La riforma del 2003 ha introdotto per la prima volta nel codice civile un’espressa disciplina dei patti parasociali, e la Relazione alla riforma chiarisce che in “attuazione dell’art. 4, 7° comma , lettera c), della legge delega agli artt. 2431 bis e 2341 ter dettano norme sui patti parasociali, le quali si pongono in continuità con le norme introdotte a suo tempo dal testo unico della intermediazione finanziaria per le società emittenti di azioni quotate nei mercati regolamentati(…).
Possiamo, dunque, qualificare il patto parasociale come l’accordo tra soci (o anche tra soci e terzi), stipulato al di fuori dell’atto costitutivo, con il quale i medesimi si obbligano a tenere un determinato comportamento nella società o verso la società. Badini Confalonieri1 rileva che sebbene la dottrina tradizionale ricolleghi i patti parasociali alla figura del socio, è opinione diffusa che possano essere parti di un patto parasociale anche terzi non soci e la società stessa, ferma restando la necessità di almeno un socio e del collegamento negoziale funzionale con il contratto sociale.
Tali accordi si definiscono patti para-sociali, appunto perché, come chiarisce Campobasso2, non risultano consacrati nell’atto costitutivo delle società, e da questo restano formalmente distinti.
I patti parasociali hanno, dunque, natura di contratti plurilaterali e sono collegati al contratto sociale: è fondamentale chiarire, però, che il collegamento è unilaterale. Il contratto sociale, infatti, resta indifferente rispetto a quanto può accadere agli accordi dei soci concretizzatisi in un patto parasociale (Oppo)3.
La caratteristica, dunque, principale dei patti parasociali è il loro rilievo obbligatorio ed extra sociale. Non necessitano di alcuna forma particolare prevista dalla legge (vale, dunque, il principio di libertà delle forme, combinato disposto artt. 1325 e 1350 cc.).
La Cassazione ha marcato più volte l’efficacia meramente obbligatoria dei patti parasociali: “il patto cosiddetto parasociale con il quale alcuni soci concordino tra loro condizioni e modalità di sottoscrizione di un aumento del capitale sociale vincola, per definizione, esclusivamente i soci contraenti, e non anche la società che è, rispetto al patto stesso, terza” (Cass. 21 novembre 2001, n. 14629). L’efficacia obbligatoria segue il principio generale ex art 1372, 2° comma, cod. civ., in base al quale “il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”.
La conseguenza è che la loro violazione non incide sulla validità degli atti, ma comporta solo l’obbligo del risarcimento danni nei confronti degli altri soci partecipanti al patto4.
Una parentesi simpatica da aprire e approfondire è, se nel caso di inadempimento del patto, sia possibile il ricorso all’esecuzione in forma specifica. La questione è combattuta, e se dottrina e giurisprudenza tradizionalmente escludono tale possibilità, ci sono state due pronunce a favore dell’esperibilità, nella fattispecie, del rimedio cautelare ex art. 700 cod. pen.civ. e dell’ammissibilità della sentenza costitutiva ex art 2392 cod. civ.5.
Ma come fare a stabilire la natura sociale o parasociale di un accordo tra soci? Sono previste tre teorie: formalistica, soggettiva ed oggettiva.
Secondo la teoria formalistica, come sottolineato a più riprese da Rescio nella sua “La distinzione del sociale dal parasociale”, sarebbe necessario e sufficiente fare ricorso al criterio meramente formale. Bisognerebbe,dunque, guardare a se il patto è contenuto o meno nello statuto. Se dovesse essere contenuto nello statuto avrebbe, nulla quaestio, natura sociale. In caso contrario, costituirebbe prova certa del suo carattere parasociale.
Secondo la teoria soggettiva, il criterio distintivo andrebbe ravvisato nella volontà delle parti: a seconda cioè che la volontà dei soci sia quella di attribuire al patto efficacia vincolante anche per i futuri soci e la società (patto sociale), ovvero un’efficacia solo interna (patto parasociale).
Secondo la teoria oggettiva, avallata anche dalla giurisprudenza6, il criterio è ravvisato nell’ambito di efficacia del patto: a seconda cioè che dall’accordo nascano obblighi che coinvolgono tutti i soci o intere categorie di soci e la società (patto sociale), ovvero obblighi limitati solo ad alcuni soci ( patto parasociale). La Cassazione ha evidenziato come “il vincolo che discende da tali patti opera su di un terreno esterno a quello dell’organizzazione sociale”.
NOTE
1) I patti parasociali, in CAGNASSO-PANZANI, cit 261 ss.
2) Campobasso, Diritto Commerciale, 2, Dirrito delle società
3) Oppo, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, 517 ss.
4) Campobasso, Diritto Commerciale, cit. 51, Rescio, Assemblea dei soci. Patti parasociali, in Diritto delle Società, 203 ss.
5) Trib. Genova 8 luglio 2004, n. 1265 e Trib. Milano 20 gennaio 2009, n. 1129.
6) Cassazione, 23 novembre 2001, n. 14865
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