituzionale, sono tutte ipotesi di atti legislativi dotati di una forza passiva, cioè di una capacità di resistenza all’abrogazione, superiore a quella normalmente attribuita agli altri atti legislativi ordinari. Non sono, infatti, sottoponibili a referendum abrogativo, poiché la loro permanenza all’interno dell’ordinamento è considerata meritevole di una tutela ulteriore rispetto alle leggi volte a disciplinare ambiti diversi, in quanto si vuole evitare il pericolo di lacune normative in materie considerate importanti dal legislatore costituzionale, soprattutto se la loro mancanza possa comportare rallentamenti o blocchi dei meccanismi ordinamentali. Va sottolineato il trattamento riservato alle leggi di amnistia e di indulto che, oltre ad essere escluse dall’ambito di ammissibilità del referendum abrogativo, godono di un particolare procedimento di formazione aggravato che permette di qualificarle quali fonti atipiche e rinforzate.

Le leggi tributarie e di bilancio

È necessario, ora, procedere ad un’individuazione maggiormente dettagliata degli atti legislativi cui viene attribuita tale peculiare atipicità sotto il profilo passivo della forza. Partendo dalle leggi tributarie e di bilancio (previste dall’articolo 81 della Costituzione), sono da ricomprendere in tale categoria: la legge di bilancio annuale e pluriennale; la legge finanziaria ed i provvedimenti collegati alla legge finanziaria[3]; le leggi essenziali per la realizzazione degli equilibri finanziari e di bilancio[4]. Secondo la ricostruzione della Consulta gli elementi essenziali ai fine della corretta individuazione delle leggi tributarie sono, invece, l’ablazione delle somme dai contribuenti con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico e la loro destinazione allo scopo di apprestare mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente impositore[5]. Devono inoltre rientrare all’interno di tale nozione, con conseguente esclusione dall’ambito operativo del referendum abrogativo, tutte quelle disposizioni che disciplinano il rapporto tributario nel suo insieme, cioè sia le norme riguardanti il momento costitutivo dell’imposizione sia quelle che disciplinano gli aspetti dinamici del rapporto, e quindi il suo svolgimento nell’accertamento e nell’applicazione del tributo con la riscossione dello stesso. La Corte costituzionale ha argomentato “la peculiare rilevanza dell’interesse tutelato” dalle leggi tributarie proprio dalla loro sottrazione al referendum abrogativo e ha evidenziato in maniera specifica la necessità del “puntuale assolvimento degli obblighi tributari, ai quali i cittadini sono tenuti in adempimento di uno dei doveri inderogabili di solidarietà nazionale che ad essi competono e dai quali dipende, in misura crescente, l’operatività e l’esistenza stessa dello Stato moderno”[6]. Per quanto riguarda le leggi di bilancio, la Corte, sin dalla sentenza n. 2 del 1994, ha sottolineato come la disciplina di bilancio fosse composta da una pluralità di provvedimenti legislativi, tra loro in rapporto di complementarietà e concorrenza. Tale disciplina ha il principale obiettivo di perseguire finalità di migliore programmazione, di definizione e controllo delle entrate e delle spese pubbliche per garantire l’equilibrio finanziario e l’effettivo rispetto dei principi espressi dall’articolo 81 della Costituzione. In tale ambito sono da ricondurre, allora, non soltanto la legge di bilancio, quale approvazione del bilancio annuale e pluriennale, ma anche, come abbia visto in precedenza, la legge finanziaria che sostanzialmente è volta alla definizione delle compatibilità economiche, delle grandezze finanziarie e delle determinazioni quantitative degli stanziamenti o delle riduzioni di spesa. La Consulta ha sostenuto, inoltre, che l’interpretazione letterale delle cause di inammissibilità prescritte dall’articolo 75 della Carta costituzionale deve necessariamente essere sottoposta ad integrazione sulla base di “un’interpretazione logico-sistematica, per cui vanno sottratte al referendum le disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all’ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall’articolo 75, che la preclusione debba ritenersi sottintesa”[7]. Deve essere richiamata un’ulteriore sentenza[8] tramite la quale la Corte precisa che lo stretto collegamento è da ritenersi sussistente qualora il legame genetico, strutturale e funzionale con le leggi di bilancio sia tale che le norme sostanziali collegate vadano ad incidere in via diretta sul quadro delle coerenze macroeconomiche e siano essenziali per realizzare l’indispensabile equilibrio finanziario. Stiamo parlando cioè di leggi che vanno ad incidere concretamente nell’ambito di operatività delle leggi di bilancio, che non possono essere valutate frazionatamente ed in maniera separata dal quadro delle compatibilità generali, come accadrebbe a seguito di una decisione referendaria che si pronuncia solamente su un elemento del quadro complessivo. C’è poi da aggiungere che, siccome le leggi di bilancio non sono definite dalla norma costituzionale, la relativa nozione deve essere estrapolata dalle caratteristiche che le leggi stesse assumono nel corso del percorso evolutivo dell’ordinamento giuridico, riferendosi, nello specifico, alla normativa introdotta con la legge n. 468 del 5 agosto 1978 (modificata, poi, con la legge n. 362 del 23 agosto 1988). Tale atto legislativo struttura il procedimento riguardante varie fasi che vanno dalla presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria e della relazione previsionale e programmatica, per giungere alla legge finanziaria e ai provvedimenti collegati e, per concludere, alla legge volta all’approvazione del bilancio annuale e di quello pluriennale, in termini di competenza e di cassa[9].

Le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali

Per quanto riguarda le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, previste dall’articolo 80 della Costituzione, vediamo come in tale categoria rientrano le leggi di esecuzione dei trattati, comprensive delle relative leggi di attuazione[10]; le leggi internazionalmente imposte[11]; le leggi comunitariamente necessarie o comunitariamente vincolate, cioè quelle disposizioni normative assolutamente indispensabili ad assicurare che lo Stato non sia inadempiente in relazione agli obblighi comunitari[12]. La ratio che sta alla base dell’inclusione di tali fonti tra quelle nei confronti delle quali è esclusa l’ammissibilità del referendum abrogativo coincide con la necessità di evitare che l’ente statale possa essere ritenuto responsabile per l’inadempimento degli accordi e, in particolare, dei ben determinati obblighi che lo stesso ha assunto a livello internazionale[13].

I limiti impliciti

Per quanto riguarda i limiti impliciti che abbiamo richiamato all’inizio dell’articolo, sono necessarie alcune puntualizzazioni. La Costituzione, le leggi costituzionali e di revisione costituzionale sono escluse dall’ambito applicativo del referendum di cui all’articolo 75 della Costituzione poiché, come sottolineato dalla Consulta[14], “se il referendum abrogativo assumesse ad oggetto qualunque tipo di legge in senso tecnico, ordinaria o costituzionale indifferentemente, la conseguenza sarebbe ben difficilmente compatibile con l’attuale regime di Costituzione rigida. Accanto all’apposito procedimento di revisione e di formazione delle altre leggi costituzionali, disciplinato dall’articolo 138 della Costituzione, si verrebbe cioè ad inserire un procedimento destinato alla sola abrogazione delle leggi costituzionali nonché, coerentemente, della Costituzione stessa, che in nessun modo potrebbe venire armonizzato con il primo di questi istituti”. Sono previsti, inoltre, limiti impliciti in relazione a quell’insieme di atti legislativi dotati di una forza passiva peculiare e, per questo, insuscettibili di essere validamente abrogati da leggi ordinarie successive, come per esempio, la legge di esecuzione dei patti lateranensi[15]. Si tratta, cioè, di tutti i procedimenti legislativi considerati quali “speciali”, o meglio, atipici, rinforzati, aggravati in relazione alla forma, alla forza e alla competenza.

Cercando di delimitare meglio tale categoria ampia e non facilmente inquadrabile, dobbiamo restringere la tesi della non abrogabilità referendaria esclusivamente agli atti legislativi dotati di forza passiva rinforzata. La ragione di tale esclusione dal campo di applicazione del referendum solitamente viene fondata sull’equiparazione tra il referendum e la legge ordinaria abrogativa, ma, in realtà, il referendum deve essere qualificato quale fonte a sé stante piuttosto che quale tipologia legislativa. Sembra necessario, allora, accedere ad un’ulteriore ragione a sostegno dell’esclusione di tale peculiare categoria legislativa dall’ambito di operatività del referendum. Ad essere rafforzata non sarebbe la legge bensì il momento partecipativo in quanto, nel corso della procedura di formazione degli atti legislativi atipici, viene richiesto il parere di particolari soggetti interessati ed è proprio a garanzia di questa partecipazione che può giustificarsi la qualificazione della fonte come rinforzata[16].

Leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, leggi costituzionalmente obbligatorie, leggi costituzionalmente necessarie

Le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato sono, invece, quegli atti legislativi “il cui nucleo normativo non possa venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali), oppure, quelle “la cui eliminazione determinerebbe la soppressione di una tutela minima per situazioni che tale tutela esigono secondo Costituzione”[17] . In buona sostanza tali leggi sono escluse dal novero degli atti sottoponibili a referendum abrogativo, in quanto la richiesta di referendum, tramite la proposta volta a privare di efficacia quella determinata legge, tende, in realtà, ad investire la corrispondente parte della Costituzione stessa. Ci sono, poi, le leggi costituzionalmente obbligatorie, cioè atti legislativi che svolgono un ruolo essenziale per il funzionamento dell’ordinamento democratico. Gli organi costituzionali e quelli di rilevanza costituzionale, infatti, non dovrebbero essere esposti al pericolo di una paralisi di funzionamento, anche in via del tutto eventuale. La sentenza n. 29 del 1987, vertente sul CSM, sottolinea come proprio per questa esigenza di salvaguardare la costante operatività e funzionalità, l’organo (si riferisce per l’appunto al CSM) a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, una volta costituito, non può essere privato, nemmeno in via temporanea, dell’insieme delle norme elettorali inserite nella propria legge di attuazione. “Tali norme potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di assolvere. Il referendum popolare abrogativo si palesa nella specie strumento insufficiente, in quanto idoneo a produrre un mero effetto ablatorio sine ratione”. In ogni caso, non è possibile sottrarre al referendum abrogativo qualsiasi legge ordinaria che sia costitutiva oppure attuativa di istituti, di organi, di procedure, di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione, come evidenziato dalla sentenza n. 16 del 1978 della Corte. Si andrebbe, in effetti, a limitare in maniera eccessivamente ampia l’utilizzo dello strumento democratico referendario ed inoltre, la nozione di leggi costituzionalmente obbligatorie potrebbe far ritenere che quelle leggi (e non altre) con i rispettivi contenuti normativi siano fondamentali ed insostituibili per rendere concrete le rispettive previsioni della Costituzione. La realtà è, però, diversa, poiché tali atti legislativi, ad eccezione delle disposizioni che presentano un contenuto costituzionalmente vincolato, mettono in atto semplicemente una tra le molteplici soluzioni che, in via astratta, sarebbero praticabili ai fini dell’attuazione della Carta costituzionale. Dobbiamo analizzare, infine, la categoria delle leggi costituzionalmente necessarie, presa in esame dalla Corte costituzionale sempre con la sentenza n. 16 del 1978. All’interno di tale categoria legislativa rientrano anche le leggi elettorali, che non possono essere sottoposte al referendum abrogativo nel caso in cui la normativa di risulta, cioè quella che fuoriesce quale risultato del procedimento referendario, sia produttiva di lacune che non possono essere colmate nell’attesa di un’apposita normativa d’integrazione[18]. Sono un insieme di atti legislativi “la cui esistenza e vigenza è indispensabile per assicurare il funzionamento e la continuità degli organi costituzionali della Repubblica” e possono essere sottoposti a referendum abrogativo solo nel caso in cui ricorrano specifiche condizioni. La giurisprudenza costituzionale va, allora, nella direzione di un più approfondito esame relativo all’ammissibilità dei referendum manipolativi. Per quanto riguarda nello specifico le leggi elettorali, la Consulta[19]  ha sostenuto che “le leggi elettorali possono essere oggetto di referendum abrogativi, poiché le stesse non sono comprese in quanto tali, tra gli atti legislativi per i quali l’articolo 75, secondo comma, della Costituzione, esclude l’ammissibilità dell’abrogazione popolare”. Interessante è un’altra sentenza[20] con la quale la Corte, sottolineando il principio generale per il quale le leggi costituzionalmente necessarie (tra le quali le leggi elettorali) sono indispensabili per garantire il costante funzionamento e la continuità degli organi costituzionali della Repubblica, pone in rilievo le “caratteristiche proprie della materia elettorale, con riferimento in particolare all’esigenza di poter disporre, in ogni tempo, di una normativa operante”. Quest’ insieme di norme, ricavabile sia dall’espressa statuizione del secondo comma dell’articolo 75 della Costituzione, sia da un’attenta operazione ricostruttiva della giurisprudenza costituzionale che ha permesso di enucleare i cosiddetti limiti impliciti all’ammissibilità del referendum abrogativo, presenta, quindi, una forza passiva atipica e superiore rispetto agli altri atti legislativi ordinari che non godono della medesima protezione costituzionale.

Conclusioni

Sulla base di quanto appena ricostruito risulta chiaro come all’interno del nostro ordinamento giuridico ci siano alcuni atti legislativi che, pur rientrando nella macrocategoria delle fonti ordinarie, mostrano caratteristiche atipiche sotto il profilo della forza passiva e, quindi, una maggiore capacità di resistenza all’abrogazione. Questa peculiarità, statuita direttamente dal testo costituzionale, trova la propria giustificazione nel ruolo chiave che tali atti normativi rivestono nel nostro ordinamento che in determinati settori non ammette la possibilità che ci siano lacune normative. In alcuni casi richiede, addirittura, specifici procedimenti normativi per la loro promulgazione o abrogazione che devono essere tassativamente osservati, come nell’ipotesi delle leggi di amnistia e di indulto. Non è possibile, pertanto, aggirare lo specifico iter procedimentale procedendo all’abrogazione tramite l’istituto del referendum abrogativo.

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Note

[1] È utile la lettura dalla Relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione, Ruini, allegata al Progetto di Costituzione della Repubblica italiana del 1947.

[2] Un’apposita disciplina dello strumento referendario si è avuta con l’emanazione della legge n. 352/1970.

[3] Sentenza della Corte costituzionale n. 2/1994.

[4] Sentenza della Corte costituzionale n. 12/1995.

[5] Sentenza della Corte costituzionale n. 63/1990: n. 26/1982; 11/1995; 37/1997.

[6] Sentenza della Corte costituzionale n. 6/1978.

[7] Sentenza della Corte costituzionale n. 16/1978.

[8] Sentenza della Corte costituzionale n. 2/1994.

[9] Sentenza della Corte costituzionale n. 12/1995; la sentenza Corte cost. n. 16/1978 equipara alle leggi di bilancio “le innumerevoli leggi di spesa”; la sentenza Corte cost. n. 12/2014 sottolinea la necessità che le leggi in questione perseguano finalità di “contenimento della spesa pubblica”.

[10] Sentenze della Corte costituzionale n. 16/978; n. 26/1993; n. 8/2005; n. 27/1997; n. 31/1981.

[11] Sentenze della Corte costituzionale n. 30/1981; n. 26/1993; n. 8/1995; n. 27/1997.

[12] Sentenze della Corte costituzionale n. 41/2000; n. 45/2000.

[13] Sentenza della Corte costituzionale n. 63/1990.

[14] Sentenza della Corte costituzionale n. 16/1978.

[15] Sentenza della Corte costituzionale n. 16/1978.

[16] Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1997, pp. 113 ss.

[17] Sentenza della Corte costituzionale n.35/1997.

[18] Sentenze della Corte costituzionale n. 47/1991; 5/1995; 26/1997.

[19] Sentenza della Corte costituzionale n. 47/1991.

[20] Sentenza della Corte costituzionale n.13/1999.

Nicholas Sanelli

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