Premessa.
La fattispecie penale di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, art. 2638 c.c., è stata introdotta nel 2002[1], e avrebbe dovuto ricondurre ad unità una serie di disposizioni speciali[2]. L’intento non è stato successivamente portato avanti[3]. Tra le fattispecie ad essa paragonabili, quella di cui all’art. 2638, è la più importante, non solo per la severità delle sanzioni[4], ma, soprattutto, per il carattere di paradigma rispetto alle altre di carattere speciale. Si tratta, sostanzialmente, di una forma di falsità ideologica documentale nei rapporti con l’autorità amministrativa[5].
Il bene tutelato è la funzione di vigilanza svolta dalle autorità preposte al controllo di attività economiche[6]. La norma, così letta, sanzionerebbe la “mera infedeltà alle regole del gioco”[7]; invece, la fattispecie dovrebbe essere interpretata come preposta alla protezione del bene finale del risparmio (art. 47 Cost.), assolvendo quest’ultimo una funzione selettiva tra condotte penalmente rilevanti, e non[8]. Dalla natura del bene protetto deriva, come vedremo, l’utilizzo di un modello di incriminazione a tutela anticipata, rispetto ad un’offesa empiricamente rilevabile, o a un pericolo concreto a interessi patrimoniali[9]: “al centro delle incriminazioni dell’art 2638 sta la gestione di un rischio anziché la repressione di un’offesa”[10].
La norma si caratterizza per la necessaria qualifica soggettiva dell’autore[11], ed e appartiene al genus delle “norme miste cumulative”[12].
Le singole condotte incriminate: esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero e occultamento con mezzi fraudolenti “altri”.
La prima condotta tipizzata è quella di esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero, all’interno di comunicazioni rivolte all’autorità “previste in base alla legge”[13]. Ai fini di questa prima fattispecie è necessario distinguere tra, da un lato, una condotta genericamente antigiuridica per violazione degli obblighi comunicativi, e, dall’altro, la condotta con rilevanza penale, ai fini della quale è necessario che la falsità sia realizzata con mezzi fraudolenti. E’ necessario accertare che la condotta abbia, ex ante, un’attitudine decettiva, cioè se l’inganno realizzato sia capace di frustrare gli scopi di vigilanza alterando la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria.
La seconda condotta tipizzata è quella di occultamento con mezzi fraudolenti altri (rispetto alla falsità) di fatti che si sarebbero dovuti comunicare[14].
Entrambe le condotte sono tipizzate del primo comma della disposizione. Si tratta, in entrambi i casi, di un reato a dolo specifico di ostacolo alla funzione di vigilanza; quest’ultimo è capace di avere una funzione selettiva della tipicità[15]. Detto altrimenti, la condotta ha rilevanza se orientata ad ostacolare.
La terza condotta incriminata: la nozione di ostacolo.
La terza condotta tipizzata, prevista al secondo comma, è quella di “ostacolo effettivo”[16] alle funzioni delle autorità. La fattispecie in esame è un delitto a forma libera, in quanto l’evento può essere realizzato “in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità”. La disposizione in esame non brilla per specificità e tassatività.
Se la si interpreta come un reato ad evento di danno si dovrebbe ritenere che il termine ostacolo non si identifichi con il semplice intralcio, ma sarebbe un’equivalente di effettivo impedimento, con la conseguenza che non sarà sufficiente rendere più complessa l’attività dell’autorità, ma sarà necessaria una effettiva frustrazione della stessa.
Senonché, il termine ostacolo andrebbe riferito, più opportunamente, al pericolo in cui è incorsa l’autorità, cioè un mero turbamento, una mera difficoltà superabile, e non un danno effettivamente realizzato[17]. Infatti, se il Legislatore avesse voluto riferirsi ad una assoluta frustrazione, avrebbe, certamente, utilizzato il termine impedimento[18].
La nozione di ostacolo, così intesa, non sembrerebbe richiedere un impedimento insuperabile e definitivo, ma è sufficiente una condotta capace di limitare le capacità dell’attività di vigilanza, o anche solo ritardarne, purché in termini significativi, il compimento[19]. Può integrare gli estremi della fattispecie una qualsiasi condotta di intralcio, ritardo o sviamento della funzione di vigilanza, capace, però di renderla meno efficace e pronta, o da imporre uno sforzo aggiuntivo per ottenere quanto dovuto[20].
L’ostacolo è a metà strada tra un evento naturalistico e un effetto giuridico[21]. L’evento è la messa in pericolo del buon andamento dell’attività dell’autorità di vigilanza.
La tesi secondo cui la fattispecie in esame deve essere considerata quale reato di pericolo è ulteriormente avvalorata dalla considerazione secondo cui momento e luogo di realizzazione devono valutarsi in riferimento alla condotta di ostacolo[22]. Il reato si perfeziona nel luogo in cui l’attività è stata intralciata, la persona competente abbia mentito all’autorità, o nel luogo in cui il documento mendace sia stato spedito. Se, invece, fosse una fattispecie di danno il luogo sarebbe, in ogni caso, la sede dell’autorità[23].
Chiarito ciò, è necessario uno sforzo interpretativo ulteriore per distinguere tra, da un lato, mera rilevanza amministrativa, dall’altro, penale, della condotta[24].
La mancata collaborazione o il ritardo ingiustificato potrebbero integrare anche gli estremi di una fra le sanzioni amministrative rivolte a chi, o non ottempera nei termini delle richieste, o ritarda l’esercizio delle funzioni di controllo[25]. Rispetto alla condotta di mero ritardo spetterà all’interprete l’arduo compito di, caso per caso, riservare l’applicazione della fattispecie penale alla sola ipotesi di pericolo concreto, o addirittura prossimo alla effettiva lesione del bene[26].
Viste le premesse sovraesposte sulla valenza del bene giuridico tutelato, e sulla nozione di ostacolo, si può, con sufficiente approssimazione, affermare che non sia richiesta l’idoneità della falsa informazione ad ingannare l’autorità, o a ledere il bene finale, ma rileva esclusivamente l’orientamento finalistico della condotta volta ad ostacolare la funzione dell’autorità. Detto altrimenti, non è necessario che le condotte, affinché abbiano rilevanza penalistica, abbiano offeso, o messo in pericolo anche il bene giuridico finale. Non sono neppure previste soglie di rilevanza: è chiara la scelta di predisporre una tutela forte e anticipata alla trasparenza.
Conclusione.
Volendo concludere, la fattispecie, sia a livello di elemento soggettivo (primo comma) che oggettivo (secondo comma), ruota attorno alla nozione di ostacolo. L’evento-pericolo della disposizione di cui al comma secondo coincide con la finalità richiesta dalla fattispecie di cui al primo comma, purché il pregiudizio sia realizzato consapevolmente. L’ostacolo equipara il disvalore dell’intenzione a quello dell’evento[27]: a livello sanzionatorio è prevista l’equivalenza tra la più grave condotta di falso, e condotte meno gravi, che hanno determinato l’ostacolo.
Note
[1] D.lgs. 11 aprile 2002, n. 61, art. 1.
[2] Art. 134 d.lgs. 385/1993 (tub); art. 171 e 174 d.lgs. 58/1998 (tuf), norme abrogate dalla disposizione in commento.
[3] Con la l. 62/2005 è stato introdotto l’art. 170-bis del tuf, a tutela delle funzioni della Consob. E, successivamente, tramite d.l. 179/2012, art. 24, estesa anche alla Banca d’Italia. La norma si caratterizza per l’assenza di una necessaria qualifica in capo all’autore, mentre la disposizione di cui all’art. 2638 prevede un reato proprio. L’attività di vigilanza della Consob è, ulteriormente, tutelata da un illecito amministrativo, art. 187-quinquiesdecies tuf. Inoltre, con d.lgs. 209/2005, art. 306, è stata prevista una fattispecie, sia penale (comma 1), che amministrativa (comma 2), a tutela delle funzioni dell’Ivass (all’epoca dell’introduzione, Isvap).
[4] Reclusione da uno a quattro anni. Pena raddoppiata in caso di società con titoli quotati in mercati regolamentati, o diffusi tra il pubblico in misura rilevante (ai sensi art. 116 d.lgs. 58/1998)
[5] Cfr. Tribunale di Milano, Sez. prima, 18 dicembre 2008, p. 112.
[6] Norma, tradizionalmente, a tutela della “correttezza dei rapporti tra ente controllato e ente controllante al fine di consentire la piena legittimità ed efficacia dell’attività di controllo”. Cfr. Cass. pen. sez. V, 8 novembre 2002, n. 1252.
[7] Cfr. L. Cornacchia, Tutela penale della funzione pubblica di vigilanza: appunti su una fattispecie incriminatrice a latitudine indefinita, in Scritti in onore di Luigi Stortoni, Bologna, 2016, p. 486.
Se il bene tutelato si identificasse, esclusivamente, nell’attività di vigilanza, la fattispecie sarebbe un illecito di mera trasgressione, il cui disvalore risiederebbe, non nella lesione, effettiva o potenziale, di un bene giuridico. L’attività di vigilanza rappresenta un bene strumentale rispetto al patrimonio investito dal singolo nel mercato. Cfr. V. Patalano, Reati e illeciti del diritto bancario. Profili sistematici della tutela del credito. Giappichelli, 2003, p. 171.
[8] È stato visto con favore l’inserimento delle funzioni svolte dalle autorità di vigilanza tra i beni giuridici protetti tramite sanzione penale, perché si permette la tutela di interessi ulteriori, cioè economici dei singoli operatori dei settori vigilati. Cfr. A. Fux, Ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza: nel Pantheon delle autorità entra anche la F.I.G.C., Cassazione Penale, n. 10, 2015, p. 3749.
[9] Un reato ostativo, «puramente strumentale e prevenzionistico nella propria ratio essendi: repressivo di comportamenti non ancora offensivi del mercato, bensì solo della sua ipostatizzazione funzionale, ovvero l’autorità di vigilanza», secondo F. CONSULICH,Il caso Antonveneta: abuso di informazioni privilegiate e ostacolo alle funzioni di vigilanza, in Casi di diritto penale dell’economia, I. Impresa e mercato, Zanichelli, 2015, p. 166 e ss.
[10] G.A. MESSINA, Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, in Diritto penale delle società. Profili sostanziali e processuali, Cedam, 2009, p. 682. Citazione riportata da L. Cornacchia, Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, Giurisprudenza Commerciale, n. 1, 2017, p. 74.
[11] Più nello specifico: “Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci o i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti”.
[12] Cfr. G. Stampanoni Bassi, Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza: problematiche in tema di concorso di reati, Cassazione Penale, n. 9, 2016, p. 3406.
[13] Nozione da intendersi comprensiva anche quelle di fonte subordinata, cioè normativa secondaria come i regolamenti, nonché quelle richieste dalla stessa autorità purché collegate all’esercizio della funzione di vigilanza stessa, perché è la legge stessa ad attribuire all’autorità di vigilanza il potere di richiedere informazioni. Comunicazioni spontaneamente fornite possono rilevare ai sensi del secondo comma.
[14] La capacità ingannatoria è un mero elemento modale della condotta di occultamento, cioè legata al contesto della diffusione della comunicazione, o altri elementi marginali della stessa. Cfr. A. Fux, , Ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, cit.,p. 3759.
È proprio la natura fraudolenta della comunicazione a rendere necessarie “ modalità tali da poter sviare l’indagine o la verifica sottovalutare o a cogliere segnali di rischio o di non conformità per effetto di una mise en scene artificiosa”. Cfr. A. Alessandri, Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, in Il nuovo diritto penale delle società, Milano, 2002 p. 259.
[15] Cfr. L. Cornacchia, Ostacolo, cit., p. 88.
[16] Cfr. L. Cornacchia, ibidem.
[17] Cfr. Sent. Cass. sez. V, 29/05/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 04/07/2019), n.29377, secondo cui «L’ostacolo all’attività di vigilanza può sostanziarsi anche in una difficoltà di accertamento, purchè rilevante».
[18] Nella fattispecie di cui all’art. 338 c.p. viene punita la condotta diretta ad impedire, in tutto o in parte l’attività, o a turbarla. Si distingue tra impedimento assoluto, parziale, e mero turbamento. Analoghe considerazioni valgono rispetto alla fattispecie di cui all’art. 340 c.p., all’interno della quale si tipicizza sia, una condotta di interruzione, causativa di un danno, sia quella di chi non fa altro che turbarne lo svolgimento, producendo un mero pericolo. Non c’è, dunque, motivo di ritenere attribuibile alla parola ostacolo il significato di evento di danno. Cfr. A. Manna, Corso di diritto penale di impresa, Cedam, 2018. Inoltre, spontaneo è il paragone con la fattispecie di cui all’art. 2625 c.c. Cfr. D. GUIDI, Riflessioni sul concetto di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, in Riv. trim. dir. pen. econ. N. 1-2/2018, p. 110.
[19] Cfr. F. GIUNTA, Lineamenti di diritto penale dell’economia, Torino, 2004, p. 331, secondo cui «il concetto di ostacolo ha una portata più ampia di quello di impedimento, identificandosi con l’attività di ostruzionismo non agevolmente superabile da parte del soggetto controllore».
[20] Cfr. Cassazione sez. V, 19 dicembre 2012, n. 49362, relativa al “caso Unipol”, che ravvisa la condotta tipica nell’avere fornito una falsa spiegazione circa le finalità della condotta, in particolare, della finalità dell’acquisto di azioni BNL diversa da quella reale, quindi la “falsa indicazione delle ragioni di un’operazione finanziaria”, “con l’effetto di sviare l’attenzione della Consob dalla strategia posta in atto dalla Unipol”. Si deve trattare, dunque, di comportamenti che abbiano provocato un significativo inciampo all’attività di vigilanza, influenzando, in maniera considerevole, la valutazione dell’autorità.
[21] D: GIUNTI, Riflessioni, cit., p. 118.
[22] Cfr. Tribunale di Milano, G.i.p., ordinanza 10 luglio 2012, www.penalecontemporaneo.it, 16 ottobre 2012.
[23] Cfr. Cass., sez. V, 4 luglio 2013, n. 51897; Cass., sez. V, 21 maggio 2014, n. 26596. Trib. Milano, sez. III, 25 febbraio 2013.
[24]“non da qualsiasi scorrettezza e disobbedienza meramente formale”. Cfr. Lunghini, Art. 2638 c.c., Codice penale commentato, Giuffè, 2011, p. 7171.
[25] Cfr. D. GUIDI, Riflessioni, cit., p. 117, secondo cui: «l’ostacolo è qualcosa di meno di un evento che rende impossibile l’esercizio delle funzioni, ma è qualcosa in più del mero ritardo o dell’inosservanza delle prescrizioni dell’autorità».
[26] Un ulteriore ausilio, ai fini di stabilire il confine tra illecito penale e amministrativo, è, certamente, fornito dalla valutazione dell’elemento soggettivo. Cfr. A, Manna, Corso di diritto penale di impresa, cit., p. 461
[27] Cfr. F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, volume I, Giuffrè, 2013, p. 367.
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