Si tratta, dunque, nella specie di una pretesa di risarcimento di un danno da perdita di “chance”, ovvero della possibilità, per un determinato arco temporale – come di seguito di specificherà – di conseguire l’utile derivante dal successivo estendersi della durata temporale dell’affidamento originario.
Alla luce della giurisprudenza sul punto, la perdita di “chance” diversamente dal danno futuro, che riguarda un pregiudizio di là da venire soggetto a ristoro purché certo e altamente probabile e fondato su una causa efficiente già in atto, costituisce un danno attuale che non si identifica con la perdita di un risultato utile bensì con la perdita della possibilità di conseguirlo e richiede, a tal fine, che siano stati posti in essere concreti presupposti per il realizzarsi del risultato sperato, ossia una probabilità di successo maggiore del cinquanta per cento statisticamente valutabile con giudizio prognostico ex ante sulla base di elementi di fatto forniti dal danneggiato” (Cons. Stato, Sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797).
La perdita di “chance”, dunque, per poter assumere rilievo risarcitorio secondo il ricordato criterio probabilistico che, in quanto tale, deve correlarsi a dati reali senza i quali il calcolo percentuale di possibilità sarebbe impossibile, deve consistere in una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene; essa, pertanto, non può risolversi in una mera aspettativa di fatto ed in generiche ed astratte aspirazioni di lucro, ma rappresenta un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (Cass., sez. un., 26 gennaio 2009 , n. 1850 ; Cass., 20 giugno 2008, n. 16877, 28 gennaio 2005, n. 1752, Cons. Stato, Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8253).
Passaggio tratto dalla sentenza numero 2935 del 28 marzo 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma
Ai fini della corretta individuazione della pretesa, non può non evincersi dalla formulazione della stessa, che il pregiudizio fatto valere a riguardo trova la propria genesi ed il conseguente nesso causale non solo nella illegittima stabilizzazione del regime di affidamento senza gara, che è stato annullato in sede giurisdizionale, ma anche nella illegittimità del prima aggiudicazione.
Infatti, l’originario bando per l’affidamento dei servizi (allegato 1 al ricorso) prevedeva nell’oggetto della gara (art. 1) “la facoltà di prorogare il servizio in relazione al permanere dell’esigenza”.
Sicchè appare ragionevole ipotizzare un giudizio prognostico in forza del quale, nel caso in cui la gara fosse stata correttamente aggiudicata alla parte ricorrente, alla stessa sarebbe stato prorogato l’affidamento dei servizi per lo meno per il tempo utile allo svolgimento di una nuova procedura concorsuale.
Il dato storico rappresentato nei ricorsi attesta, infatti, il permanere dell’esigenza per cui era stata svolta l’originaria competizione, secondo le medesime modalità, almeno sino al maggio 2011, data alla quale risale la successiva regolamentazione della gestione tramite l’accordo provvedimentale ulteriormente impugnato.
Si tratta, dunque, nella specie di una pretesa di risarcimento di un danno da perdita di “chance”, ovvero della possibilità, per un determinato arco temporale – come di seguito di specificherà – di conseguire l’utile derivante dal successivo estendersi della durata temporale dell’affidamento originario.
Alla luce della giurisprudenza sul punto, la perdita di “chance” diversamente dal danno futuro, che riguarda un pregiudizio di là da venire soggetto a ristoro purché certo e altamente probabile e fondato su una causa efficiente già in atto, costituisce un danno attuale che non si identifica con la perdita di un risultato utile bensì con la perdita della possibilità di conseguirlo e richiede, a tal fine, che siano stati posti in essere concreti presupposti per il realizzarsi del risultato sperato, ossia una probabilità di successo maggiore del cinquanta per cento statisticamente valutabile con giudizio prognostico ex ante sulla base di elementi di fatto forniti dal danneggiato” (Cons. Stato, Sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797).
La perdita di “chance”, dunque, per poter assumere rilievo risarcitorio secondo il ricordato criterio probabilistico che, in quanto tale, deve correlarsi a dati reali senza i quali il calcolo percentuale di possibilità sarebbe impossibile, deve consistere in una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene; essa, pertanto, non può risolversi in una mera aspettativa di fatto ed in generiche ed astratte aspirazioni di lucro, ma rappresenta un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (Cass., sez. un., 26 gennaio 2009 , n. 1850 ; Cass., 20 giugno 2008, n. 16877, 28 gennaio 2005, n. 1752, Cons. Stato, Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8253).
Da quanto allegato in ricorso e dallo svolgimento storico dei fatti, sussistono elementi idonei per ritenere che al termine del periodo costituente oggetto della gara, anche ove l’Amministrazione correttamente avesse voluto ripetere la stessa ai fini della nuova individuazione del contraente ed al fine di diversamente precisare le esigenze sopravvenute, avrebbe impiegato non meno del tempo originariamente utilizzato per lo svolgimento della prima selezione. Sicchè, poiché la lettera di invito è datata 9 agosto 2009 ed il bando prevedeva la decorrenza del servizio dall’11 settembre successivo, è ragionevole ipotizzare che l’Amministrazione avrebbe prorogato il servizio almeno per il primo periodo di affidamento al legittimo aggiudicatario. Ancora, risulta altamente probabile che un ulteriore provvedimento di tal contenuto sarebbe stato adottato dal Commissario delegato nell’imminenza della sua nomina.
Secondo gli elementi in fatto contenuti in ricorso è dato, dunque, modo di formulare un giudizio presuntivo sul fatto che, ove la società ricorrente avesse conseguito l’aggiudicazione, la stessa avrebbe continuato la gestione dei servizi per il periodo dal 1° gennaio al 31 marzo 2010.
Ne consegue che, nell’ambito dell’espletato giudizio di probabilità, emerge come il danno lamentato dalla parte anche relativamente al periodo immediatamente successivo al termine del periodo per cui era stata espletata la gara risulta conseguenza immediatamente e direttamente collegabile all’illegittimità della prima aggiudicazione.
Non rileva, dunque, ai fini della fondatezza della domanda il fatto che i due primi affidamenti non siano stati annullati dal Tribunale
(…)
Anche con riferimento a tale illegittimo affidamento non possono non ravvisarsi gli estremi necessari ad identificare la responsabilità dell’Amministrazione, poiché emerge chiaramente che essa ha usato impropriamente – come evidenziato nella citata sentenza – lo strumento della proroga in assenza dei presupposti, ledendo, dunque, la posizione giuridica dell’istante a partecipare alla gara per l’affidamento dei servizi di mensa e bar al fine del conseguente ottenimento dell’utile economico.
Orbene, a riguardo, questo Tribunale non ignora che la giurisprudenza consolidatasi in ordine al danno da perdita di “chance” con riferimento al caso della mancata indizione di una gara e, dunque, di un illegittimo affidamento diretto, sia nel senso di negare l’accoglimento della domanda giudiziale di risarcimento dei danni per equivalente (ex multis, T.A.R. Lazio, sez. II-ter, n. 3397 del 6 maggio 2005, TAR Brescia, sez. I, n. 1440 del 27 ottobre 2008; TAR Lecce, sez. III, n. 2626 del 9 novembre 2010). Tuttavia, tale soluzione trae la propria ratio nel fatto che alla sentenza di annullamento consegua un effetto conformativo in ordine all’ulteriore attività dell’Amministrazione, con la conseguenza che l’indizione della gara da parte della p.a. costituisce essa stessa un tipo di risarcimento in forma specifica.
Nella specie, con riferimento al periodo in esame, appare, tuttavia, palese che non sia più possibile un risarcimento in tal forma, essendo ormai concluso il periodo di riferimento, nonchè terminate le stesse esigenze poste a fondamento dell’atto annullato.
In vero, sul punto va, sin d’ora, rilevato che non risulta una perfetta coincidenza tra l’oggetto del bando del 2009 relativo alla fornitura dei servizi di ristorazione e gestione della mensa e della sala bar e l’oggetto della successiva convenzione stipulata in data 24 maggio 2011 tra la SGE ed A.d.s.u. riguardante la fornitura di pasti e colazioni.
Ne deriva che al fine di assicurare l’effettività della tutela, proprio ai sensi dell’art. 124 c.p.a. che prevede il risarcimento per equivalente laddove il giudice non addivenga alla dichiarazione di inefficacia del contratto, si impone di riconoscere, nella fattispecie, apposita tutela alla posizione del ricorrente tramite il risarcimento per equivalente. A tale fine allo stesso spetta, dunque, il ristoro per il pregiudizio subito a causa della preclusione alla partecipazione alla legittima competizione per lo svolgimento degli indicati servizi, a seguito.
Del resto, come ricordato, è ammesso il risarcimento del danno rappresentato dalla c.d. perdita di “chance” (valida opportunità), da intendersi non come mera aspettativa di fatto, ma come entità patrimoniale a sé stante, che si risolve nella possibilità di conseguire un vantaggio futuro (Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010 , n. 7593). La stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione precisa, ancora, che il danno patrimoniale da perdita di “chance” consiste non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale ( Cass., sez. III, 7 ottobre 2010 , n. 20808 ).
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento