precedenti giurisprudenziali: Cass. pen., Sez. I, Sentenza n. 6596 del 17/01/2008; Cass. pen., Sez. I, Sentenza n. 12721 del 7/03/2007
La vicenda
Alcuni condomini ricevevano ordinanze sindacali che imponevano loro di mettere in sicurezza parti esclusive pericolanti ma ignoravano tali provvedimenti; a fronte di tale situazione l’amministratore del condominio, su sollecitazione dei vigili del fuoco e con la collaborazione della polizia municipale, transennava l’area interessata dal problema. Il pericolo per i condomini e terzi passanti però non veniva eliminato. I condomini responsabili perciò sono stati condannati dal Tribunale della loro città alla pena condizionalmente sospesa di mesi uno di arresto in ordine al reato di cui all’art. 677, comma 3 (omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina). La Corte d’Appello confermava tale decisione, rilevando come messa in sicurezza delle parti esclusive fosse avvenuta solo in epoca di poco antecedente la pronuncia della sentenza di primo grado e che, pertanto, il termine prescrizionale non era decorso.
I singoli condomini ricorrevano in cassazione osservando che essendovi un amministratore del condominio e quindi una persona tenuta alla vigilanza e manutenzione dell’edificio condominiale, lo stesso andava considerato responsabile del fatto contestato al posto dei proprietari, la cui responsabilità era unicamente sussidiaria; inoltre osservavano che, indipendentemente dall’intervento dell’amministratore, si erano adoperati per procedere alla demolizione della struttura di loro proprietà, ma questa iniziativa richiedeva per la pratica attuazione sia l’approvazione del comune, sia la collaborazione degli altri condomini, proprietari di altre porzioni dell’edificio anch’esse pericolanti; infine sostenevano che il transennamento aveva eliminato ogni pericolo.
La questione
I singoli condomini che, ignorando le ordinanze del sindaco, non mettono in sicurezza la proprietà esclusiva mettendo in pericolo i passanti possono arrivare a commettere un reato?
La soluzione
La Cassazione ha condiviso il ragionamento dei giudici di secondo grado.
In particolari i giudici supremi hanno ricordato che il reato previsto dall’art. 677 c.p. ha natura di reato permanente. Ne consegue che, trattandosi di reato permanente a condotta omissiva, la permanenza viene a cessare solo nel momento in cui viene meno la situazione di pericolo, momento che coincide con la messa in sicurezza dell’edificio; a tale proposito i giudici ricordano che i condomini hanno fatto le opere richieste per eliminare il pericolo solo poco prima della pronuncia della sentenza di primo grado.
Secondo la Cassazione quindi gli imputati sono stati giustamente ritenuti colpevoli e, conseguentemente si è esclusa ogni responsabilità dell’amministratore condominiale, che al più avrebbe potuto concernere le parti condominiali pericolanti. In ogni caso gli stessi giudici supremi notano come l’esecuzione dei lavori richiesti abbia smentito la mancanza di collaborazione degli altri proprietari o dell’autorità comunale.
Le riflessioni conclusive
Secondo il comma 1 dell’articolo 677 c.p. (Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina) il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929.
La stessa sanzione si applica a chi, avendone l’obbligo, omette di rimuovere il pericolo procurato dall’avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione (art. 677 c.p., 2 comma).
Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda non inferiore a euro 309 (art. 677 c.p., 3 comma).
L’articolo in esame prevede dunque due distinte ipotesi.
La prima è punita con una sanzione amministrativa e riguarda l’omissione pura e semplice di rimozione del pericolo su immobili che minaccino rovina: quest’ultima non deve essere intesa necessariamente come sinonimo di “crollo” bastando che il pericolo si concretizzi nel distaccamento di una parte non trascurabile dell’edificio. Per fare un esempio, può minacciare rovina un edificio dal quale rischia di distaccarsi un pezzo del cornicione o per gli intonaci pericolanti.
La seconda ipotesi è contenuta nel terzo comma dell’art. 677 c.p. e trova applicazione quando dalla situazione di fatto derivi pericolo per le persone. Trattandosi di un reato di pericolo non è necessario che si verifichi il danno essendo sufficiente il rischio per l’incolumità delle persone.
In altre parole, mentre la fattispecie di cui al primo comma dell’art. 677 c.p. punisce come illecito amministrativo l’omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo, generico e presunto, in un edificio o costruzione che minacci rovina, quella prevista al comma terzo, che costituisce reato, richiede che dall’omissione dei lavori, in edifici o costruzioni che minacciano rovina, derivi il pericolo concreto per l’incolumità delle persone” (Cass. pen. sez. I, sentenza 11 maggio 2006, n. 16285).
Si pensi al distacco di intonaco dal c.d. cielino non decorativo di un balcone aggettante che sporge sulla pubblica via: in tal caso il proprietario del balcone, già destinatario di un’ordinanza sindacale, che rimane inerte può essere condannato ai sensi del terzo comma dell’art. 677 c.p.
Naturalmente è possibile che il distacco di parti del balcone di proprietà esclusiva colpisca un passante.
A tale proposito bisogna ricordare che in un recente caso esaminato dalla Cassazione una condomina, proprietaria dell’appartamento posto al primo piano di un edificio, si era resa responsabile delle lesioni personali causate ad un passante dalla caduta di frammenti di cemento staccatisi dal balcone, mentre transitava sotto lo stesso.
Ciò in quanto non aveva provveduto a eseguire i lavori necessari per rimuovere il pericolo di crollo che minacciava il suo balcone.
Il giudice di primo grado aveva, perciò, condannato la condomina al risarcimento danni in favore della parte civile costituita, oltre ai reati di lesioni personali colpose ( art.590, commi 1 e 2, c.p.) e di omissioni di lavori di risanamento in edificio che minacciava rovina con caduta di calcinacci e pericolo per la pubblica incolumità (art.677, comma 3, c.p.). Ciò perché, non avendo provveduto a eseguire i lavori necessari per rimuovere il pericolo di crollo che minacciava il suo balcone, si era resa responsabile delle lesioni personali causate al passante.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava di non doversi procedere per il reato di cui all’art. 677, comma 3, c.p., per l’intervenuta prescrizione dello stesso e rideterminava la pena in relazione al reato residuo di lesioni personali colpose.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso condividendo le motivazioni della sentenza di secondo grado in cui i giudici, sulla base delle risultanze processuali, avevano stabilito che la ricorrente non solo aveva l’obbligo di agire e predisporre i lavori necessari per la rimozione del pericolo ma che si trovava nelle condizioni concrete di rendersi conto che l’immobile di sua proprietà necessitasse di lavori per la messa in sicurezza degli intonaci, stante lo stato di degrado documentato anche dai vigili del fuoco.
In tali casi si deve escludere invece ogni responsabilità dell’amministratore di condominio, che può ricorrere solo in caso di parti condominiali pericolanti.
In ogni caso ai fini dell’integrazione del reato in parola è sufficiente la colpa e non è, quindi, necessario che la condotta omissiva sia motivata da una specifica volontà di sottrarsi ai dovuti adempimenti, essendo al contrario, sufficiente a tanto anche un atteggiamento negativo dovuto a colpa.
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