COME DIFENDERSI NEL CONTENZIOSO
CONDOMINIALE DOPO LA RIFORMA
Maggioli Editore – Novità Gennaio 2013
Tratto dal libro “Come difendersi nel contenzioso condominiale dopo la riforma” scritto dall’Avvocato e Mediatore Ghigo Giuseppe Ciaccia
Il decoro architettonico può definirsi come l’insieme armonico delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali.
Il decoro architettonico è, quindi, l’estetica complessiva data dall’insieme delle linee e strutture ornamentali che conferisce una armoniosa fisionomia ed un’unica impronta all’aspetto dell’edificio (cfr. Cass., sez. II, 25 gennaio 2010, n. 1286).
«Per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall’art.1120 c.c., deve intendersi l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia. L’alterazione di tale decoro può ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l’originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull’insieme dell’aspetto dello stabile.» (Cass., sez. II, sent. 3 settembre 1998, n. 8731).
La tutela data dall’ordinamento al decoro architettonico (cfr. art. 1120 c.c. in tema di innovazioni e l’art. 1127 c.c. sulla sopraelevazione) ha la sua ratio non solo in relazione alla tutela estetica, ma anche sotto l’aspetto della valutazione economica dell’edificio (e quindi dei singoli appartamenti) e, pertanto, la modifica peggiorativa dell’estetica incide negativamente deprezzando le unità abitative presenti nello stabile condominiale.
Il decoro architettonico «può ritenersi pregiudicato non da qualsiasi innovazione, ma soltanto da quella idonea ad interromperne la linea armonica delle strutture che conferiscono al fabbricato una propria identità (Cass.. n. 14455 del 2009; Cass. n. 2755 l del 2005)» (Cass., sent. 22 novembre 2011, n. 24645).
Il tutto come costantemente confermato dalla Cassazione «il pregiudizio economico è una conseguenza normalmente insita nella menomazione del decoro architettonico che, costituendo una qualità del fabbricato, è tutelata – in quanto di per sé meritevole di salvaguardia – dalle norme che ne vietano l’alterazione (Cass., 31 marzo 2006, n. 7625; Cass., 15 aprile 2002, n. 5417)» (Cass., sent. 23 maggio 2012, n. 8174).
Per eseguire una valutazione sulla configurabilità di lesione del decoro si deve far riferimento non solo al singolo intervento, ma, soprattutto, alla situazione in cui si trovava l’edificio prima dell’intervento stesso.
Ed infatti ancora recentemente la Suprema Corte ha ribadito (Cass., sez. II, sent. 7 settembre 2012, n. 14992) tale impostazione «Occorre premettere in tema di condominio, non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un’opera modificativa compiuta da un condomino, quando sussista degrado di detto decoro a causa di preesistenti interventi modificativi di cui non sia stato preteso il ripristino: la valutazione circa il degrado della facciata del fabbricato è oggetto riservato all’indagine del giudice di merito che è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. Nella specie, la sentenza con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha evidenziato come le originarie linee della facciata erano state stravolte dai diversi interventi che nel corso degli anni erano stati effettuati dai singoli condomini con la realizzazione di verande, apposizioni di tubazioni con colori differenti.».
In pratica, se l’edificio non aveva alcun valore architettonico o era già stato oggetto di precedenti interventi che ne avevano già menomato l’aspetto estetico non può l’intervento attuale essere considerato lesivo del decoro architettonico (cfr. Cass. n. 3549/1989).
E quindi l’intervento di un condomino non può essere censurato se nell’edificio vi erano già state pregresse alterazioni: «la lesività estetica dell’opera abusiva – costituente l’unico profilo di illegittimità dell’opera stessa addotto dall’attrice – non poteva assumere rilevanza in presenza di una già evidente grave compromissione di detto decoro a causa di precedenti interventi.». (Cass., sez. II, sent. 17 ottobre 2007 n. 21835; ibidem Cass. civ., n. 10324/2008 e Cass. n. 26796/2007).
In pratica, per valutare se un intervento lede o no l’estetica è necessario eseguire preliminarmente una analisi sullo stato attuale dell’estetica del fabbricato.
«Ai fini della lesione del decoro architettonico, cioè delle linee e delle strutture che connotano lo stabile e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità» si deve fare riferimento ad opere edili visibili ossia che hanno inciso sulla sagoma o la facciata dell’edificio e non, quindi, alle tende che non pregiudicano il decoro architettonico (Cass., sez. VI, 30 gennaio 2012, n. 1326).
Il tutto, però, ricordando comunque che l’ordinamento tutela il decoro architettonico in quanto bene comune il cui mantenimento è protetto anche a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare (cfr. Cass., sez. II, 4 aprile 2008, n. 8830).
La Cassazione (cfr. sent. 6 ottobre 1999, n. 11121), ha stabilito che i regolamenti condominiali possono contenere norme a tutela del decoro architettonico dello stabile, aventi la caratteristica di ridurre il potere della proprietà personale ed esclusiva del singolo (ibidem Cass., 29 aprile 2005, n. 8883 e Cass. n. 8731/1998).
Va soggiunto, per completezza espositiva sul punto, che la giurisprudenza amministrativa ha nuovamente evidenziato (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, sent. 27 agosto 2010, n. 4414) che l’intervento edilizio che incide sulla facciata dell’edificio – la quale costituisce una parte comune oggetto di compossesso proindiviso – deve essere subordinato al rilascio del titolo abilitativo e all’assenso dei comproprietari (cfr. sul punto anche Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6529; T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 27 maggio 2005, n. 7295).
Deve poi essere ricordato che la riforma ha novellato l’art. 1122 c.c., relativo alle norme sulle opere sulle parti «di uso o proprietà individuale», prevedendo regole specifiche e più severe, fino ad arrivare anche a prevederne l’ineseguibilità assoluta, qualora tali opere «rechino danno alle parti comuni o determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio», e prevedendo anche l’obbligo per il singolo condomino di comunicare, preventivamente, tali opere edili all’amministratore, che, a sua volta, è poi tenuto ad informarne l’assemblea.
Inoltre sempre la riforma nell’introdurre con il nuovo art. 1122 bis c.c. una normativa specifica sugli impianti individuali (di ricezione televisiva, o di flussi informativi o di fonti di energia da fonti rinnovabili) che ha sancito il diritto del singolo condomino alla ricezione radiotelevisiva ed all’accesso a qualsiasi altro flusso informativo con impianti individuali, ha però posto come limite che la realizzazione di tali impianti deve arrecare minor pregiudizio alle parti comuni e alle proprietà individuali e preservare «in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche.».
Molte pronunzie sul decoro architettonico riguardano i condizionatori (e specificamente i c.d. “split” esterni agganciati alle pareti).
L’installazione dell’impianto di climatizzazione va analizzato in un duplice aspetto: quello della rumorosità e quello del decoro architettonico.
Per il primo aspetto si rimanda anche al paragrafo sulle immissioni ribadendo, in questa sede, che la certificazione della ditta di installazione e la conformità alla normativa europea risolvono questo aspetto.
Si evidenzia che, secondo la giurisprudenza più recente, è considerato lecito installare un impianto di condizionamento non solo nelle parti di proprietà esclusiva, ma anche sulle parti di proprietà comune (es. muro perimetrale comune) rimanendo quali unici limiti gli eventuali danni per immissioni di rumore ed eventualmente di calore negli appartamenti dei condomini confinanti (ed i parametri di legittimità sono generalmente considerati la conformità alla normativa CEE e il certificato della ditta che lo installa).
Avv. Ghigo Giuseppe Ciaccia
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