Le esigenze tecnico produttive ed organizzative costituiscono il criterio “guida” per il datore di lavoro per evitare licenziamenti illegittimi e conseguenti vertenze di lavoro.
L’articolo 5 della Legge 223/91 oltre a stabilire i criteri da utilizzare per individuare i lavoratori in esubero, prevede anche la possibilità di scegliere, con accordo delle parti, criteri diversi da quelli previsti dal legislatore e che devono rispettare rigorosamente i limiti di legittimità rappresentati dal principio di ragionevolezza e di non discriminazione.[1]
Sia nel caso di utilizzo di criteri legali sia di quelli pattizi l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve comunque essere sempre guidata da quell’esigenza di fondo che muove l’intera procedura, che rappresenta la ratio legis e quindi l’obiettivo di risanamento dell’impresa, evitando discriminazioni volte ad escludere lavoratori “sgraditi”.[2]
I criteri di scelta infatti oltre a garantire una selezione oggettiva ed imparziale dei lavoratori svolgono una funzione di contemperamento delle diverse esigenze sociali dei lavoratori implicati[3]
La questione più rilevante e che allo stesso tempo consente al datore di lavoro di effettuare licenziamenti legittimi è quello di stabilire la priorità dei criteri di legge.
L’articolo 5 infatti indica i criteri da utilizzare: carichi di famiglia, anzianità , esigenze tecnico produttive ed organizzative, ma l’ordine in cui sono elencati non corrisponde a quello che deve essere seguito durante la fase di individuazione dei lavoratori da licenziare.
Infatti l’obiettivo primario del risanamento aziendale è principio affermato ripetutamente anche dai giudici di merito e in caso di assenza di criteri pattizi, il criterio delle esigenze tecnico produttive ed organizzative considerato in concorso con gli altri due criteri, carichi di famiglia e anzianità, deve avere la funzione guida e correttiva agli altri due.
La scelta dell’imprenditore di procedere ai licenziamenti nasce infatti da una esigenza oggettiva di dare esecuzione al progetto di riduzione del personale e quindi da una precisa esigenza produttiva volta a risollevare le sorti dell’impresa.[4]
Il ruolo fondamentale assegnato dalla legge 223/91 al criterio delle esigenze tecnico organizzative, richiamato ben due volte nell’articolo 5, è legato chiaramente alla ratio legis “coerente con la finalità perseguita con la riduzione di personale, di assicurare la permanenza dell’azienda sul mercato”[5]
La Corte infatti ha sempre teso a interpretare in modo rigido la nozione di “esigenze tecnico-produttive” sia nei licenziamenti collettivi che in quelli per giustificato motivo oggettivo, escludendo tutte le ragioni inerenti alla persona, (in conformità anche con la Direttiva 75/129/CE), le valutazioni legate al rendimento, alla disponibilità a prestare lavoro straordinario, negando la legittimità delle ragioni meramente legate all’incremento di profitto.[6]
Da precisare che se da un lato l’orientamento prevalente della Corte afferma la legittimità ad attribuire prevalenza al criterio delle esigenze tecnico organizzative per comparare i singoli lavoratori sulla base dell’espletamento di funzioni fungibili tra loro ( non più reputate utili ai fini del recupero dell’attività dell’impresa e del perseguimento di un efficace ristrutturazione aziendale ) dall’altro ribadisce che debbano essere osservati i principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. affinché la decisione di dare prevalenza a tale criterio non sia sotteso a intenti elusivi o ragioni di discriminazioni dei lavoratori.[7]
Infatti mentre i carichi di famiglia e l’anzianità consentono la loro applicazione in modo uniforme per tutti i lavoratori, il criterio delle esigenze tecnico organizzative produttive, legato anche al contenimento dei costi, può essere applicato in modo differenziato, in relazione alle posizioni ricoperte dal lavoratore e quindi in base all’interesse dell’impresa.
L’elasticità del criterio delle esigenze tecnico produttive organizzative esteso fino a ricomprendere i motivi economici, consente di valorizzare di più taluni lavoratori, rispetto ad altri, quelli che consentono all’impresa un contenimento dei costi legato ad esempio alle prestazioni professionali, alla disponibilità a lavorare in settori diversi da quelli abituali, fermo restando il rispetto di quanto previsto dall’art 2103 c.c., oppure alla residenza in località prossime alla sede di svolgimento della prestazione lavorativa, che consenta all’impresa di evitare il costo relativo all’indennità chilometrica di trasferta, a maggior ragione per le considerazioni esposte è fondamentale che siano osservate le clausole generali di buona fede e correttezza.
Fermo restando il divieto di discriminazione nella scelta dei lavoratori da licenziare non possiamo certamente accettare che l’impresa debba sostenere dei costi per mantenere in servizio lavoratori poco collaborativi rispetto invece ad altri che manifestino invece impegno e dedizione nel lavoro.[8]
Se da un lato appare condivisibile l’elasticità attribuita al criterio delle esigenze tecnico produttive organizzative, dall’altro suscita qualche perplessità l’inserimento della “disponibilità” dei lavoratori tra le componenti delle scelte gestionali insindacabili.
Fermo restando l’obbligo di rispettare i criteri di buona fede e correttezza la giurisprudenza ammette dunque una ampia discrezionalità all’imprenditore nel valutare le esigenze tecniche organizzative.[9]
Quindi se da una parte le clausole generali costituiscono un limite al comportamento del datore di lavoro nella gestione della crisi e soprattutto nella fase di recesso per evitare atti discriminatori a garanzia di una scelta obiettiva, dall’altra non bisogna dimenticare che l’applicazione dei criteri di scelta conferisce al lavoratore il diritto ad avere un legittimo licenziamento, non il diritto alla conservazione del posto di lavoro.[10]
Considerato tutto ciò possiamo desumere che l’ampliamento della nozione di esigenze tecnico produttive, come criterio di scelta, estesa al contenimento dei costi inteso come scelta organizzativa, possa essere giustificato quando mira alla realizzazione di quell’ interesse dell’impresa dettato dalla ratio legis.
Infatti la priorità assegnata dal datore di lavoro alle esigenze tecniche non può mai essere arbitraria e immotivata, ma deve trovare fondamento nella situazione oggettiva in cui si trova l’azienda, riferita a ristrutturazione o trasformazione citate dalla legge 223/91.
Possiamo dunque concludere secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza che le esigenze tecniche organizzative produttive svolgono la funzione “guida” e correttiva degli altri due criteri verso l’individuazione dei singoli lavoratori in esubero.
[1] Corte Cost. 30/06/94, n. 268, in Riv It. Dir. Lav. 1995, II, 237, nota di Manganiello
[2] Cass. 04/11/1997 n. 10382, in Riv Giur. LAv. , 1998, II, 225; Cass. 11/11/1998, n. 11387, in Foro.It, 1999, I , c. 885;
Cass. 17/02/1999, n. 1335, in Mass. Giur. Lav.,1999, 421; Cass. 29/11/1999, n. 13346, in RIDL, 2000, II, 791; Cass 03/02/2000 n. 1198, in RIDL, 2001, II, 771; Cass. 10/05/2003, n.7169, in Riv. It. Dir. Lav., 2004, II, 168; Cass. 19/05/2005, n. 10590, in DPL, 2005, n. 37, 2019ss.
[3] Focareta F. “ I Criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi” p. 339.; Cass. 09/09/2000, n.11875, in Gius. Civ. Mass. 2000, 1911, Foro It. 2000, I, 3099.
[4] Cass. 11/03/1997 n. 2165, in Giust. Civ. 1997, 11, 2829, con nota di Mammone; Trib. Napoli 10/04/1995, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1995; Trib. Milano 22/12/1993, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1994, 532; Pret. Milano 06/04/1996, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1997, 93; Pret. Latina 18/05/1995, in Mass. Giur. Lav. 1995, 442; Pret. Milano 13/03/1995, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1995, 581; Pret. Milano 21/12/1994, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1994, 578; Pret. Tortona 10/12/1993, in Mass. Giur. Lav. 1994, 72; Pret. Milano 08/07/1993, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1994, 84; Trib. Milano 05/03/1993, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1993, 834; Pret. Venezia 01/02/1993, in Foro.it 1993, I, 2025.
[5] Falasca G. “Manuale di diritto del lavoro Costituzione, svolgimento e risoluzione de rapporto di lavoro”, Gruppo Sole 24 ore, 2011; Cass. 06/07/2000, n. 9045; Cass. 10/06/1999, n. 5718. in “Manuale di diritto del lavoro Costituzione, svolgimento e risoluzione de rapporto di lavoro”. Gruppo Sole 24 ore, 2011.
[6] Cass 28/03/1996, n. 2796; Cass. 22/04/1992, n. 4814, Or.Giur. Lav. , 1992, 700; Cass. 17/03/2001, n. 3899; Lavoro Prev. Oggi , 10, 2001, 1415; Cass. 07/07/2004, n. 11727. Riv. It. Dir. Lav. 2004, II, 838.
[7] Cass. 01/09/2004, n. 17556; Cass. 19/05/2005, n. 10590; Cass. 17/02/2005, n. 3193; Cass. 09/09/2003, n. 13182; Cass. 07/06/2003, n. 9253; Cass. 29/11/1999, n. 13346 in Guida pratica gestione delle crisi aziendali 2012 p. 140.
[8] Del Punta R. “I criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi e nella cassa integrazione guadagni”, in Dir. Lav. Rel. Ind. 1983, p. 793 ss.
[9] Cass 15/07/1995, n. 7708 in Riv it. Dir. Lav. , 1996, II424, ove si legge che la valutazione incontra solo il limite della coerenza.
[10] Persiani M. “I licenziamenti collettivi per riduzione di personale nella l. 223/91: le procedure “ Dir. Relaz. Ind. , 1992, fasc. 2, 215.
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