Approfondimento sul delitto di associazione a delinquere con riferimento al vincolo associativo, ai componenti dell’associazione, all’elemento soggettivo e alla disciplina sanzionatoria.
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Indice
1. Delitto di associazione a delinquere
Il delitto di associazione per delinquere risulta essere disciplinato dall’articolo 416 del Codice Penale, il quale prevede che: “Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601, 601 bis e 602, nonché all’articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché agli articoli 22, commi 3 e 4, e 22 bis, comma 1, della legge 1° aprile 1999, n. 91, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma.
Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609 undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma”.
Come si evince dalla disposizione de qua gli elementi costitutivi della fattispecie in questione risultano essere diversi. Tra di essi risulta essere necessario approfondire le tematiche riguardati: il vincolo associativo, i componenti dell’associazione e l’elemento soggettivo.
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2. Vincolo associativo
Il vincolo associativo presente tra correi è uno degli elementi caratterizzante la fattispecie de qua. Tale elemento è stato definito, nel corso degli anni, da un’intensa attività della giurisprudenza, la quale è andata ad individuarne gli aspetti maggiormente rilevanti [1].
Un primo elemento, descrivente il vincolo associativo, risulta essere quello della permanenza e della stabilità tra i diversi sodali, a prescindere dalla concreta attuazione dei reati-scopo [2].
A tal proposito la Corte di Cassazione, riferendosi alla questione del legame familiare, ha esposto che: “il fatto che una pluralità di fatti delittuosi siano stati commessi da appartenenti allo stesso gruppo familiare non comporta di per sé l’esistenza di un pactum sceleris e di un generico programma criminoso, necessari elementi costitutivi del reato associativo. È necessario, infatti, al fine di distinguere se i componenti della stessa famiglia abbiano agito in concorso tra loro ovvero se ad essi sia riferibile anche il delitto associativo, accertare se della preesistente organizzazione familiare essi si siano di volta in volta avvantaggiati per la commissione dei vari reati, ovvero se, nell’ambito della medesima struttura familiare, o affiancata ad essa, altra essi abbiano voluta e realizzata, dotata di distinta ed autonoma operatività delittuosa.” [3].
Un secondo elemento, descrivente il vincolo associativo, risulta essere l’individuazione del minimo accordo, il quale deve essere necessariamente presente affinché sorga il vincolo tra correi. In tal senso, la giurisprudenza ritiene sufficiente anche una rudimentale predisposizione di accordo volta all’attuazione di una determinata condotta criminosa [4]. Indi per cui non risulta essere necessario che l’associazione sia costituita con un vero e proprio “atto costitutivo” ritenendo bastevole a far sorgere l’affectio societatis anche un semplice accordo elementare [5].
Un terzo elemento, necessario a provare il vincolo associativo, risulta essere la sussistenza di un programma criminoso indeterminato, il quale predispone l’associazione a porre in essere un numero imprecisato di delitti-scopo [6].
Su tale aspetto la giurisprudenza di legittimità risulta essersi attestata in due distinti orientamenti. Un primo orientamento sostiene che affinché si possa ritenere sussistente l’associazione essa debba essere dotata di una struttura, di uomini e di mezzi (si veda, Cass. Pen., sez. VI, 25 novembre 1995, n. 11413) [7].
Un secondo orientamento, invece, ritiene che tale organizzazione strutturale non sia necessaria affinché si concretizzi la natura del reato (si veda, Cass. Pen., sez. VI, 18 ottobre 1998, n. 10725) [8].
A ben vedere la contesa giurisprudenziale descritta risulta essere ricca di significati soprattutto da un punto di vista processuale. In tal senso, la necessità di una struttura organizzativa pianificata appare determinante, e probatoriamente più incisiva, rispetto al caso di un programma criminoso generico e indeterminato.
La Corte di Cassazione, attraverso svariate pronunce, in particolare attraverso la sentenza numero 34043 del 11 ottobre 2006, ha evidenziato che appare estremamente difficoltoso asserire che vi sia un’associazione penalmente perseguibile e punibile, costituita da soggetti, senza uno specifico programma criminoso e senza una struttura organizzativa costituita da uomini e mezzi. Tuttavia, nel caso in cui vi sia un organigramma povero e un generico programma delittuoso risulta essere necessario valorizzare l’elemento soggettivo dei correi e la permanenza e la continuità del vincolo associativo [9].
Infine, appare doveroso porre l’attenzione circa la questione attinente al numero dei concorrenti convolti nel reato de quo.
Il comma primo dell’articolo 416 del Codice Penale rileva che, affinché si possa parlare di associazione per delinquere, il numero di persone coinvolte nel reato debba essere maggiore o uguale a tre [10].
Sul punto, un aspetto peculiare riguarda il numero degli associati necessari per ritenere configurabile il reato [11]. La Corte di Cassazione ha evidenziato che: “In tema di associazione per delinquere, il numero minimo degli associati previsto dalla legge per la configurabilità del reato deve essere valutato in senso oggettivo, ossia come componente umana effettiva ed esistente nel sodalizio e non con riferimento al numero degli imputati presenti nel processo; ne consegue che vale ad integrare il reato anche la partecipazione degli individui rimasti ignoti, giudicati a parte o deceduti, che è possibile dedurre l’esistenza della realtà associativa, anche sotto il profilo numerico, dalle attività svolte, dalle quali può risultare in concreto una distribuzione di compiti necessariamente estesa a più di due persone” [12].
Stando a ciò, la Cassazione ricomprende nel calcolo tutti i soggetti appartenenti all’associazione, e non solo gli imputati nel processo penale, quindi anche quei soggetti rimasti ignoti, giudicati a parte o deceduti.
Infine, la giurisprudenza ricomprende nel calcolo in esame anche i soggetti non imputabili (articolo 85 C.P.) degli articoli 88, 89, 91, 95, 96, 97, 98 del Codice Penale.
3. I componenti dell’associazione
L’articolo 416 del Codice Penale, nei primi tre commi, individua i soggetti che intende perseguire.
Nel comma primo la norma intende sanzionare coloro che promuovono, costituiscono e organizzano l’associazione. Nel comma secondo la norma intende sanzionare chi partecipa all’associazione. Nel comma terzo la norma intende sanzionare chi dirige l’associazione.
Risulta essere fondamentale analizzare singolarmente le figure sopramenzionate, anche in base a quanto esposto dalla giurisprudenza e dalla dottrina [13].
La Cassazione ha identificato la figura del promotore in colui che cerca di facilitare la costituzione dell’associazione facendosene iniziatore [14]. Da tale interpretazione si discosta una parte della dottrina, la quale sostiene che il promotore, oltre a farsi iniziatore dell’associazione, debba anche stabilirne e alimentarne costantemente il programma criminoso [15].
Il costitutore risulta essere colui che determina, o concorra a determinare, la nascita dell’associazione, con una funzione di incentivazione inferiore a quella del promotore [16].
L’organizzatore risulta essere colui che svolge attività di coordinamento tra singoli membri e che si occupa di perfezionare e aggiornare costantemente la struttura associativa originaria [17].
Più complessa, invece, la questione riguardante il mero partecipante all’associazione, in quanto in sé poco descrittiva. Tale carenza di descrittività ha fatto annoverare la condotta del partecipe tra quelle a forma libera, ricomprendendovi qualsivoglia partecipazione attiva ed interna al gruppo criminale organizzato [18].
Da un punto di vista della dottrina, inizialmente, si riteneva sufficiente, per la configurazione del delitto de quo, addirittura la semplice adesione psicologica al sodalizio, identificata in qualsiasi manifestazione di volontà a contribuire al perseguimento del programma associativo [19]. A tale impostazione, incompatibile con il dettato costituzionale, si sono opposte diverse correnti dottrinali: in primis i sostenitori del fatto che la condotta del partecipe sia da considerarsi tipica solo quando il suo contributo sia concreto, obiettivo e fattivo all’esistenza dell’associazione [20]; in secundis i sostenitori del fatto che per verificare l’adesione di un partecipe ad un sodalizio sia necessaria anche l’accettazione e il riconoscimento di questi nell’ambito dell’organizzazione [21].
La principale problematica della figura del partecipe risulta essere la distinzione tra esso ed il mero partecipante occasionale al singolo reato. L’operazione di distinzione, tra queste figure, può avvenire solo successivamente all’accertamento dell’esistenza dell’associazione, all’interno della quale il partecipe svolge delle funzioni predeterminate, di conseguenza è necessario valutare la posizione e l’apporto causale del partecipe all’intero della struttura organizzativa [22].
La giurisprudenza di legittimità, in tal senso, per qualificare la figura del partecipe, richiede, oltre alla sua adesione all’associazione, l’adempimento di funzioni dinamiche, di sostegno e di supporto, alla struttura organizzativa (si veda, Cass. Pen., sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6446).
Secondo la giurisprudenza, dunque, il mero partecipe, non solo deve prendere parte ai reati-fine pattuiti nel contesto associativo, ma deve anche essere inserito all’interno dell’associazione e utilizzarne la struttura [23].
L’intensa attività della giurisprudenza ha portato anche a differenziare svariate forme di partecipazione all’associazione tra le quali: il finanziatore, il favoreggiatore, il partecipe di “bassa manovalanza” e l’imprenditore “colluso” [24]. Risulta essere doveroso precisare che, quantomeno in linea teorica, chi promuove o costituisce l’associazione potrebbe anche non parteciparvi [25].
Infine, dirige l’associazione chi ne regoli l’attività da una posizione sovraordinata da un punto di vista gerarchico [26].
Da precisare che tutte le figure componenti l’associazione vanno a costituire autonome fattispecie delittuose, chi svolge contemporaneamente più ruoli risponderà di un solo crimine, non vi è infatti concorso di reati [27]. Difatti, l’elemento soggettivo avrà peculiari caratteristiche in relazione al ruolo svolto dal soggetto all’interno sodalizio criminoso [28].
4. L’elemento soggettivo
L’elemento soggettivo del reato descritto all’articolo 416 del Codice Penale risiede nel dolo specifico degli associati di realizzare un programma criminoso. Di conseguenza, affinché si concretizzi la fattispecie de qua, deve essere raggiunta la prova della coscienza e della volontà dell’associato di far parte in maniera continuativa del sodalizio criminale [29].
L’elemento soggettivo presenta connotati specifici in base al ruolo svolto dal sodale all’interno dell’associazione.
Per quanto riguarda il dolo specifico del promotore esso è da indagarsi nella sua volontà di dar vita all’associazione, con l’obiettivo di porre in essere i delitti-scopo [30].
Per quanto riguarda il dolo specifico del costitutore e dell’organizzatore esso va ricercato nella volontà di portare a vita, amministrare e coordinare l’associazione, con lo scopo di realizzare le sue finalità criminose. Pertanto, essi potranno essere sanzionati solo dopo che sia stata posta in essere un’attenta verifica sull’effettiva strutturazione e stabilizzazione operativa del sodalizio, in mancanza delle quali la loro condotta potrebbe non raggiungere la soglia della punibilità [31].
Per quanto riguarda il dolo specifico del mero partecipante la questione appare più complessa, a causa della difficoltà di qualificazione di tale figura [32]. Sul punto, per la Cassazione appare necessario, dapprima, andare ad appurare la sussistenza dell’esistenza dell’associazione in senso oggettivo. Infatti, solo successivamente a tale valutazione è possibile determinare se il presunto partecipe faccia parte dell’associazione con contezza della sua struttura e della sua attività criminosa. Il partecipe deve essere, dunque, a conoscenza delle finalità e dell’intento criminoso predisposto dall’associazione, con la consapevolezza e la volontà di condividerne la fortunae societatis. La valutazione della consapevolezza e della volontà deve essere realizzata approfonditamente in quanto potrebbe presentarsi il caso in cui il soggetto, nonostante abbia legami con il gruppo criminale, non sia mai stato parte dello stesso, ma abbia agito solo come concorrente in determinati reati [33].
5. La disciplina sanzionatoria
Le sanzioni previste per i componenti dell’associazione variano a seconda del ruolo ricoperto dall’associato all’interno del sodalizio.
Come chiaramente esposto all’interno del primo e del terzo comma dell’articolo 416 del Codice Penale coloro che promuovono, costituiscono, organizzano e dirigono l’associazione sono puniti con la sanzione detentiva, la quale può variare da un minimo di tre anni ad un massimo di sette anni.
Tale regime sanzionatorio non si applica per chi partecipa all’associazione. Difatti, come enunciato all’interno del secondo comma, chi partecipa all’associazione sarà sanzionabile con la reclusione da un minimo di anni uno ad un massimo di anni cinque [34].
Il dettato codicistico prosegue, nei commi successivi, a descrivere una serie di aggravanti.
Il quarto comma prevede l’aggravante, della reclusione da cinque anni a quindici anni, da applicarsi nel caso in cui gli associati scorrano in armi le campagne e le pubbliche vie.
Tale circostanza, già contenuta all’interno del secondo comma dell’articolo 248 del Codice Penale Zanardelli, scaturisce dal vetusto contesto sociale dal quale proviene la norma in esame. L’aggravante, ad ogni modo, era prevista in quanto lo spostamento dà luogo a luogo da parte degli associati armati avrebbe ingenerato una maggiore lesione dell’ordine pubblico tutelato dall’articolo de quo [35].
Il quinto comma prevede un’aggravante ad effetto comune legata al numero degli associati [36]. Difatti, esso espone che la pena è aggravata nel momento in cui i componenti dell’associazione siano più di dieci. Tale comma va a derogare quanto esposto dall’articolo 112 numero 1 del Codice Penale in materia di circostanze aggravanti [37]. La ratio di tale aggravante si ritrova nel fatto che tanto è maggiore il numero degli associati e tanto più intenso sarà l’allarme sociale provocato dalla sussistenza dell’associazione [38].
Il sesto comma, aggiunto con l’articolo 4 della legge 228 del 2003, ha introdotto nell’articolo 416 del Codice Penale una nuova aggravante ad effetto speciale nel caso in cui l’associazione per delinquere sia stata costituita con lo scopo di porre in essere i reati previsti dagli articoli 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi) del Codice Penale, nonché dell’articolo 12 comma 3 bis del Testo Unico sull’Immigrazione (disposizioni contro le immigrazioni illegali). Inoltre, tale comma, differenzia la sanzione a seconda che l’associato sia un mero partecipe o abbia invece un ruolo di vertice nell’associazione. Il partecipe sarà punito con la reclusione da un minimo di anni quattro ad un massimo di anni nove; il soggetto di vertice sarà punito con la reclusione da un minimo di anni cinque ad un massimo di anni quindici [39]. Sicuramente i fenomeni delittuosi riguardanti il traffico internazionale di esseri umani risultano essere un fenomeno criminale caratterizzato da un’ampia dimensione di carattere organizzativo, indi per cui il legislatore ha ritenuto doveroso introdurre questa nuova aggravante rispetto ad aggiungere una nuova figura di reato all’interno del Codice Penale [40].
Infine, il settimo comma, aggiunto con l’articolo 4 delle legge 172 del 2012, ha introdotto un’altra aggravante ad effetto speciale nel caso in cui l’associazione per delinquere sia stata costituita con lo scopo di porre in essere i reati previsti degli articoli 600 bis (prostituzione minorile), 600 ter (pornografia minorile), 600 quater (detenzione di materiale pornografico), 600 quater.1 (pornografia virtuale), 600 quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 609 bis (violenza sessuale, a danno di minore), 609 quater (atti sessuali con minorenne), 609 quinquies (corruzione di minorenne), 609 octies (violenza sessuale di gruppo, a danno di minore), 609 undecies (adescamento di minorenni). Ancora una volta la figura del mero partecipe viene differenziata da quella del soggetto di vertice. Il partecipe sarà punito con la reclusione da un minimo di anni due ad un massimo di anni sei; il soggetto di vertice sarà punito con la reclusione da un minimo di anni quattro ad un massimo di anni otto [41].
Note
- [1]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2015., p. 19.
- [2]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, Milano, Monduzzi Editoriale, 2016, 313.
- [3]
Cass. Pen., sez. VI, 5 febbraio 1998, n.7162.
- [4]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 19.
- [5]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 313.
- [6]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 313.
- [7]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 19 – 20.
- [8]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 19 – 20.
- [9]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 20.
- [10]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, Torino, Utet Giuridica, 2008, p. 1068.
- [11]
Ibidem.
- [12]
Cass. Pen., sez. II, 9 giugno 1999, n.7437.
- [13]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 320.
- [14]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1095.
- [15]
Ibidem.
- [16]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 22 e ss
- [17]
Ibidem.
- [18]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1096.
- [19]
Così, V. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, Utet, in AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 321.
- [20]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 321.
- [21]
Così, G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, Padova, Cedam, in AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 321.
- [22]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1095
- [23]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 24.
- [24]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 25.
- [25]
Cfr. G. Insolera, Diritto penale e criminalità organizzata, Torino, Giappchelli, 1996, p. 62.
- [26]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 24 – 25.
- [27]
Cfr. G. Insolera, Diritto penale e criminalità organizzata, cit. 62 e ss.
- [28]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1096.
- [29]
Cfr. G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale parte speciale, Bologna, Zanichelli, 2012, p. 488 e ss.
- [30]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 26.
- [31]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1095.
- [32]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 26.
- [33]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 27.
- [34]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., pp. 1143 e ss.
- [35]
Cfr. L. Simeone, I reati associativi, cit., p. 37.
- [36]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 322.
- [37]
Ibidem.
- [38]
Cfr. AA. VV., I reati associativi e di contiguità, a cura di G. Tona, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 1145.
- [39]
Ibidem.
- [40]
Ibidem.
- [41]
Cfr. AA.VV., I delitti contro l’ordine pubblico, a cura di G. Insolera,in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 323.
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