I nuovi profili di responsabilita’ del danno erariale dopo il decreto legge n. 76/2020 (decreto semplificazioni)

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Premessa

Il 16 Luglio 2020 è stato pubblicato il Decreto-Legge n. 76/2020, meglio noto come “Decreto Semplificazioni”, recante Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale[1]. Il testo rappresenta un intervento organico che mira a semplificare i procedimenti amministrativi, elimina e velocizza adempimenti burocratici, sostiene l’attività d’impresa e, propone nuove forme di “digitalizzazione della pubblica amministrazione”. In riferimento al danno erariale, apporta modifiche alla conseguente responsabilità erariale, tanto da considerare ,ora, il dolo riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non civilistica. Risulta più difficile provare il dolo e  la colpa grave “disinnescata” per un anno, ma non per i danni erariali cagionati da omissione o inerzia.

1.1 d.lgs. N.76/2020 (decreto semplificazioni)

A tal proposito, infatti, è doveroso evidenziare come con il ‘Decreto Semplificazioni’ si interviene su una delle componenti strutturali dell’illecito amministrativo-contabile, ossia l’elemento psicologico, andando a circoscriverne la punibilità, con il fine di rendere maggiormente  efficiente  la  P.A., a partire dal  presupposto che il perseguimento di questo obiettivo venga  ostacolato dal timore dei funzionari pubblici di incorrere in responsabilità erariale anche per errori  non connotati dall’intento  di arrecare un determinato danno alla Amministrazione di appartenenza. Nello specifico, sub art. 21, comma 1, D.L. n. 76/2020, viene integrato il disposto dell’art. 1, comma 1, della L. n. 20/1994 che contiene la disciplina sostanziale della responsabilità del pubblico dipendente che cagioni un danno all’Erario; ciò posto, se già per effetto della riforma del 1996 (L. n. 639), la responsabilità amministrativa citata era stata limitata ai soli comportamenti posti in essere con “dolo o colpa grave” – in deroga al principio generale della responsabilità per “dolo o colpa“, ancorché lieve – , attualmente con il nuovo Decreto Semplificazioni all’articolato in questione è stato aggiunto un periodo ulteriore , in forza del quale viene prescritto che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. La norma chiarisce ,infatti, che il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica, come invece risulta da alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile che hanno ritenuto raggiunta la prova del dolo inteso come dolo del singolo atto compiuto”. A questo proposito, si deve  evidenziare come fosse sin qui controverso il criterio di individuazione dell’elemento soggettivo del dolo nelle fattispecie di danno erariale.

 

1.2  il dolo erariale

A fronte di un orientamento, in cui si afferma, in linea con la nozione penalistica dell’art. 43 c.p., che per integrare il dolo erariale non si può prescindere dalla volontà dell’evento dannoso, oltre  alla volontarietà della condotta illecita o illegittima, la tesi più diffusa nella giurisprudenza contabile è stata quella per cui il dolo di matrice  penalistica non è applicabile al processo contabile per responsabilità finanziarie, poiché  si applicano, per qualificare l’azione dolosa dei dipendenti pubblici, i criteri relativi al ‘dolo c.d. contrattuale’. In base a questo indirizzo giurisprudenziale, per aversi dolo è sufficiente che i soggetti legati da un rapporto di servizio alla P.A., tengano scientemente un comportamento che violi un loro obbligo, senza che sia necessaria la diretta e cosciente intenzione di nuocere, cioè  di agire ingiustamente a danno delle pubbliche finanze. Il ‘dolo in adimplendo’, infatti, si identifica nella cosciente violazione di una speciale obbligazione preesistente, ed è diverso da quello di cui all’art. 43 c.p. (sulla cui base si modella anche il dolo extracontrattuale o aquiliano), ovverossia quale volontà dell’evento dannoso. In esito alla novella in esame, viene codificato l’indirizzo minoritario per cui il dolo c.d. “erariale” da oggi deve intendersi sostanziato dalla volontà dell’evento dannoso, che si accompagni alla volontarietà della condotta antidoverosa. Ne deriva che, per constatare  la sussistenza del “dolo erariale” d’ora in avanti non basterà più dare prova della consapevole violazione degli obblighi di servizio, ma servirà dimostrare la volontà di produrre l’evento dannoso. Il dolo si potrà concretare laddove  si cumulino, con la conoscenza della causa del danno, dati della realtà che comprovino il ricorrere di ulteriori consapevolezze circa l’effettività e lo specifico contenuto del danno medesimo. Il  dolo “erariale” dev’ essere ora inteso come stato soggettivo caratterizzato dalla consapevolezza e volontà dell’azione o omissione contra legem, con riferimento alla violazione delle norme giuridiche che regolano e disciplinano l’esercizio delle funzioni amministrative e alle sue conseguenze dannose per le finanze pubbliche. Al comma 2 dello stesso Art. 21 di cui trattasi, si “argina” anche la “colpa grave”, stabilendosi, con una disposizione avente carattere transitorio, che fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità viene limitata al solo profilo del dolo per le azioni e non anche per le omissioni, in maniera tale  che “i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di ‘non facere’ (omissioni e inerzie) rispetto al ‘facere’, dove la responsabilità viene limitata al dolo”: con il risultato di mandare esente da mende i funzionari e gli amministratori pubblici che agiscono con grave superficialità, sanzionando quanti siano rimasti inoperosi.

1.3 corte dei conti e c.d. controlli concomitanti

A margine, va menzionata anche la previsione di cui al successivo art. 22, D.L. n. 76/2020, cit., in base al quale la Corte dei Conti viene chiamata a svolgere i controlli concomitanti di cui all’art. 11, comma 2, L. n. 15/2009, anche sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale. La norma prevede che la Corte – la quale si può attivare anche su richiesta del Governo, oltre che delle competenti Commissioni parlamentari – nel caso in cui dall’attività di controllo citata  riscontri l’eventuale accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi secondo le vigenti procedure amministrative e contabili, trasmetta celermente i relativi atti all’Amministrazione competente ai fini della responsabilità dirigenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 21, comma 1, D. Lgs. n. 165/2001 (con conseguente possibile revoca ovvero esclusione del rinnovo dello stesso incarico dirigenziale). Sotto un profilo organizzativo, al comma 2 dello stesso art. 22 D.L. 16 luglio 2020, n. 76, si prevede anche  che il Consiglio di presidenza della Corte dei Conti, nell’esercizio della potestà regolamentare autonoma, provvede all’individuazione degli uffici competenti e adotta le misure organizzative necessarie per l’attuazione di detti controlli, senza nuovi oneri per la finanza pubblica. Con il Decreto Semplificazioni, sostanzialmente, cambia la responsabilità dei dipendenti pubblici. Non a caso, infatti, obiettivo del Capo IV Titolo II del Decreto citato, è combattere la c.d. “burocrazia difensiva” e la “paura della firma”, che sovente  rischia di paralizzare  l’azione amministrativa per timore di essere chiamati in giudizio per danno erariale o per abuso d’ufficio[2]. Una  legge, però, anche se complessa , non può modificare i comportamenti senza una costante azione di accompagnamento al cambiamento. L’art. 21 del Decreto n. 76/2020 modica radicalmente, in due aspetti, la responsabilità del dipendente pubblico così come era stata disegnata dalla L. n.  20/1994.Il primo aspetto riguarda la “prova del dolo”: si prevede ,infatti, che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”, il  secondo aspetto è più “rivoluzionario” : il co. 2°  dell’art. 21 limita ,infatti, con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 (data di entrata in vigore del decreto-legge) al 31 dicembre 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità, ai soli casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente sia stata compiuta con dolo. Questa limitazione di responsabilità si applica ai danni cagionati dalle sole condotte attive , mentre nel caso di danni cagionati da omissione o inerzia il soggetto agente continuerà a risponderne sia a titolo di dolo, sia di colpa grave. Per questo periodo entra in gioco una sorta  di “scudo erariale”, tale per cui è stata abolita la responsabilità erariale per colpa grave, a meno che non siano danni cagionati da omissione o inerzia, rispetto ai quali si prevede che non si applichi la limitazione di responsabilità. Se l’art. 21 modifica radicalmente la responsabilità del dipendente pubblico, l’art. 23 incide modificando un articolo del cod. penale, più precisamente l’art. 323, il quale  disciplina l’abuso d’ufficio.

 

1.4 abuso d’ufficio alla luce del decreto semplificazioni

Prima di questo Decreto, l’abuso d’ufficio  interveniva nel caso in cui un incaricato di pubblico servizio “in violazione di norme di legge o di regolamento, (…) intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ,ovvero arreca ad altri un danno ingiusto”. Allo stato attuale, l’abuso d’ufficio interviene solo se l’azione si attua “in violazione di specifiche regole di condotta stabilite ex lege o da atti aventi forza di legge”. Poiché vincola  l’abuso penalmente rilevante alla violazione di specifiche regole di condotta dettate da leggi, la riforma operata con D.L. N. 76/2020, mira a ridurre l’area applicativa dell’incriminazione, escludendo la violazione di principi generali. Non ci sarà abuso d’ufficio penalmente rilevante, in caso di violazione di una specifica ed espressa regola di condotta, caratterizzata però da margini di discrezionalità. Il  capo IV del Titolo II del Decreto, che è completato dall’ art. 22 che riguarda l’azione di controllo concomitante della Corte dei Conti per le realizzazioni delle azioni di sostegno post covid19, si pone l’obiettivo di garantire maggiore discrezionalità al dirigente pubblico e di ridurre il rischio di azioni giudiziarie , quando vengono prese  decisioni controverse in condizioni di incertezza, dal momento che la presenza o meno di margini di discrezionalità in una norma di condotta è di difficile determinazione, così come è difficilmente  individuabile la “dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. Permane anche il dubbio se sia più grave un’omissione o una decisione avventata o interessata che violi un regolamento esplicito, ma che non ha forza di legge. La responsabilità del funzionario pubblico, che con la propria azione determini risultati lesivi dell’interesse pubblico e , di conseguenza, un danno all’erario, non può considerarsi collegata ad un necessario disegno intenzionale. Basta semplicemente la lesione dell’interesse pubblico ed il fatto consistente nella necessaria violazione di regole formali (la violazione della norma), ma anche manageriali: si deve trattare di un inadempimento grave ed intenzionale finalizzato a scelte concrete ,poco ponderate, laddove per ponderazione  s’ intende  il confronto tra le possibili conseguenze derivanti da scelte alternative e l’esercizio della discrezionalità. Tale esercizio viene  correttamente svolto, quando la scelta discrezionale è operata, in  ventaglio di più opzioni legittime, così da scegliere quella che persegua nel migliore dei modi l’interesse pubblico col minor sacrificio possibile per i privati. Una scelta discrezionale compiuta senza confrontarla con altre possibili, in violazione di norme o  regole tecniche, produce  dolo, perché confonde la discrezionalità con l’arbitrio. Il dolo di cui trattasi, sia in chiave civile che penale , è un elemento psicologico soggettivo. Ai sensi dell’articolo 43, comma 1, del Codice penale, il delitto “è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso e pericoloso, che è il risultato dell’azione o dell’omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”. Il dolo in chiave penalistica, quindi, è costituito da due componenti: la “rappresentazione”, che consiste nella pianificazione dell’azione od omissione volta a creare l’evento dannoso; la “risoluzione”, cioè la decisione di realizzare effettivamente lo sforzo esecutivo del piano, per giungere alla realizzazione del fatto dannoso o pericoloso.

 

1.5 IL DOLO IN CHIAVE CIVILISTICA

Nell’accezione civilistica, il dolo è elemento psicologico soggettivo del fatto illecito, disciplinato dall’art. 2043 del Cod. civile: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire i danno”, nel caso della responsabilità extracontrattuale; dall’articolo 1125 c.c., nel caso dell’inadempimento di un’obbligazione: “Se l’inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione”[3]. Il codice civile non disegna il dolo con elementi costitutivi specifici, quali quelli indicati dall’art.  43 del cod. penale, ma è connesso all’intenzione del soggetto agente di ottenere un risultato illecito, per violazione del “neminem laedere” o per consapevole e voluto inadempimento contrattuale. Viene, ora, eliminata la colpa grave “per le azioni e non anche per le omissioni”. L’“azione” nella gestione amministrativa, consiste nell’adottare decisioni, cioè provvedimenti dai quali discendono spesa pubblica e rapporti contrattuali. Se quell’azione viene  adottata, ma in modo negligente, poco meditato, irrispettoso delle regole tecniche, il danno che produce è collegato  ad un’azione amministrativa mediocre, contraria alle esigenze di legalità, correttezza amministrativa e, di efficienza ed efficacia. Così facendo, il legislatore mira a semplificare meccanismi burocratici molto lunghi e complessi.

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Note

[1] Diritto Amministrativo, Decreto Semplificazioni: le modifiche alla responsabilità erariale, Leggi d’Italia PA – Il Quotidiano per la P.A. LEGGI D’ITALIA INPRATICA PA La soluzione Leggi d’Italia per risolvere tutte le problematiche operative in tema di Appalti, Edilizia e urbanistica, Ambiente, Pubblico impiego, Tributi e contabilità, Polizia Giudiziaria, Altalex  27/07/2020

[2] Carlo Mochi Sismondi, Presidente FPA, Decreto Semplificazioni: come cambia la responsabilità dei dipendenti pubblici, 16 Settembre 2020, www.forumpa.it.

[3] OLIVERI, Decreto Semplificazioni e Responsabilità erariale: rinnegati merito e capacità, LP INFORMAZIONE TECNICA ON-LINE, 30/6/2020.

 

Cecilia Colletta

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