Indice
1. Panoramica degli istituti
Il reato di maltrattamenti in famiglia regolato dall’art. 572 c.p si pone a tutela del benessere psicofisico dei componenti del nucleo familiare e para- familiare, per ciò che riguarda quest’ultimo punto la volontà del Legislatore si è estesa anche a quei rapporti più ampi, ossia, tutelando tutti quei contesti in cui sussiste in capo ad uno o più soggetti l’obbligatorietà di cure e sostegno nei confronti di individui fragili.
La fattispecie in esame fa parte dei reati abituali propri , ossia, sarà abituale l’illecito che necessariamente si ripeterà nel tempo attraverso più condotte della stessa tipologia, nel caso di specie, gli atti lesivi sono volti a minare l’integrità personale e la dignità del soggetto passivo, in tal senso, autorevole dottrina si è soffermata su come l’abitualità possa entrare in conflitto con i principi c.d puri del diritto penale, in quanto, in tali circostanze la rilevanza penale delle condotte si evincerebbe dallo stile di vita dell’agente che tende a porre in essere atteggiamenti socialmente e moralmente negativi che sconfinano nell’illecito; al fine di sanzionare in maniera concreta tali situazioni l’istituto di cui all’art. 572 c.p, il Legislatore ha specificato come sia sufficiente la semplice conoscenza e volontà dell’illiceità delle singole condotte a configurare la fattispecie nonché facendo parte della categoria dei reati propri -puri- questa potrà essere realizzata solo da colui che ricopre un determinato ruolo, nel caso di specie, il genitore, il tutore, il curatore; le condotte potranno essere commissive, vale a dire, mediante compimento dell’azione vietata od omissive, ossia, quando l’agente non compie un’azione imposta da una norma penale (in tal caso, si parla di reati omissivi propri) o quando l’evento lesivo deriva dalla mancata realizzazione di un’azione doverosa (reati omissivi impropri).
Qualora il soggetto passivo subisca ingiuria, percosse, minacce, lesioni lievi e lievissime queste verranno assorbite nella fattispecie esaminata quando saranno caratterizzate da colpa, qualora, le lesioni siano gravi, gravissime o cagionino la morte o comunque siano dolose le fattispecie concorreranno, infine, se queste vengono riconosciute come non volute dall’agente comporteranno l’applicazione delle aggravanti di cui al comma 3, art. 572 c.p, infine, l’istituto in esame ha previsto con la legge 69/2019 c.2 l’applicazione di una aggravante qualora i maltrattamenti siano perpetrati in presenza o a danno di minore, di donna in stato di gravidanza e di persona disabile.
Il reato di atti persecutori regolato dall’art. 612 bis c.p è stato introdotto con la legge 1348/2009, la volontà del Legislatore era volta a contrastare tutti quegli atti di violenza perpetrati soprattutto nei confronti delle donne, ritenendo che lo stalking fosse il precursore di un epilogo tragico ed irreparabile, ossia, l’omicidio.
L’istituto che si intende analizzare fa parte dei reati a carattere abituale, di evento e di danno (per quanto riguarda l’abitualità si rimanda ad inizio paragrafo); il reato di evento si fonda sull’episodio come risultato separato dall’azione e connesso a questa dal c.d nesso di causalità (es. gli stati di ansia del soggetto passivo sono causa delle condotte assillanti dell’agente), nel caso di specie si parla poi, di reato di evento c.d a forma libera ( reati causali puri) in quanto l’azione illecita potrà essere realizzata attraverso qualsiasi modalità; per quanto riguarda i reati di danno questi subiscono una totale lesione a causa dell’azione illecita, si ritiene opportuno sottolineare, come una parte della dottrina ritenga che la fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p possa far parte dei reati c.d di pericolo, in quanto, eventuali atteggiamenti vessatori o simil tali possano potenzialmente ledere uno dei beni tutelati dalla fattispecie.
Le condotte reiterate, termine dal quale si deduce l’abitualità, di minaccia o molestia dovranno ingenerare nel soggetto passivo unitamente o separatamente, le seguenti conseguenze: il perdurante e grave stato di ansia e paura, vale a dire, la percezione da parte della vittima di stati emotivi negativi e che questi provochino uno stress psicologico notevole ed assiduo; il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ossia, un sentimento di ansia e timore del soggetto passivo che dovrà essere non supposto ma concretamente percepibile e riscontrabile; infine, costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita, vale a dire, modificare concretamente la routine quotidiana a causa delle vessazioni dell’agente, in tal senso, autorevole dottrina ha sottolineato come sia necessario adottare un criterio ermeneutico volto ad escludere la modifica di quelle abitudini da considerarsi irrilevanti nonché individuare, nel caso specifico, quali siano quelle realmente peggiorative.
Le circostanze aggravanti previste dalla fattispecie in esame sono la presenza di una relazione precedente, ossia, il coniuge legalmente separato o divorziato, da persona che sia stata legata alla vittima da relazione affettiva nonché quando gli atti persecutori siano attuati tramite armi, da persona travisata, nei confronti di minori, di donna in stato di gravidanza e di persona disabile.
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2. Criticità. La convivenza tra i soggetti coinvolti
I reati di cui all’art. 572 c.p e 612 bis c.p, pur presentando delle familiarità, in quanto entrambi sono volti a tutelare quelle azioni che se normalmente vengono tollerate quando assumono il carattere della abitualità configurano un illecito, hanno mostrato delle criticità nella loro reale applicazione, non solo perché concretamente risulta difficile per l’operatore giuridico delineare, anche singolarmente, quando si verifichino le suddette fattispecie poiché carenti in parte di tassatività ma soprattutto quando in presenza di una o l’altra, l’ago della bilancia si sposti arbitrariamente senza canoni delineati.
A tal proposito, è opportuno soffermarsi su due sentenze della Corte di Cassazione, difatti, con Sent. N. 45095 del 17/11/2021 e la N. 39532 del 06/09/2021 il Supremo Collegio rigettava rispettivamente i ricorsi da parte della Corte di Appello di Bari e di Bologna in quanto non riteneva configurabile il reato di cui all’art. 572 c.p in presenza di condotte illecite piuttosto quello di cui all’art. 612 bis c.p in quanto successivo alla cessazione della convivenza, in tal senso, ciò su cui si ritiene doveroso porre una riflessione non riguarda strettamente le sentenze sopracitate che prendono come punto di riferimento la sussistenza o meno della convivenza tra i soggetti interessati piuttosto la discrepanza che vi è tra le due fattispecie o meglio la loro contestazione, per meglio dire, il reato all’art. 572 c.p fa riferimento al maltrattare ossia provocare nel soggetto passivo una perpetua situazione di frustrazione e avvilimento nonché una sofferenza psichica e morale mentre il reato di cui all’art. 612 bis c.p è caratterizzato dalla minaccia e molestia che ingenerano nel soggetto passivo i tre eventi tipici elencati nel paragrafo precedente.
3. Conclusioni
In conclusione, ciò che si vuole esprimere mediante tale ragionamento risiede nella divergenza (come è giusto che sia) dei beni tutelati dalle due fattispecie, difatti, assumere come parametro di riferimento la convivenza o meno dei soggetti coinvolti, per inquadrare una o l’altra fattispecie, risulta essere inappropriato poiché gli istituti tutelato situazioni differenti nonché ci si pone il dubbio, concreto, attenendoci letteralmente alla formulazione delle fattispecie che il “maltrattare” non possa essere sinonimo di “molestare” o “minacciare” nonché che spesso si assiste ad una forzatura alfine di individuare necessariamente una fattispecie penale soprattutto nei casi di separazione o divorzio; con ciò non si vuole escludere che si possano configurare, in alcuni casi, l’ una o l’altra fattispecie ma ci si pone lo scopo di riflettere sull’automatismo adottato dalla Corte di Cassazione che qualora vi sia la presenza di condotte illecite in ambito ex familiare non si configurerà il 572 c.p bensì il 612 bis c.p, come se fosse il “giusto” sostituto piuttosto che una fattispecie a sé stante, di contro, qualora vi fosse la presenza di figli minori e quindi l’obbligo alla cogenitorialità si configurerà il reato di maltrattamenti in famiglia – in presenza di cessata convivenza- piuttosto che quello di atti persecutori ( Cass. Pen. N. 27173 06/06/2022), in tal caso, si evidenzia una totale arbitrarietà della Corte.
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