La scelta del Comune di non incamerare la fideiussione si pone in contrasto con l’esigenza di una celere realizzazione delle opere di urbanizzazione e determina un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore.
Il Comune in base al principio sulla leale collaborazione tra debitore e creditore, avrebbe dovuto escutere il fideiussore in quanto l’art. 4 della polizza in data 25/3/1998 non condizionava il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente.
La previsione legislativa (art. 19 L.R. 11.10.1985 n. 23) di sanzioni consistenti (fino al 100 % per pagamenti effettuati oltre i sessanta giorni dalla scadenza) per il ritardato pagamento degli oneri concessori, si giustifica con la necessità per l’Ente locale di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l’interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione.
La sollecita escussione della polizza fideiussoria è funzionale proprio all’interesse pubblico ad ottenere, nei tempi programmati, il pagamento delle somme spettanti per oneri concessori simile scelta non appare, pertanto, giustificabile e finisce per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa (art. 19 cit.), abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza.
Tratto dalla sentenza numero 540 del 26 maggio 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari.
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