Sommario: 1. Uno sguardo d’insieme ai criteri direttivi del precedente d.d.l. governativo (Lanzillotta) sui servizi pubblici locali 2. Le forme di gestione 3. il d.d.l. di conversione del dl. 25 giugno 2008, n. 112 art. 23 bis sui servizi pubblici locali di rilevanza economica
1 Uno sguardo d’insieme ai criteri direttivi del precedente d.d.l. governativo (Lanzillotta) sui servizi pubblici locali
L’ambito dei servizi pubblici locali ha subito nel corso degli anni interventi notevoli da parte del legislatore nazionale, il quale si è dovuto adeguare agli orientamenti comunitari in materia, incentrati su un processo di liberalizzazione e concorrenza delle procedure di affidamento dei servizi pubblici locali.
Basti considerare che, negli ultimi quindici anni, il settore in esame è stato interessato da almeno otto interventi da parte del legislatore nazionale
[1],
Il precedente d.d.l. “detto anche Lanzillotta dal nome del ministro proponente” determinava un adeguamento della materia in esame, ed in particolar modo il settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ai principi di libertà d’impresa e di iniziativa economica di derivazione comunitaria
[2].
Il Disegno di legge n. 772, in materia di liberalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, aspira a definire una normativa omogenea, trasversale alle normative settoriali, per l’assegnazione della gestione.
L’ultimo tentativo in questa direzione è stato compiuto dall’articolo 14 del Decreto Legge n. 269/2003
[3] , rispetto al quale il DdL. “Lanzillotta” si differenzia per la scelta del principio di base della concorrenza regolata, che viene proposto come modalità normale di assegnazione/gestione del servizio.
Quindi lo spirito che incentrava il DdL. in questione era quello di porre a livello nazionale il principio della concorrenza come valore guida per i diversi operatori economici del settore dei servizi pubblici locali. L’eccezione era, invece, costituita dalla gestione diretta o attraverso società private partecipate da enti pubblici.
Tutto l’impianto normativo del disegno di legge risulta essere incentrato nel rispetto della concorrenza per garantire un libero mercato e pari opportunità tra le imprese a livello comunitario.
Secondo le previsioni contenute nel Testo Unico degli Enti Locali (d.lgs. 267/00 articolo 113) le procedure di affidamento si incentrano attualmente su tre modelli: la concessione a terzi mediante procedure competitive; l’affidamento diretto a società mista pubblico-privato previa procedura concorsuale per la scelta del socio privato; e infine l’affidamento diretto in regime di “
in house providing”, in modo che si assicuri un equilibrio tra concorrenza e esigenze della collettività cui l’ente locale è preposto.
[4]
La tutela e la promozione della concorrenza, anche a causa del nuovo assetto costituzionale inaugurato nel 2001. sono state oggetto di un profondo interesse.
Tale valore, quale finalità specifica di competenza statale (articolo 117 comma 2 lett. e), è stato affermato anche nella materia dei servizi pubblici.
Alla luce di ciò la Corte Costituzionale con sentenza n. 272/2004 ha stabilito la possibilità di dettare una disciplina che ripristini la concorrenza eventualmente perturbata, la quale deve intendersi anche in senso dinamico.
L’attenzione a tale profilo si rinviene anche rispetto alla produzione legislativa ordinaria recente.
Basti pensare al nuovo articolo 1 della legge 241/90 (modificata dalla legge n. 15/05) ove si generalizza anche ai “soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrativa” il rispetto dei principi di “pubblicità”, “trasparenza” e soprattutto dei “principi dell’ordinamento comunitario” oramai applicabili all’intera attività amministrativa.
Allo stesso modo anche nel recente codice dei contratti pubblici (approvato con d.lgs. 163/2006) si fa ampio riferimento ai principi sopra menzionati
[5] in quanto il codice è di diretta espressione comunitaria.
In questo modo, il principio di concorrenza è divenuto nel nostro ordinamento una sorta di valore guida al quale il legislatore nazionale deve adeguarsi e soprattutto deve motivare le deroghe alla concorrenza considerate eccezionali.
La prima linea- guida del d.d.l Lanzillotta era quella di limitare quanto più possibile l’affidamento diretto nonché la figura delle società miste per la gestione dei servizi pubblici locali.
La seconda linea- guida è costituita dalla regolazione del servizio in capo all’ente pubblico il quale deve tener conto del grado di soddisfazione degli utenti del servizio.
Gli affidamenti diretti e in house per la gestione dei servizi pubblici locali dovranno essere relegati ad ipotesi eccezionali e potranno giustificarsi solo dopo che, ad un vaglio preventivo di proporzionalità, risulti necessario l’intervento pubblico o pubblico – privato per il perseguimento di attività di interesse generale.
Tutto ciò risponde anche ai recenti orientamenti espressi dal Giudice comunitario in materia.
Infatti il principio di proporzionalità impone all’autorità amministrativa di vagliare le varie ipotesi a sua disposizione e di scegliere quella opzione che risulta essere la più mite, vale a dire la quella che incide in misura inferiore sull’interesse inciso (in tal caso quello relativo alla tutela della concorrenza e in misura maggiore della libera iniziativa economico-privata).
Quindi,l’applicazione di tale principio comporterà l’obbligo da parte dei singoli legislatori nazionali di motivare adeguatamente la modalità di gestione diretta o in house del servizio pubblico locale in deroga alle regole di concorrenza qualora si accerti il fallimento del mercato.
La terza linea guida del disegno di legge sul riordino dei servizi pubblici locali risulta essere quella di costituire una disciplina omogenea dell’intera materia applicabile anche nei confronti delle normative settoriali (con esclusione del servizio idrico).
Queste risultano essere le architravi fondamentali della disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici locali aventi rilevanza economica così come risultavano nel disegno di legge Lanzillotta.
2 Le forme di gestione
Il DdL si sviluppa attorno ai seguenti punti principali: innanzitutto la proprietà pubblica delle reti e degli altri beni strumentali all’esercizio; l’obbligo, per gli Enti Locali, di ricorrere a procedure competitive ad evidenza pubblica (aste) per la scelta del gestore di tutti i servizi pubblici locali, ad esclusione del servizio idrico integrato per il quale viene esplicitata una riserva di gestione pubblica
[6]; la limitazione del ricorso ad affidamenti diretti e in house a “
specifiche e tassative fattispecie”; l’impossibilità di acquisire la gestione di servizi diversi o di estendersi in ambiti territoriali diversi per soggetti già titolari della gestione dei servizi pubblici locali non affidati sulla base di gare; la limitazione dei casi in cui la gestione del servizio viene assegnata in regime di esclusiva; la possibilità , da parte dei soggetti già affidatari diretti, di concorrere fino al 31 Dicembre 2011 all’affidamento mediante procedura competitiva; l’introduzione di misure a tutela degli utenti: carta dei servizi, valutazione periodica per il permanere dell’affidamento, forme di vigilanza da parte delle Autorità di regolazione settoriali.
Il Disegno di Legge si prefigge un duplice obiettivo: garantire uniformità normativa e favorire l’introduzione di meccanismi di concorrenza regolata.
L’uniformità risponde alla necessità di un impianto normativo certo, volto alla condivisione tra settori e ambiti territoriali degli stessi criteri di regolazione, ispirati ai principi di efficienza ed efficacia.
L’uniformità si presenta come scelta necessaria per adeguare la normativa allo sviluppo delle imprese di tipo multiutility, società operanti in diversi settori di servizi di pubblica utilità e in diversi ambiti territoriali.
L’obbligo di ricorrere a gare ad evidenza pubblica e la limitazione ai casi di affidamento diretto e in house (punti 2) e 3)) costituiscono un’innovazione rispetto all’articolo 113 del Testo Unico degli Enti Locali, che ha sinora posto sullo stesso piano le tre modalità.
Il principio di concorrenza è rafforzato nel momento in cui si prevede anche la limitazione dei casi di gestione in esclusiva dei servizi.
Rispetto alla versione originaria del DdL Lanzillotta, è stata inserita una formulazione “più morbida” riguardo alla limitazione degli affidamenti diretti e in house.
Infatti, sotto le pressioni degli Enti locali, il carattere eccezionale che avrebbe dovuto avere il mancato ricorso a gare è stato sostituito con la definizione delle fattispecie per cui rimane ammissibile l’affidamento diretto o in house.
La nuova dicitura è stata giustificata con la volontà di agevolare soprattutto i piccoli Comuni, per i quali non sempre potrebbe essere economicamente conveniente passare ad una gara pubblica.
L’esclusione della possibilità di acquisire la gestione di altri servizi o di estendersi in ambiti territoriali diversi per i soggetti già titolari diretti (punto 4) ha un aspetto positivo: collega lo sviluppo del business a una procedura di selezione efficiente efficace e trasparente come l’asta.
Il problema della sussistenza o meno di discrezionalità in capo all’ente locale relativamente alla scelta tra procedura ad evidenza pubblica e affidamento in house, può essere inquadrato nel generale principio che impone una interpretazione restrittiva delle norme derogatorie rispetto all’articolo 86 del Trattato, per cui le regole della concorrenza vanno sempre applicate, a meno che non siano di ostacolo al raggiungimento della specifica missione affidata ai servizi di interesse economico generale.
La Corte di Giustizia, dopo aver richiamato le condizioni già individuate con le sue precedenti pronunce al fine della legittimità dell’affidamento in house
[7], si è limitata ad affermare il principio per cui dette condizioni, trattandosi di una deroga alle regole generali del diritto comunitario “
devono essere interpretate restrittivamente, e l’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regole grava su colui che intenda avvalersene”.[8]
Il disegno di legge in esame risolveva la questione in un senso diametralmente opposto, limitando la possibilità di ricorso in house alla presenza delle condizioni ivi previste ed imponendo uno specifico obbligo motivazionale, correlato agli elementi individuati nelle norme sopra richiamate ed anzi inserendo un controllo da parte dell’Autorità Antitrust sulle motivazioni poste a fondamento della decisione dell’Amministrazione di affidare direttamente il servizio.
Nei suoi tratti generali il disegno di legge Lanzillotta veniva salutato con favore in quanto promuovendo il ricorso alle aste, favorisce la selezione degli operatori migliori con effetti positivi sugli standard quantitativi/qualitativi e sui costi dei servizi.
3 Il DdL di conversione del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 art. 23 bis sui servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Il settore dei servizi pubblici locali avente rilevanza economica ha trovato disciplina normativa nel decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della Finanza pubblica e la perequazione tributaria”, ed in particolar modo nell’articolo 23 bis.
Si è cosi dato il via libera alla riforma dei servizi pubblici locali dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera che hanno all’esame il decreto legge sulla manovra.
Infatti la proposta è stata inserita dal governo nel provvedimento attraverso un emendamento
[9]che è stato modificato nel corso dei lavori parlamentari.
È infatti stato approvato un testo, proposto dalla Lega ma che poi è stato votato da tutto il Pdl, che amplia, tra l’altro, le deroghe previste per l’affidamento.
[10]
Il nuovo testo, così come riformulato durante i lavori parlamentari, contiene delle novità rilevanti per il settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica rispetto alle precedenti disposizioni normative (ovvero al disegno di legge Lanzillotta).
Il testo dell’emendamento prevede al comma 3 che “in deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2 (ovvero le procedure competitive), per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di: a) società a capitale interamente pubblico, partecipate dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione in house; b) società a partecipazione mista pubblica e privata, anche quotate in borsa, partecipate dall’ente locale, a condizione che il socio privato sia scelto mediante procedure ad evidenza pubblica, nelle quali siano già stabilite le condizioni, le modalità e la durata della gestione del servizio e la modalità di liquidazione del socio al momento della scadenza”.
Il comma 3 bis precisa poi che nei casi di affidamento in house del servizio pubblico locale o tramite una società mista “l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante per la concorrenza e del mercato e all’autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro 60 giorni dalla ricezione della predetta relazione”.
La proprietà delle reti rimane in capo all’ente pubblico e la loro gestione non può essere affidata a soggetti privati.
Tra le altre novità si prevede al comma 5- ter che i “soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possano comunque concorrere alla prima gara svolta per l’affidamento mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già a loro affidato. In ogni caso entro la data del 31.12.2010 per l’affidamento dei servizi si procede mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica”.
Il nuovo testo dedica anche attenzione particolare al tema dell’acqua al comma 5 – bis in base al quale “le concessioni relative al servizio idrico integrato rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31.12.2010, senza necessità di un’apposita deliberazione dell’ente affidante (…)”.
Alla luce del nuovo testo riformulato dal sub-emendamento, presentato nel corso dei lavori parlamentari, si desume un ampliamento del sistema dell’affidamento in house rispetto al precedente disegno di legge Lanzillotta, il quale era incentrato in dinamiche di concorrenza e libertà di iniziativa economica e di impresa, prevedendo l’affidamento diretto come deroga “non più come eccezione” alla procedura competitiva, qualora l’ente pubblico dimostrasse, con una attenta motivazione, il fallimento del mercato.
Occorre quindi attendere la legge di conversione del decreto legge n. 112/08, e soprattutto il giudizio successivo del Giudice comunitario sulla correttezza e corrispondenza di tale impianto normativo ai principi comunitari di concorrenza, libertà di stabilimento, proporzionalità e di efficienza ed efficacia dei mercati.
Dott. Paolo Petroni
[1] C.f.r. R. URSI, Le società per la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica tra outsoucing e in house providing, in Dir. Amm., 2005, pp. 179 ss.
[2] la disposizione comunitaria a cui si fa riferimento è l’articolo 86 del Tr. Ce la cui missione è quella di impedire che gli Stati membri, nonostante il potere discrezionale conferitogli in merito all’intervento pubblico in un determinato settore, eludano le regole del mercato comune e della concorrenza. La maggior parte dei principi comunitari in materia sono contenuti nella sentenza Teckal (Corte di Giustizia, 18 novembre 1999, causa C – 107/98, in Urb. Appalti, 2000, pp. 227) nella quale è rinvenibile la ricerca di un equilibrio tra obiettivi di interesse generale degli Stati membri e rispetto delle regole di concorrenza.
[3] Il Decreto Legge n. 269/2003 è stato poi convertito in Legge n. 326/2003 e recepito nel Testo Unico degli Enti Locali (articolo 113)
[4] C.f.r. F. DEGNI, Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza: alla ricerca di un punto di equilibrio, in Foro amm., TAR ,2005, pp. 3507
[5] Si veda l’articolo 2, del D.lgs. n. 163/2006. Ma soprattutto l’articolo 27 del decreto cit. il quale, espressamente prevede che “qualunque affidamento di contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture escluso dalla sua applicazione, oltre ad avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, debba essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto”.
[6] Sull’acqua , il DdL si pone in discontinuità con la vigente Legge n. 36 del 1994 ( la cosiddetta “Galli”) che, nella riorganizzazione del servizio attorno alla definizione di ambito territoriale ottimale “l’ATO, il più possibile corrispondente ai confini del bacino idrografico”, ha reso percorribili tre soluzioni gestionali: dall’in house, all’affidamento diretto, all’assegnazione a privato tramite asta. Il DdL vorrebbe riservare al solo pubblico la gestione del servizio idrico. In tal caso si deve sottolineare come l’unica Direttiva Europea in materia (2000/60/CE) affronti il tema generale della definizione del “bene” acqua ai fini di “ salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente idrico”, senza entrare nel merito economico; di conseguenza, il quadro normativo comunitario per adesso non esprime un indirizzo specifico sulle modalità di gestione del servizio.
[7] Sentenza 18 novembre 1999, causa C – 107/98 Teckal la quale ha specificato i requisiti tipici dell’affidamento diretto o in house providing che sono il controllo analogo svolto dall’ente pubblico e lo svolgimento dei medesimi servizi dell’ente medesimo.
[8] Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. I, Sentenza 6 aprile 2006 – causa C- 410/04, ANAV, punto 26.
[9] Emendamento 23.011 del Governo
[10] Si tratta del sub-emendamento 23.011.64
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