La circostanza che l’opera rientrasse nelle previsioni degli strumenti di pianificazione non esclude la possibilità di non realizzare l’intero programma
la pubblica amministrazione conserva, anche in relazione ai procedimenti di scelta dei contraenti, il potere di annullare o revocare in via di autotutela il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di vizi della procedura o di preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse
Tale potere di autotutela trova fondamento nei principi costituzionali predicati dall’articolo 97 della Costituzione, sicchè neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva, e tanto meno quello di aggiudicazione provvisoria, ostano al suo esercizio, il quale incontra il solo limite, ai fini di cui poi si scriverà, del rispetto dei principi di buona fede e correttezza alla cui osservanza è tenuta anche la pubblica amministrazione
Con l’entrata in vigore dell’art. 21 quinques della l. n. 241/90, d’altronde, il legislatore ha accolto una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi che ne legittimano l’adozione: <<a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) per mutamento della situazione di fatto; c) per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi). La revoca di provvedimenti amministrativi è, quindi, consentita non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario>> (Cons. Stato, V, 6 ottobre 2010, n. 7334; v., anche Cons. Stato, VI, 17 marzo 2010, n. 1554)
Nel caso di specie, la motivazione del provvedimento di ritiro era appunto costituita da una nuova valutazione dell’interesse pubblico, posto che l’Amministrazione, preso atto di un proprio disequilibrio di bilancio di circa 1,6 milioni di euro, delle difficoltà logistiche esistenti per il trasferimento degli uffici durante l’esecuzione dei lavori (<<l’aspetto organizzativo relativo al trasferimento mostra aspetti di criticità in quanto, da una parte, l’appalto non prevede un frazionamento dei lavori e, dall’altro, la mancata propedeutica indagine atta alla individuazione di strutture idonee alla bisogna impedisce, di fatto, un immediato trasloco>>) e di quelle economiche pure riscontrate (<<l’onere riveniente dal pagamento di canoni di locazione di immobili di privati non è sostenibile per le casse comunali>>), mutava il proprio originario indirizzo e si determinava, così, all’annullamento degli atti di gara
Considerato, quindi, che nell’esercizio dello jus poenitendi l’Amministrazione gode, soprattutto nel caso di scelte aventi carattere di ampio respiro, di significativi margini di discrezionalità, tale motivazione può certamente ritenersi idonea a supportare la scelta compiuta.
Né assume particolare rilievo il tema del “giusto procedimento” posto dalla ricorrente, atteso che, per la natura degli interessi considerati, non si riesce a cogliere alcun profilo rispetto al quale essa avrebbe potuto offrire apporti tali da influire sulla valutazione finale.
Così come infondate sono le censure rivolte a contestare la violazione del programma triennale e dell’elenco annuale delle opere pubbliche, anche sotto il profilo della dedotta incompetenza della Giunta a variare previsioni programmatiche riconducibili al Consiglio Comunale: la circostanza che l’opera rientrasse nelle previsioni dei richiamati strumenti di pianificazione, difatti, non escludeva la possibilità, sulla base di una nuova valutazione dell’interesse pubblico, non già di variare il contenuto del programma ma di decidere, in quella parte, di non realizzarlo, e tale valutazione, nel riparto di competenze di cui al t.u.e.l., ricadeva appunto in quella residuale e generale della Giunta (in disparte i dubbi sulla configurabilità, per la ricorrente, di un interesse giuridicamente significativo al rispetto degli atti in oggetto).
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