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Negli ultimi anni l’affermarsi di nuovi linguaggi comunicativi, ma soprattutto la dematerializzazione della moneta e la sempre maggiore diffusione di Internet hanno rivoluzionato le prassi commerciali alle quali eravamo da sempre abituati. Tale stravolgimento, del resto, non poteva non riguardare anche tutto l’aspetto contrattuale legato al commercio; ed è così che, oltre a parlare di e-commerce, abbiamo inserito nel nostro dizionario giuridico la nozione di “contratto telematico”[i].
Il principio della validità e della rilevanza a tutti gli effetti degli atti pubblici e privati posti in essere con strumenti telematici o informatici conformi ai requisiti di legge, è stato sancito nel nostro ordinamento dall’art.15 della legge n.59/97.
I contratti telematici, precisamente, sono i contratti stipulati mediante l’uso di un computer oppure di un elaboratore elettronico; per cercare di comprendere quale sia uno dei problemi che tale figura contrattuale pone, si può prendere spunto da un’autorevole dottrina[ii], la quale evidenzia l’esistenza di una diversità di concetti legali di fronte al termine unico di soggetto del negozio: il soggetto-autore, che partecipa al processo di determinazione e formazione dell’atto negoziale ed il soggetto-parte, che si individua in funzione della spettanza degli interessi regolati con il negozio. Nell’accordo telematico, consistendo esso in uno scambio di dichiarazioni negoziali che avviene per il tramite di un supporto meccanico neutro che non ci permette di risalire al soggetto trasmittente, si può con sicurezza identificare solo il soggetto-parte, che risulta dal contratto, e non anche il soggetto-autore; dunque il problema principale è quello della imputabilità giuridica dei dati trasmessi da un soggetto individuato inequivocabilmente. Proprio per far fronte a questo problema, legato alla particolare natura del mezzo tecnico impiegato, si è giunti, con il T.U. 445/2000 e con il D.P.R. 10/2002, ad una regolamentazione normativa in materia di firma digitale. L’art.11 del D.P.R. appena menzionato dispone che “I contratti stipulati con strumenti informatici o per via telematica mediante l’uso della firma digitale secondo le disposizioni del presente regolamento sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge”; ciò significa che i contratti telematici a cui sia stata apposta una firma digitale in maniera conforme al regolamento appena citato, soddisferanno il requisito della forma scritta, quando esso è prescritto ad substantiam e quindi per la validità stessa dell’atto.
Per quanto riguarda la c.d. forma elettronica, ancora oggi, in dottrina assistiamo ad un incontro-scontro, tra chi[iii] contesta l’esistenza di una tale forma, sostenendo che proprio l’ampia accezione del concetto di forma, ne consentirebbe l’espansione alle nuove tecnologie, senza necessità di costruire nuove categorie, e chi, invece, arriva a configurare, nel più ampio genus della forma elettronica, la distinzione ulteriore tra forma elettronica tipica e forma elettronica atipica, a seconda che tali forme siano conformi o meno ai requisiti tecnici richiesti dal D.P.R. 10/2002.
Cerchiamo ora di dare una risposta alla domanda seguente: è possibile stipulare validamente per via telematica un contratto per il quale la legge prescrive la forma dell’atto pubblico?
Per la validità di un atto per il quale è richiesta tale forma, oltre alla presenza del notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, e a quella di due testimoni, è prescritta, a pena di nullità, la presenza fisica delle parti. I contratti telematici invece, proprio per il particolare strumento utilizzato, sono inquadrabili all’interno dei rapporti intercorrenti inter absentes; la fisicità delle parti dinanzi al notaio se fosse stata prescritta unicamente per permettere a quest’ultimo l’identificazione delle parti, allora, essendo la funzione identificativa già insita nel sistema di apposizione della firma digitale, e quindi svolta a monte, non precluderebbe in alcun modo la configurabilità della stipulazione telematica di un atto per il quale è richiesta la forma solenne. I compiti del notaio, tuttavia, non si risolvono unicamente nello svolgimento di una attività identificativa, ma comportano anche, tra gli altri, l’interrogazione delle parti, l’accertamento della integrità delle loro volontà, e quindi tutta una serie di funzioni che, ad esempio, stipulando una donazione on line, non potrebbero essere svolte.
Il contratto telematico, come del resto ogni altro accordo tradizionale[iv], rappresenta l’incontro tra una proposta ed una accettazione; quando noi navighiamo in rete, continuamente, siamo oggetto di sollecitazioni, a volte mediante l’invio di messaggi pubblicitari di posta elettronica (junk-mail), altre volte mediante la semplici apertura di finestre sulle pagine web che stiamo visitando. Al di là del fastidio che la maggior parte di noi può provare dall’essere ogni volta investito da messaggi pubblicitari, il reale problema di queste promozioni è rappresentato dalla non chiara natura giuridica delle stesse e dall’essere spesso incomplete, prive cioè di elementi quali l’indicazione del costo totale, le reali caratteristiche del prodotto, le condizioni più onerose.
Quando tali offerte sono complete nei loro elementi essenziali, allora, ci troveremo di fronte a delle offerte al pubblico; queste ultime ai sensi dell’art.1336 c.c. quando contengono gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione sono dirette, valgono come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi.
Se tali offerte, invece, dovessero risultare incomplete, allora, non potranno essere considerate quali offerte al pubblico, ma semplicemente inviti a proporre. All’atto pratico, cioè al momento della stipulazione della stipulazione dell’accordo, la differenza tra le due ipotesi è nettissima; se ci troviamo infatti dinanzi ad una offerta al pubblico, ad una offerta cioè completa in tutte le sue parti, basterà una semplice cliccata, eventualmente accompagnata dalla digitazione degli estremi della carta di credito, a perfezionare il contratto. Di converso, se la proposta in questione, anziché essere un’offerta al pubblico, fosse semplicemente un invito a proporre, le parti risulterebbero invertite; infatti, il proponente risulterebbe essere l’acquirente, mentre il fornitore dei beni o dei servizi diverrebbe l’accettante, riservandosi la possibilità, in questo modo, di stipulare o meno il contratto.
Per quanto riguarda le modalità di conclusione dell’accordo telematico, bisogna rilevare che quelle più diffuse sono rappresentate dal point and click, cioè dalla semplice pressione del c.d. tasto negoziale virtuale, oppure dall’invio, mediante digitazione, del codice della propria carta di credito.
L’accordo telematico può perfezionarsi anche attraverso lo scambio delle dichiarazioni negoziali tramite e-mail. Il problema principale di questa procedura riguarda l’estendibilità o meno degli artt.1326 e 1335 c.c. alle transazioni on line; l’art.1326 I co. dispone che il contratto risulterà concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta avrà conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. L’art.1335, invece, si riferisce in generale a tutti gli atti recettizi, e in particolare alla proposta, all’accettazione e alla revoca, i quali producono effetto dal momento in cui giungono a conoscenza del destinatario. Essendo molto difficile fornire la prova che il destinatario abbia avuto effettiva notizia di tali atti, sarà sufficiente, perché possano sortire gli effetti desiderati, che questi giungano all’indirizzo del destinatario, salvo che questi non provi di essere stato senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia(opera qui, una presunzione legale di conoscenza, presunzione tuttavia vincibile). Abbiamo detto che il contratto si perfeziona al momento della conoscenza dell’accettazione e che questa si presume conosciuta una volta giunta all’indirizzo del destinatario-proponente; resta ora da stabilire se l’indirizzo di posta elettronica è, a tutti gli effetti di legge, equiparabile o meno alla casella postale tradizionale. Solitamente si ritiene possibile tale assimilazione ma non senza qualche problema[v].
L’e-mail infatti non giunge direttamente nella casella di posta elettronica del ricevente, ma giacendo temporaneamente presso il provider, non sarà conosciuta dall’utente fino a quando quest’ultimo non deciderà di scaricarla. Da ciò si comprende come noi abbiamo un vero e proprio onere di controllare, con una certa frequenza, la casella di posta elettronica, così come accade per quella tradizionale.
Note:
[i]La nozione di contratto telematico va distinta da quella di contratto informatico; infatti mentre la prima va delimitata con riguardo alla forma in cui essi sono stipulati, nell’altra è l’oggetto l’elemento che maggiormente contribuisce alla qualificazione di un contratto come contratto informatico.
[ii] G.Piazza, L’identificazione del soggetto nel negozio giuridico, Napoli 1968
[iii] sul punto si veda M.Orlandi, La paternità delle scritture, Milano 1997
[iv] in dottrina sono distinguibili due diverse scuole di pensiero; l’una fa capo a N.Irti, il quale sostiene che “l’accordo, quale risultato di un dialogo linguistico permeato della soggettività delle parti, in quanto tale, non è più concepibile negli scambi che caratterizzano la moderna economia capitalistica, a vantaggio della pura oggettività di cose, immagini, gesti anonimi e ripetitivi. L’altra si identifica in Oppo, secondo cui “l’accordo, ottenuto mediante il procedimento delineato nell’art.1326, comma I c.c., conosce anche altri meccanismi attraverso i quali può perfezionarsi ed esistere tra le parti. Il riferimento normativo esplicito è agli artt. 1327 e 1333 c.c., laddove c’è accordo ma non c’è dialogo fra le parti”.
[v] Al riguardo si veda A.M.Gambino, L’accordo telematico, Milano 1997
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