Corte cost. 19 aprile 2018, n. 77 sulla compensazione delle spese processuali
Si è visto che il principio della soccombenza trova la sua ragione pratica nella considerazione secondo cui, nell’ipotesi in cui le spese del processo dovessero restare a carico della parte vittoriosa che le ha anticipate, questa, pur ottenendo ragione con la decisione del giudice, vedrebbe un riconoscimento parziale delle proprie pretese, dovendo decurtare dal bene della vita ottenuto il costo delle spese di lite. In definitiva, il criterio legislativo che pone le spese a carico del soccombente rappresenta uno strumento ulteriore per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa. E, in tale prospettiva, come si vedrà nel capitolo che segue, si colgono anche i limiti del medesimo principio segnati dalla concorrente regola della soccombenza, quali delineati dall’art. 92, secondo comma, c.p.c., nel testo che scaturisce dalla pronuncia della Corte costituzionale 19 aprile 2018, n. 77.
Come si avrà modo di rilevare, quest’ultima decisione, chiamata a valutare la legittimità dell’art. 92, secondo comma, cit., nella parte in cui consentiva, nell’ultima versione, di compensare le spese, oltre che nel caso di soccombenza reciproca, nelle sole ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti, ha chiarito che
“contrasta con il principio di ragionevolezza e con quello di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) aver il legislatore del 2014 tenuto fuori dalle fattispecie nominate, che facoltizzano il giudice a compensare le spese di lite in caso di soccombenza totale, le analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata. La rigidità di tale tassatività ridonda anche in violazione del canone del giusto processo (art. 111, primo comma, Cost.) e del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.) perché la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti”
Liquidazione delle spese processuali nei procedimenti complessi
In tale cornice normativa occorre ora considerare il tema della liquidazione delle spese nei procedimenti complessi, sul piano oggettivo, per la presenza di una pluralità di domande, o sul piano soggettivo, per la presenza di una pluralità di parti.
Cominciando ad esaminare la prima ipotesi, ossia la presenza di una pluralità di domande contrapposte, il giudice, qualora non opti per una compensazione totale, potrebbe giungere, attraverso la compensazione parziale, a derogare al principio per il quale la parte vittoriosa non può mai essere condannata al pagamento delle spese.
Cominciando ad esaminare la prima ipotesi, ossia la presenza di una pluralità di domande contrapposte, il giudice, qualora non opti per una compensazione totale, potrebbe giungere, attraverso la compensazione parziale, a derogare al principio per il quale la parte vittoriosa non può mai essere condannata al pagamento delle spese[1].
Al riguardo, si osserva che, secondo la giurisprudenza, la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., si verifica – anche in relazione al principio di causalità – nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero quando venga accolta parzialmente l’unica domanda proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri[2].
La soluzione riposa su un principio di parallelismo, nel senso che, diversamente opinando, l’attore, in quanto non soccombente, non potrebbe essere neanche considerato legittimato ad impugnare la pronunzia che abbia accolto la sua domanda solo in parte[3].
Sia in questa ipotesi, che può non sollevare problemi di complessità oggettiva, sia nel caso di domande contrapposte[4], la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare quanto segue.
La soccombenza è una nozione descrittiva, relativa all’esito delle domande proposte dalle parti: essa esprime, più in generale, la coincidenza tra le richieste delle parti stesse e la decisione del giudice.
I cd. principi di causalità e di soccombenza esprimono invece una regola destinata ad operare per l’attribuzione del carico delle spese di lite: la regola per cui alla parte soccombente, e cioè alla parte le cui richieste siano state disattese dal giudice, si imputano gli oneri processuali necessari ai fini della relativa decisione, per avervi dato causa. Il principio della soccombenza è previsto dall’art. 91 c.p.c., come criterio di regolazione delle spese di lite per il caso in cui vi sia una parte integralmente soccombente ed una integralmente vincitrice.
In tal caso soccombenza e imputazione degli oneri processuali coincidono integralmente: all’unico soccombente vanno imputati tutti gli oneri del processo, in quanto di esso egli ha la totale responsabilità.
Per il caso in cui invece vi sia parziale reciproca soccombenza, l’art. 92, comma 2, c.p.c., si limita a prevedere la possibilità (non l’obbligo) di una compensazione integrale o parziale delle spese di lite (possibilità prevista anche, fino al dicembre 2014, per il caso di sussistenza di giusti motivi o eccezionali ragioni; successivamente, invece, solo in caso di questioni nuove o sulle quali vi è stato mutamento di giurisprudenza), ma non indica il criterio in base al quale operare la scelta. Tale criterio va individuato nel più generale principio di causalità. occorre cioè procedere alla individuazione della parte cui siano eventualmente imputabili in prevalenza, per avervi dato causa, agendo o resistendo alle altrui pretese infondatamente, gli oneri processuali ricollegabili all’attività svolta per la istruzione e decisione delle varie domande proposte, o dei vari capi dell’unica domanda, o anche dell’unica domanda che sia risultata solo in parte fondata[5].
Per approfondire il tema delle spese processuali nei procedimenti complessi continua a leggere pp. 41 ss. del volume “Le spese di lite” di Giuseppe De Marzo, Ida Cubicciotti, Cristina Maria Celotto
Le spese di lite
Il volume vuole essere una guida per il Professionista che deve considerare, oltre agli aspetti tecnici e giuridici del proprio operato, altresì quelli economici. L’attività forense ha invero un costo e risulta opportuno valutare in via preventiva quali sono i rischi economici e le spese a cui si deve far fronte nell’ambito di un’azione giudiziaria. L’opera affronta dunque le diverse fattispecie che riguardano le spese processuali: dalla condanna, anche a titolo aggravato, alla distrazione delle spese e alla compensazione. Per completezza, si affronta altresì la tematica relativamente alle ipotesi di gratuito patrocinio. Partendo dai criteri che guidano il giudice, passando per le regole generali che disciplinano le spese processuali, si approda alla casistica più particolare, nonché alla più innovativa ipotesi di condanna alle spese, introdotta dall’art. 96 c.p.c.Giuseppe De Marzo, consigliere della Suprema Corte di Cassazione, assegnato alla I sezione civile e alla V sezione penale; componente supplente del Tribunale Superiore delle Acque; componente del Gruppo dei Referenti per i rapporti con la Corte europea dei diritti dell’uomo; autore di numerose monografie e di pubblicazioni giuridiche, ha curato collane editoriali; collabora abitualmente con Il Foro italiano. Ida Cubicciotti è magistrato del Distretto di Lecce, incaricata più volte dell’insegnamento di diritto processuale civile presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università del Salento, è stata formatore decentrato del settore civile presso la Corte d’Appello di Salerno componente della Commissione Flussi del Consiglio Giudiziario di Salerno e Coordinatore per la gestione dei magistrati onorari presso il Tribunale di Lecce. È magistrato di riferimento per l’informatica presso il Tribunale per i Minorenni di Lecce e ha svolto incarichi di formazione per i corsi di aggiornamento della Scuola Superiore della Magistratura in materie di diritto sostanziale e processuale civile. Cristina Maria Celotto, laureata con 110 e lode presso l’università di Roma Tre nell’anno 2016. Dopo una carriera in qualità di assistente alla cattedra presso il corso di diritto penale dell’università di Roma Tre, conclude positivamente la pratica forense presso l’Avvocatura generale dello Stato ed il tirocinio formativo presso la Corte di Cassazione.
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[1] Per quest’ultimo principio, v., ad es., sez. I, ordinanza n. 19613 del 4 agosto 2017, Rv. 645187 – 01.
[2] V., ad es., sez. III, ordinanza n. 20888 del 22 agosto 2018, Rv. 650435 – 01; sez. I, ordinanza n. 10113 del 24 aprile 2018, Rv. 648893 – 01.
[3] Sez. III, sentenza n. 3438 del 22 febbraio 2016, Rv. 638888 – 01.
[4] Secondo la giurisprudenza di legittimità non ricorre un’ipotesi di soccombenza reciproca nel caso di rigetto, in sede di gravame, della domanda, meramente accessoria, ex art. 96 c.p.c., a fronte dell’integrale accoglimento di quella di merito proposta dalla stessa parte, in riforma della sentenza di primo grado, con la conseguenza che non si giustifica la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (sez. VI – 3, ordinanza n. 9532 del 12 aprile 2017, Rv. 643825 – 01).
[5] Sez. III, sentenza n. 3438 del 22 febbraio 2016, Rv. 638888 – 01.
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