Il correntista provi anche i fatti negativi alla base della ripetizione dell’indebito

L’onere della prova ex art.2967 cc grava anche su chi esperisce un’azione di accertamento negativo del credito vantato dal convenuto. Infatti è inderogabile, poiché la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (Cass. civ. 9201/15, 9099/12 e 23229/04). È quanto ribadito, basandosi su questa prassi costante e recente della Cassazione, dalla sentenza del Tribunale di Salerno sez. I n. 3279 depositata il 5/7/16.

            Il caso. Una società chiedeva <<di dichiarare l’invalidità o la nullità parziale del contratto di apertura di credito e di conto corrente in relazione alle clausole di determinazione degli interessi ultralegali, dell’anatocismo e di qualunque somma addebitata>> e, quindi, di ricalcolare gli importi passivi ed attivi alla luce di detta eccezione di nullità, nonché la refusione di quanto indebitamente versato alla banca oltre agli interessi. Più precisamente si contestavano le somme indebitamente accreditate dall’apertura del conto corrente nel 1991, ma l’attrice provava le movimentazioni solo dal 1995, non contestava puntualmente le condizioni liberamente sottoscritte anche dalla banca, impedendone così la loro sostituzione (salvo entro certi limiti) e non ha allegato i DD.MM. che fissavano i tassi-soglia, sì che non era possibile effettuarne un vaglio per accertare l’eventuale superamento. Non avendo assolto a questo suo dovere le sue richieste sono state respinte, tanto più che è emersa l’inesistenza del  suo credito.

            Onere della prova. Riprendendo le conclusioni della Cass. civ. sez. I 9201/15 il G.I., oltre a quanto sopra esplicato, chiarisce che il saldo del conto << non costituisce nel giudizio di merito un valido elemento di prova dell’esistenza del credito della banca>> (per altro in quel caso non contestato) e che il correntista ha l’onere di provare le sue censure producendo l’estratto conto, di cui ha contezza e disponibilità, poichè ex lege lo riceve periodicamente ed ha l’onere di conservarlo, perciò è in una posizione paritaria con la banca circa la possibilità di produrre tale documentazione. Nella fattispecie l’attrice non ha provato la mancata determinazione delle spese e delle commissioni, mentre la banca ha dimostrato l’esistenza di precise condizioni economiche contenute nel contratto contestato applicate anche dal CTU nel riconteggiare il saldo al momento della chiusura: dalle tre ricostruzioni emerge chiaramente che le stesse erano indicate nel prospetto scalare, per altro depositato nel fascicolo d’ufficio, che la documentazione è incompleta e si evidenzia un forte divario sulle somme spettanti alla finanziaria. Infatti, pur risultando sempre un saldo attivo a favore della convenuta,  gli interessi debitori a favore della banca erano conteggiati trimestralmente, mentre quelli creditori a favore del correntista erano liquidati annualmente. Infine applicando questi ultimi interessi sino alla data di attuazione della delibera CICR del 9/2/00  si desume chiaramente come i tassi applicati dalla banca non fossero stati usurari e l’inesistenza di somme ripetibili visto che, come detto, era questa a vantare un credito. Orbene a seguito di sentenze che hanno dichiarato l’illiceità dell’anatocismo, imponendo la reciprocità degli interessi, id est che entrambi dovevano essere imputati annualmente, c’è stata una drastica riduzione della somma spettante alla banca (da €.6924,39 a €.69,49): solo una ricostruzione del CTU era accettabile, poiché le altre si basavano su un’immotivata sostituzione delle clausole economiche in assenza di una puntuale e specifica impugnazione delle stesse e sull’inaccettabile perseveranza, anche dopo che l’istituto si era adeguato alla regola della reciprocità degli interessi, nell’ imporre interessi semplici (trimestrali) anziché annuali.

            Tesi confermata anche dalla giurisprudenza di merito. Per completezza d’informazione, pur se non citate in sentenza, si noti come questa tesi della Cassazione sia stata convalidata anche dalla giurisprudenza di merito ribadendo che l’onere della prova grava su chi agisce per la ripetizione dell’indebito: l’assenza di una causa giustificativa di tale pagamento è un elemento costitutivo assieme alla prova dell’avvenuto saldo ed al nesso causale della domanda d’indebito oggettivo ex art. 2033 cc. Ciò è ulteriormente confermato dall’obbligo di leale collaborazione tra le parti processuali che impone di evidenziare tutte le proprie censure e di prendere posizione sulle tesi avversarie contestandole in modo puntuale ed analitico, allegando e provando i fatti e gli specifici elementi di prova. Si devono produrre gli estratti conto integrali, non essendo sufficienti gli scalari e non si può ovviare a tali lacune probatorie ed alle contestazioni generiche con la richiesta di una CTU (il G.I. , per questi motivi, la dichiarerà inammissibile) e/o con la richiesta di un ordine di esibizione del contratto: è un dovere dell’attore produrlo in giudizio (ex multis Tribb. Agrigento 969/16, Monza 31 e 1441/16, Taranto 390/15 e CDA di Torino 1765/15).

 

Dott.ssa Milizia Giulia

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