Decreto di esproprio sopraggiunto non tempestivamente:riconosciuto il risarcimento del danno alla luce dei principi generali evincibili dall’art.2043 del codice civile
E’ altresì non condivisibile quanto dedotto implicitamente dalla resistente, e cioè che il decreto di esproprio sopraggiunto non tempestivamente, perchè intervenuto successivamente al maturare del termine e dopo l’irreversibile trasformazione del fondo, debba considerarsi meramente illegittimo; piuttosto esso, a parere del Collegio, deve qualificarsi quale atto radicalmente nullo e quindi anche privo, per tale patologia che lo affligge, di efficacia traslativa.
Da tali considerazioni emerge che l’omessa impugnativa di quest’ultimo, non può affatto rilevare ai sensi dell’art.30 comma 5 del c.p.a., posto che oggetto e presupposto della pretesa attorea è esclusivamente la conclamata illegittimità del comportamento materiale tenuto dalla Pubblica Amministrazione intimata, sopraggiunta allo scadere del biennio senza l’emanazione del decreto di esproprio.
Questa situazione ha invero integrato una fattispecie illecita a formazione progressiva che reclama il risarcimento del danno alla luce dei principi generali evincibili dall’art.2043 del codice civile. A riprova di quanto appena osservato si segnala che alcun ulteriore effetto di limitazione dei danni avrebbero potuto ottenere i ricorrenti impugnando anche il decreto di esproprio, allorquando si ponga mente al fatto che essi hanno presentato, originariamente al giudice civile poi dichiaratosi privo di giurisdizione, come detto in fatto, la domanda di risarcimento del danno nel maggio del 2006, ossia vi è la prova che si sono attivati tempestivamente, anche in via giurisdizionale, per contenere gli effetti negativi discendenti dall’illegittimo comportamento della P.A.
Da tali considerazioni consegue che la domanda risarcitoria, articolata dalla parte in via principale quale risarcimento in forma specifica ed in via subordinata quale risarcimento per equivalente deve essere accolta.
Di tal che il Comune di Palma Campania deve essere condannato alla restituzione del fondo ai ricorrenti in quanto comproprietari degli stessi, salvo che detto ente locale non intenda valersi della procedura di cui all’art.42 bis del D.P.R.327/01 (il ricorso alla quale è riservato al suo insindacabile potere discrezionale, rispetto al quale il giudice non può pronunciarsi in virtù di quanto previsto dall’art.34 comma 2 del c.p.a.).
In subordine, laddove, constatata l’intervenuta irreversibile trasformazione del bene, l’amministrazione comunale ritenesse del tutto contraria all’interesse pubblico la restituzione dell’area, essa va condannata a raggiungere un accordo, ai sensi dell’art.11 della L.241/90 con la parte ricorrente avente ad oggetto la cessione volontaria delle aree.
Nella determinazione del prezzo da corrispondere ai ricorrenti, l’amministrazione dovrà prendere a base i valori già individuati nella CTU a firma dell’ing. Del Giudice, acquisita nel corso del ricordato procedimento celebratosi innanzi alla Corte d’Appello, dalla suddetta determinazione dovranno essere detratte le somme eventualmente già corrisposte, a fronte della procedura espropriativa, agli attori onde evitare un’illegittima locupletazione di questi ultimi.
Questi motivi inducono all’accoglimento del ricorso.
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