L’interrogativo che ha chiamato le Sezioni unite a pronunciarsi con la sentenza in commento, riguarda la possibilità per il difensore non munito di procura speciale di avanzare validamente richiesta di giudizio abbreviato in presenza del proprio assistito, che nulla obietti a tal riguardo.
Essendo in atto un forte contrasto nella giurisprudenza di legittimità sul punto, la relativa questione è stata appunto rimessa ai giudici delle sezioni unite che, nell’argomentare la propria decisione, hanno voluto indicare i due principali contrapposti orientamenti giurisprudenziali in materia (cfr.Guida al dir.n.12/08).
Esiste infatti una prima autorevole partizione giurisprudenziale secondo cui l’opzione per il rito c.d. abbreviato, comportando la disposizione di diritti “personalissimi”, non può che essere esercitata personalmente dall’imputato o, al più, dal difensore munito di apposita procura speciale in tal senso, costituendo la tacita presenza dell’imputato un mero “dato neutro, non configurabile quale ratifica” (così: Cass.16.11.90, n.16510; 18.2.93, n.4804; 11.1.95, n.3622; 5.5.04, n.26926; 1.3.06, n.9249).
Altra opinione giurisprudenziale peraltro, ha voluto esprimere un concetto maggiormente flessibile in base al quale il difensore dell’imputato, seppur non munito di procura speciale ad hoc, assume in tali ipotesi la “veste di semplice interprete o portavoce, ovvero nuncius dell’imputato e che la procura speciale è necessaria solo in caso di assenza del diretto interessato (si veda: Cass.13.3.97, n.8851; 22.7.99, n.9409; 11.4.01, n.27853; 19.6.07, n.33822).
La commentata decisione delle Sezioni Unite appare invero pienamente conforme a tale ultimo orientamento, avendovi aderito sulla base di puntuali considerazioni di indole logica e sistematica, in ordine alla natura del rito abbreviato e alla funzione del difensore in punto a manifestazione di volontà.
Le argomentazioni apparentemente incrollabili delle Sezioni unite, si appuntano anche sulla nota ordinanza n.57 del 15.12.2004 della Corte Costituzionale (mediante la quale è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.438, comma 3, del C.p.p., con riferimento agli artt.3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la facoltà di richiedere il giudizio abbreviato da parte del difensore dell’imputato irreperibile, non munito di procura speciale), deducendovi che la “scelta del giudizio abbreviato… [certamanete] investe la sfera personale dell’imputato, il quale deve avere piena consapevolezza del procedimento e delle conseguenze della sua opzione”.
Non si deve tuttavia sottacere, secondo la Corte a sezioni unite, che tale opzione assume una fisionomia puramente tecnica, dovendo necessariamente l’imputato consultarsi con il proprio difensore al fine di operare una scelta ponderata e tecnicamente corretta in merito al rito concretamente applicabile, essendo il difensore soggetto preparato e dotato delle opportune cognizioni giuridiche.
Il difensore deve infatti indirizzare il proprio assistito verso le più opportune strategie processuali, raffigurandogli ogni possibile conseguenza di tale operato.
Alla luce di simili considerazioni, la S.C. considera dunque di riflesso che la richiesta per il rito abbreviato, secondo il tenore letterale dell’art.438 C.p.p., potendo “essere proposta oralmente o per iscritto” e che “la volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale”, può sicuramente essere immaginata nel senso che la locuzione “è espressa” equivalga a “è manifestata”, potendo addirittura l’imputato “manifestare” il proprio consenso anche tramite un comportamento concludente.
La presenza dell’imputato in udienza e la circostanza che la richiesta di giudizio abbreviato venga avanzata da soggetto che è parte processuale non a lui contrapposta, ma che agisce nel suo interesse, quale appunto è il difensore, configurano pertanto secondo la Corte indici adeguati a conferire alla condotta tacita dell’assistito “portata dimostrativa della volontà dello stesso nel senso enunciato dal difensore: il che consente di ricondurre la domanda di quest’ultimo direttamente all’imputato, nel pieno rispetto della prescrizione legislativa”.
Conclude pertanto la Corte a sezioni unite enunciando il seguente principio di diritto: “Il giudizio abbreviato è legittimamente instaurato a seguito di richiesta del difensore, pur privo di procura speciale, qualora l’imputato sia presente e nulla eccepisca”.
Chi scrive, per il vero, tiene a precisare una nota di disappunto verso una simile ricostruzione esegetica della norma in parola, essendo sicuramente più favorevole all’interpretazione meramente letterale della stessa, secondo cui solo il difensore munito di procura speciale può legittimamente proporre richiesta di rito abbreviato, dovendo in caso contrario provenire detta richiesta direttamente dall’imputato, ancor più se presente in udienza.
Quest’ultimo infatti, pur se intervenuto in aula, a fronte di un eventuale richiesta avanzata in tal senso dal proprio difensore privo di mandato specifico, potrebbe in un secondo momento rimettere in discussione tale opzione – perché dimostratasi nei fatti, ad esempio, non vantaggiosa – accampando sterili giustificazioni quale, ad esempio, quella relativa al fatto che mentre il proprio difensore optava per il rito prescelto egli era uscito momentaneamente dall’aula oppure si era semplicemente distratto e non avrebbe prestato altrimenti il consenso.
La presenza dell’imputato in aula, invece, dovrebbe essere interpretata quale ulteriore garanzia: dovrà egli stesso manifestare espressamente la volontà di scelta del rito (eventualmente unitamente al proprio procuratore speciale), facendola inserire nel corpo del verbale e ponendo così uno sbarramento immediato a futuri fraintendimenti con il proprio difensore.
A ben vedere, in definitiva, pare che la decisione delle sezioni unite sia dunque destinata, con tutta probabilità, a garantire maggiori spazi di operatività ai giudicanti piuttosto che al difensore dell’imputato.
Avv. Alessandro Buzzoni
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